A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

IL COMITATO PER I DIRITTI UMANI DELLE NAZIONI UNITE GIUDICA L’ITALIA COLPEVOLE DELLA VIOLAZIONE DEL PATTO ONU SUI DIRITTI CIVILI E POLITICI (2021) 

Autore: Prof. Carlo Morselli

 

Per il naufragio del 2013, scatenatosi al largo di Lampedusa, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite giudica l’Italia colpevole della violazione del Patto ONU[1] sui diritti civili e politici.

Tre cittadini siriani e un palestinese, sopravvissuti al naufragio del 2013 che causò la morte di oltre 200 persone tra le quali i loro familiari, hanno cercato giustizia tramite l’avvocato Andrea Saccucci presso il Comitato per i diritti umani delle Nazioni unite (United Nations Human Rights Committee) che, dopo una lunga istruttoria, con parere 27 gennaio 2021, n. CCPR/C/130/D/3042/2017, ha dichiarato la responsabilità dell’Italia per la violazione dell’art. 6 (diritto alla vita) e dell’art. 2, par. 3 (rimedio effettivo) del Patto ONU sui diritti civili e politici. Le violazioni riguardano sia i ritardi ingiustificati nei soccorsi che il mancato accertamento in ordine alle responsabilità dell’accaduto. Nonostante il naufragio sia avvenuto in zona SAR maltese, i naufraghi si trovavano infatti sotto giurisdizione (concorrente) italiana in virtù delle particolari circostanze del caso di specie[2].

Al riguardo, una delle più note testate giornalistiche in assoluto, titola «Migranti, l'Onu: “Italia responsabile per la strage dei bambini dell'ottobre 2013“», spiegando: «Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni unite accoglie il ricorso di alcuni dei sopravvissuti al naufragio in cui morirono oltre 200 persone. “Colpevole di non aver risposto prontamente alle chiamate di soccorso“»[3].

Quindi, «per il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite “l’Italia non è riuscita a proteggere il diritto alla vita” non rispondendo alle richieste di aiuto partite da una nave in difficoltà che trasportava 400 persone il 10 ottobre 2013. Il giorno seguente, nel naufragio che ne è conseguito, moriranno in 268 tra cui 60 bambini» [4] [5] [6] [7].

 

2. Mare nostrum e il suo antonimo del cc. dd. decreti sicurezza e il caso del Porto di Lampedusa (2019).

Con il vocabolario dei sinonimi e dei contrari, può dirsi che l’operazione uguale e contraria a quella di Mare Nostrum è quella realizzata con la “legislazione Salvini“, con i suoi due cc. dd. Decreti Sicurezza, del 2018 e 2019 (decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 e decreto-legge 14 gennaio 2019, n.53)[8]. A noi, in questa sede, importa di quei decreti estrarre e porre all’attenzione dell’analisi la norma-bandiera: «Il Ministro dell’Interno…può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale…per motivi di ordine e sicurezza pubblica». Si tratta di una diade, di disposizione-dispositivo, quello d’interdizione inserito con l’aggiunta del co. 1-ter, rispetto al co. 1-bis dell’art. 11 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introdotto con l’art. 1 del D.L. 53/19.

Poiché l’oggetto dell’azione reiettiva si cala nell’orizzonte del «mare territoriale», tale scenario o contesto impone un controllo della normativa ultranazionale, che tratta propriamente il c.d. diritto del mare, almeno per chi come noi - ma pensiamo qualunque giurista - segua la regola dell’incidenza del c.d. diritto convenzionale, di quello internazionale ed europeo. Infatti, l’art. 10, co. 1, Cost. ha un dettato lineare e preciso: «L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute».

Questa è la cornice del nostro discorso, scandito sull’asse speculare testo-contesto.

L’art. 98 della Convenzione Unclos del 1982 (la Convenzione U.N.C.L.O.S. III, “Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”, adottata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 e ratificata dall’Italia con la l. 2 dicembre 1994, n. 689) – «Obbligo di prestare soccorso» - 1. Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera…presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo; proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di aiuto… presti soccorso, in caso di abbordo, all’altra nave, al suo equipaggio e ai suoi passeggeri e, quando è possibile, comunichi all’altra nave il nome della propria e il porto presso cui essa è immatricolata, e qual è il porto più vicino presso cui farà scalo. 2. Ogni Stato costiero promuove la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima e aerea e, quando le circostanze lo richiedono, collabora a questo fine con gli Stati adiacenti tramite accordi regionali».

Per il caso di Carola Rachete (vicenda iniziata il 28 giugno 2019, alle h. 23,00) l’allora Ministro dell’Interno ha “interpretato“ questa fonte normativa adottando uno “spartito a rovescio o a parte rovesciate“. Nell’indicato testo normativo, lo Stato - e quindi i suoi organi governativi, nella specie ministeriale - è dotato di un potere iussivo e transitivo.

Purtroppo, per intendere l’abnormità di quando stiamo narrando (reductio ad absurdum) dobbiamo procedere alla fissazione della funzione grammaticale che il verbo («esigere» il quale risulta ulteriormente rafforzato, e non pleonasticamente, dalla combinazione con il verbo servile che lo precede) assume e spiega nel costrutto del dettato. La funzione è quella della transitività, per la sua capacità “devolutiva“ di far passare (“transitare“, appunto) l’azione dal soggetto all’oggetto (cioè, al suo oggetto, inteso quale destinatario[9]). Nel caso sotto scrutinio il tratto impegnato è quello del circuito Stato-Comandante di una nave, e il secondo addendo della coppia subisce l’incidenza dell’azione innescata - doverosamente - dal precetto, imponendosi la prestazione del soccorso in mare. A ben vedere, il carattere imperativo è ancipite poiché abbraccia lo stesso Stato per la sua soggezione alla legge della Convenzione, di guisa che lo Stato, nella specie impersonato dal Ministero degli interni, è titolare di una azione doverosa (ineludibile, dato che non può esimersi) la cui fonte è la norma (c.d. principio di legalità) che gli impone una “condotta positiva“, che consiste in un agere rivolto a chi è tenuto a rispettare il precetto (pati).

Per la vicenda di Carola Rackete non solo lo Stato-Ministeriale non ha agito ma: a) ha coniato una contro-norma diretta ad “affievolire“ quella primaria (e pertanto le due norme non sono di pari grado) e alla rimozione del vincolo della sovraordinazione; b) in un inedito spartito che accoglie una  inversione verticale dei ruoli, è stato  il comandante di una nave che ha domandato alle autorità ministeriali di prestare soccorso, chiedendo di attraccare al porto di Lampedusa con il carico di naufraghi.

Crediamo di essere i primi analisti ad illustrare - cioè solo descrivere, sine ira et studio - un quadro tanto (o talmente) incredibile (da dubitare che possa essere accaduto, realmente)[10].

 

3. L’italia non è una monade, piuttosto (anzitutto) Europea e aderisce al diritto Convenzionale

Nell’esergo tracciato si è evocato l’art. 10, co. 1, Cost. («L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute»). Il “rendimento“ plastico della norma apicale può essere rappresentato negativamente,  con l’immagine delle “monadi“. Nell’immaginario sovranista la “nazione“ ha (o vanta) un carattere o valore assorbente le cui articolazioni, muovendo dalla visione leibniziana, come «monadi non hanno porte né finestre» e quindi non possono comunicare con l’esterno.

Invece, le Convenzioni internazionali segnano un limite, come i Regolamenti Europei, costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato.

Per esempio, si è scritto: «1973. Un anno particolarmente significativo per l’Europa ed il mondo, assai interessante anche per chi voglia osservare le migrazioni internazionali»[11]; così «l’inquadramento costituzionale e la normativa comunitaria rappresentano la cornice in cui si colloca la disciplina riguardante lo straniero e l’immigrazione»[12].

In questo ordine di idee, quel (riferito al c.d. Decreto Sicurezza, citato) «potere interdittivo di fonte ministeriale si situa nella costellazione generale quale vistoso segno di contraddizione, che genera un cortocircuito internormativo, segnatamente con il principio di non refoulement [13].

Quando questo collegamento tra fonti del diritto manca si crea un cortocircuito che, almeno una volta, diventa anche terminologico, nei seguenti termini.

L’art. 98 della Convenzione sul diritto del mare, adottata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 e ratificata dall’Italia con la l. 2 dicembre 1994, n. 689, la cui rubrica, eloquentemente, si intitola «Obbligo di prestare soccorso», al comma 2 stabilisce: «Ogni Stato costiero promuove la costituzione…di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima…». Punctum contra punctum: anche i decreti Salvini si chiamano “decreto-sicurezza“.

Quale sicurezza prevale, quella nazionale o convenzionale? Ecco gli estremi di una interrogativa retorica.

Ancora, quel potere di interdizione dei cc. dd. porti chiusi[14] si dovrebbero armonizzare e con altra norma convenzionale, con l’art. 33 della Convenzione di Ginevra (28 giugno 1951): «Nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche»[15].

Se i naufraghi non possono entrare nei porti, come eserciteranno il diritto d’asilo costituzionalmente protetto all’art. 10?

La versione securitaria del passato Governo Conte 1 si è concentrata sulle ONG, contro le navi di salvataggio, ciò che pone, però, pone pressanti domande sulla sua compatibilità, appunto, con il divieto di non-refoulement (la Corte Edu evoca la natura assoluta di siffatto divieto e il rifiuto dei trattamenti vietati dall’art. 3 Cedu quale espressione di uno dei valori fondamentali e caratterizzanti delle società democratiche»[16]).
In ultimo: la Convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare del 1979 (Convenzione SAR) impone agli Stati parte di «…garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare…senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona viene trovata» (Capitolo 2.1.10) ed a «[…] fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro» (Capitolo 1.3.2). E il comandante di nave, di galleggiante o di aeromobile nazionale o straniero, che ometta di prestare assistenza ovvero di tentare il salvataggio nei casi in cui ne ha l’obbligo a norma del presente codice, è punito con la reclusione fino a due anni…(art. 1158 cod. nav.).

 

Prof. Carlo Morselli, Docente di diritto e procedura penale dell’immigrazione nel Corso di Laurea in Giurisprudenza nell’Università degli Studi Unitelma Sapienza di Roma. 

 

[1] L'Organizzazione delle Nazioni Unite (O. N. U.) - istituita dopo la seconda guerra mondiale con l'obiettivo di prevenire futuri conflitti - costituisce un'organizzazione intergovernativa a livello mondiale il cui obiettivo fondante è il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale.

[2] V., al riguardo, Immigrzione.it, 2021, 1 febbraio 2021.

[3] Così, A. Ziniti, in la Repubblica, 27 gennaio 2021: «L'hanno definita violazione del diritto alla vita. "L'Italia ha fallito, avrebbe dovuto tutelare il diritto alla vita di oltre 200 migranti, tra cui 60 bambini, che erano a bordo di un'imbarcazione salpata dalla Libia e affondata nel Mediterraneo nell'ottobre del 2013. È un verdetto storico, capace di entrare a gamba tesa del procedimento penale che procede estremamente a rilento, quello del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, che risponde così ad un ricorso sulla strage di Lampedusa di oltre sette anni fa, presentato da alcuni sopravvissuti rappresentati dall'avvocato Andrea Saccucci. Il Comitato per i diritti umani ritiene che l'Italia "non abbia risposto prontamente a varie chiamate di soccorso" giunte dalla barca partita nella notte del 10 ottobre 2013 dal porto libico di Zuwarah con a bordo oltre 400 adulti e bambini. In particolare, l'Italia ha omesso di spiegare il ritardo nell'invio della sua nave della marina, ITS Libra, che si trovava a solo un'ora circa dalla scena del dramma».

[4] Cfr. Open Migration, 3 febbraio 2021. Il 3 ottobre 2013 a poche miglia del porto di Lampedusa si è verificato  il naufragio di un'imbarcazione libica usata per il trasporto di migranti (c.d. tragedia di Lampedusa) che ha provocato 368 morti e circa 20 dispersi presunti; i superstiti salvati sono stati 155, di cui 41 minori.

Proprio a seguito del naufragio di Lampedusa, il governo italiano (presidente del consiglio Enrico Letta) rafforzò il dispositivo nazionale per il pattugliamento del Canale di Sicilia autorizzando l'operazione Mare nostrum, una missione militare e umanitaria la cui finalità era quella di prestare soccorso ai migranti, per ripetere simili  tragici eventi nel Mediterraneo.

Dal 1º novembre 2014, l'operazione Mare nostrum fu sostituita dall'operazione "Triton di Frontex “.

[5] PATTO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI CIVILI E POLITICI (1966) è adottato dall’Assemblea Generale delle Autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge n. 881 del 25 ottobre 1977 (G. U. n 333 del 7 dicembre 1977). PARTE III

Articolo 6.1. Il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve esser protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita.

Altresì v. Articolo 7. Nessuno può essere sottoposto alla tortura né a punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, in particolare, nessuno può essere sottoposto, senza il suo libero consenso, ad un esperimento medico o scientifico.

Articolo 13. Uno straniero che si trovi legalmente nel territorio di uno Stato Parte del presente Patto non può esserne espulso se non in base a una decisione presa in conformità della legge e, salvo che vi si oppongano imperiosi motivi di sicurezza nazionale, deve avere la possibilità di far valere le proprie ragioni contro la sua espulsione, di sottoporre il proprio caso all’esame dell’autorità competente, o di una o più persone specificamente designate da detta autorità, e di farsi rappresentare innanzi ad esse a tal fine.

[6] Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite (in inglese: Human Rights Committee) è un organismo delle Nazioni Unite.

[7] Citiamo una recente sentenza (definita storica) del  Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, il quale ha dichiarato che gli sfollati a seguito di emergenze climatiche non possono essere rimandati nei loro paesi di origine, dove il diritto alla vita è minacciato dagli effetti dei cambiamenti del clima (obbligo di non-refoulement). Il richiedente, Ioane Teitiota, è un cittadino della Repubblica di Kiribati, nell’Oceano Pacifico centrale.

Nel 2012 ha chiesto protezione in Nuova Zelanda come rifugiato e/o persona protetta, sostenendo che l’innalzamento del livello del mare ed altri effetti dovuti al cambiamento climatico avevano reso la vita a Kiribati instabile e precaria. La richiesta di asilo di Teitiota è stata successivamente negata dal Tribunale di Immigrazione e Protezione della Nuova Zelanda, dall’Alta Corte, dalla Corte di Appello e dalla Corte Suprema, e nel 2015 Teitiota è stato ricondotto a Kiribati con la sua famiglia. Ha presentato ricorso individuale al Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ai sensi del Protocollo Opzionale al Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici (ICCPR), sostenendo che, rimandandolo a Kiribati, la Nuova Zelanda aveva violato il diritto alla vita contenuto nell’art. 6 dell’ICCPR.

Il 7 gennaio 2020 il Comitato ha confermato la decisione della Nuova Zelanda, dichiarando che il rimpatrio di Teitiota non è avvenuto in violazione del diritto alla vita. Tuttavia il Comitato ricorda che gli Stati dovrebbero esimersi dal deportare un individuo quando sussistono abbastanza prove per credere che ci sia un reale rischio di danno irreparabile, così come contemplato nell’art 6 (diritto alla vita) e nell’art. 7 (proibizione di tortura, o trattamenti e punizioni crudeli, inumani e degradanti) dell’ICCPR (§ 9.3), in Progetto Melting Pot Europa, 2020 (a cura di E. Delval).

[8] Per un primo commento, v., per tutti, E. Codini, Cresce la necessità di strumenti ordinari, in Guida dir., 2019, n. 29, 8: «Il Governo Conte ha scelto il decreto quale strumento per modificare la disciplina dell’immigrazione».

[9] L’azione transita dal verbo al complemento oggetto, che può essere costituito - appunto - da un oggetto o da un soggetto.

[10] Come suol dirsi solo in Italia poteva accadere: per restare bello scenario marittimo, è la stessa Italia che consegna la “docenza“ di un giorno al comandante Schettino, autore del naufragio della nave Costa Concordia all’isola del Giglio, il 13 gennaio 2012, data della collisione che ha causato 32 morti). Il Messaggero, 6 agosto 2014, Schettino diventa professore, lezione di “gestione del panico" alla Sapienza. Lectio magistralis del Comandante della Costa Concordia. Schettino: il testo della sentenza di condanna Cassazione penale, sez. IV, sentenza 19/07/2017 n° 35585. La Cassazione ha confermato la condanna definitiva a 16 anni di reclusione, già comminata dalla Corte d’Appello di Firenze, per l’ex comandante della Costa Concordia per il naufragio, avvenuto il 13 gennaio 2012, nel quale persero la vita 32 persone (v. Alatalex, 20 luglio 2017).

[11] L. Li Causi, Migrare, fuggire. Ricostruire, in Aa. Vv., Percorsi di antropologia e cultura popolare, Pisa, 2013, 6 s.

[12] C. Morselli, Diritto e procedura penale dell’immigrazione, Napoli, 2012, XIII.

[13] C. Morselli, La natura di nave da guerra della motovedetta V. 808 al vaglio della Cassazione (a proposito dell’arresto non convalidato di Carola Rackete), in Arch. pen., 2020, citandosi, in tema,  recentemente, v. Cass., sez. I, sent. 18 maggio 2017 (dep. 26 ottobre 2017), n. 49242, Pres.Di Tomassi, Rel. Magi, in Dir. pen. cont., 17 dicembre 2017: «…Appare necessario evidenziare come la previsione relativa al divieto di respingimento contenuta nell’art. 19 comma 2 della Carta di Nizza sia espressa con assoluta nettezza e senza riferimento alcuno a deroghe e identifichi la condizione ostativa al refoulement» e, in dottrina, Rossi, Respingimento alla frontiera e libertà personale. Il monito della Corte e le scelte del legislatore, in Rivista A. I. C., n. 2/2019, 128 s.; Bertolino, Territori e immigrazioni tra diritto di respingimento e dovere di accoglienza tra gli Stati, ivi, n. 1/2018, 18.

Al riguardo, v. Ventrone, Il Tribunale permanente dei popoli condanna l’Italia e l’Unione europea per concorso in crimini contro l’umanità a causa delle politiche sull’immigrazione, in www.questionegiustizia.it/articolo/il-tribunale-permanente-dei-popolicondanna-lital11-04-2018.php. Specialmente, v. Ferraioli, Politiche contro i migranti in violazione dei diritti umani, in www.questionegiustizia.it, § 1.1. Per la giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia, v. Zanghì, Origini ed evoluzione dei diritti umani, in La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Torino,2013, 30 s.

[14] V. il provvedimento (del 15 giugno 2019) del Ministro dell’Interno che faceva divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3, nel mare territoriale nazionale.

[15] Sul principio di non refoulement, v., ad esempio, Cass., sez. VI-1 civile, ord. n. 18539 del 21 settembre 2016, in Immigrazione.it, 2016.

[16] Cfr. Corte Edu, 19 aprile 2018, A.S. c. Francia, in Dir. imm. citt., XX, 2, 2018. Sul divieto di respingimento alla frontiera dei minori non accompagnati, v. T.A.R., Lombardia – Brescia, sez. I, sent. 8 aprile 2019, n. 322, in Il Merito, 2019, n. 7/8, 66 s. In tema, recentemente, v. Calabria, I respingimenti in mare dopo il cd. decreto sicurezza-bis (ed in particolare alla luce del comma 1-ter dell’art. 11 del D.L.vo n. 286/1998), in Quest. giust., 29 luglio 2019.