A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

GUERRA RUSSIA-UCRAINA: LA POSIZIONE DELL’UNIONE EUROPEA IN BASE AL SUO ORDINAMENTO E ALLA SUA VOCAZIONE POLITICO-ISTITUZIONALE.

Autore: Prof. Claudio De Rose, Direttore responsabile e coordinatore scientifico 

 

Sommario: 1. Come rispondere in termini giuridico-istituzionali ai giudizi critici sull’atteggiamento sin qui assunto dalla UE nei riguardi del conflitto. 2. I principi fondamentali dell’unità europea, in generale e con riferimento ai rapporti tra gli Stati membri e tra gli stessi e l’Unione. 3. I principi fondamentali dell’unità europea, con riferimento ai rapporti dell’UE con il Resto del mondo in particolare con le superpotenze. 4. Quel che ha fatto e quel che potrebbe fare l’U.E nei riguardi del conflitto tra Russia e Ucraina: a) analisi complessiva; b) una proposta di pacificazione dell’Est europeo che va oltre la cessazione del conflitto in atto.                                         

 

1.- Come rispondere in termini giuridico-istituzionali ai giudizi critici sull’atteggiamento sin qui assunto dall’UE nei riguardi del conflitto.

Ad avviso di vari osservatori l’Unione Europea avrebbe una posizione politicamente irrilevante nei riguardi di ciò che è accaduto e ancora accade in Ucraina. Ed in tal senso è anche il monito che G. Zagrebesky rivolge all’Europa di svegliarsi e di ritrovare se stessa attraverso la politica (La Repubblica, 11 maggio 2022). Secondo l’illustre Autore, il disegno dei Padri fondatori era quello che l’Europa unita si ponesse come soggetto politico dotato di una propria identità tra le superpotenze, allora come oggi in continua tensione: tale disegno non si sarebbe sin qui realizzato.

Questo genere di critiche ha una matrice di analisi sostanzialmente tradizionale, secondo cui un soggetto politico – Stato o Organizzazione internazionale che sia – può assumere il ruolo di superpotenza e competere efficacemente con le altre superpotenze solo se in possesso di un certo tipo di ingredienti, quali: una o più aree di sovranità e/o di influenza geopolitica, una consistenza economica e tecnologica egemone in vari settori e una temibile strutturazione di forze militari e di armamenti.

E non v’è dubbio che se la sussistenza o meno di detti ingredienti viene, a sua volta, valutata con i parametri tradizionali, il giudizio sulla capacità della UE ad assumere il ruolo di superpotenza e a confrontarsi con le altre superpotenze non può che essere negativo. Ciò in quanto la UE: a)non esercita una sovranità o influenza geopolitica in proprio ma solo in quanto consentita dagli Stati membri e d’intesa con gli stessi; b) ha una rilevante consistenza economica e tecnologica ma rifugge da qualsiasi sorta di posizione di esclusività o monopolio; c) non ha una strutturazione di forze militari ed armamenti in proprio, anche se, come si vedrà più oltre, a fini di sicurezza e difesa può avvalersi delle strutture dei Paesi membri e della loro appartenenza alla NATO, oltre che di un’Agenzia ad hoc.

Tuttavia, se si guarda al processo di integrazione tra popoli da cui ha preso le mosse la costruzione europea e al successivo processo di unificazione, ancora in corso, ci si rende conto che a base di tutto c’è un originalissimo disegno politico-istituzionale, che non ha eguali nella storia del mondo e che nulla ha a che fare con le precedenti forme attraverso cui un’unione tra Stati si affermava sullo scenario internazionale.

A ben vedere, il citato disegno politico-istituzionale non mira a fare dell’Unione europea una superpotenza politica tradizionale, ma, come si vedrà nei successivi paragrafi, ne fa una realtà politica nuova, che, nonostante non ne abbia le “solite” apparenze, le conferisce potenzialità di intervento e di contrasto altrettanto valide di quelle usuali, se non addirittura superiori,

E quindi quello che l’Unione europea ha fatto sin qui e può ancora fare nei riguardi del conflitto Russia-Ucraina va valutato alla luce della sua particolare identità, che le deriva dal disegno politico-istituzionale da cui essa trae origine. Di esso si fa una breve sintesi nei successivi paragrafi 2 e 3, per poi trarne, nel paragrafo 4, le conseguenze in ordine alla posizione assunta e/o assumibile dalla UE nei riguardi del conflitto in atto.

 

2.- I principi fondamentali dell’unità europea in generale e con riferimento ai rapporti tra gli Stati membri e tra gli stessi e l’Unione.

Per la ricostruzione del disegno politico-istituzionale dell’unità europea occorreva fatto riferimento al Trattato di Lisbona sull’Unione europea (TUE), in particolare ai Titoli I°, II° e V° dello stesso. La maggior parte delle nome in essi contenute si pone in continuità e a conferma di quanto già sancito dalle omologhe norme di riferimento del processo comunitario.

Mentre il Titolo V è riferito all’azione esterna dell’Unione e per la stessa si fa rinvio al successivo paragrafo 3, le disposizioni di cui ai Titoli I° e II° sono invece relative ai principi generali di base ed a quelli che attengono ai rapporti tra gli Stati membri e tra gli stessi e l’Unione, con volontarie cessioni a quest’ultima di parti della sovranità statuale, nell’interesse comune.

Dette cessioni di sovranità costituiscono una formula del tutto inedita, che, insieme all’univoca vocazione alla pace, la cui centralità nella costruzione europea è affermata nell’art.3 del TUE, ha costituito la base della convivenza serena e proficua che sin qui v’è stata tra gli Stati membri dell’Unione. Gli oltre settanta anni di pace tra gli stessi costituiscono una realtà politica innegabile e di estremo rilievo, solo se si pensa che per secoli la storia dell’Europa è stata caratterizzata e incisa da guerre tra i suoi popoli, spesso con coinvolgimento di altre parti del mondo. Altrettanto dicasi per le rivendicazioni territoriali tra Stati e per le guerre civili, due tristi fenomeni del passato, di cui nell’Europa unita si sono perse completamente le tracce, anche in virtù della consistenza realistica delle politiche comuni e della coesione economica e sociale. L’insieme di questi dati fenomenici - unitamente a quello della compattezza tre gli Stati membri nelle varie politiche di interesse comune, non soltanto economiche, e nel rispetto della normativa dell’Unione nonché nelle volontarie cessioni di sovranità all’Unione per fini di interesse comune - si impone all’attenzione e al rispetto del Resto del Mondo come un modulo politico efficace. E, a seconda dei casi, un modulo da imitare, da invidiare e perfino da contrastare.

 

3.- I principi fondamentali dell’unità europea, con riferimento ai rapporti dell’UE con il Resto del Mondo in particolare con le superpotenze.

Per un’appropriata valutazione della politica estera dell’Unione europea  vista nel suo complesso e nel suo specifico atteggiarsi nei riguardi di eventi come il conflitto russo-ucraino occorre far riferimento, non diversamente che per la politica interna, al disegno giuridico-istituzionale di base, in particolare al Titolo V del Trattato sull’Unione europea. 

Il Titolo V contiene Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune.

Tra le disposizioni generali contenute nel capo I°all’art.21 preme qui ricordare il paragrafo 1, secondo il quale “l’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l’allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principio di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni unite e del diritto internazionale”.

In questa logica di principio, si inscrivono, sempre in base all’art.21, la promozione di soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite e l’attuazione di un elevato livello di cooperazione internazionale con varie finalità costruttive, prima fra tutte quella di preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale.

Nelle Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune trovano spazio norme concrete, quali il coinvolgimento degli Stati membri nella politica estera comune e il loro impegno a svolgere la propria in spirito di lealtà e di solidarietà reciproca.

Da questa prima verifica risulta una soggettività politica internazionale dell’Unione caratterizzata da una vocazione alla pace e alla prevenzione dei conflitti non astratta ma concretamente e costantemente vigile nei riguardi di possibili minacce della stessa. Una vocazione che non poggia su presupposti egemonici di esercizio di sovranità bensì su una posizione di ampia disponibilità alla cooperazione, oltre che con gli Stati membri, anche con le altre Organizzazioni internazionali e con i Paesi terzi.

Un altro importante dato identificativo della soggettività politica internazionale dell’Unione è dato dalla politica di sicurezza e di difesa comune (c.d. PESC), i cui tratti principali sono contenuti nell’art. 42del TUE (Capo 1, Sezione 2 del Titolo V).

Nell’art.42.1 si legge: “La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati  membri”.

E’ importante anche quanto si legge nell’art.42.2 e cioè che la politica dell’Unione rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l’Organizzazione del trattato del Nordatlantico (NATO) ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto.

Va considerato con molto interesse anche quanto risulta dall’art.42.3 e cioè che l’Unione dispone anche di un’”Agenzia europea per la difesa”, la quale “individua le esigenza operative, promuove misure per rispondere a queste, contribuisce a individuare e, se del caso, mettere in atto qualsiasi misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa, partecipa alla definizione  di una politica europea  delle capacità e degli armamenti, e assiste il Consiglio nella valutazione del miglioramento delle capacità militari”.

Dunque, la soggettività politica internazionale dell’Unione è caratterizzata anche dal possesso di una strumentazione che le consente di disporre di armamenti, non per iniziative di guerra, ovviamente, ma per scopi di difesa comune. Dall’analisi del disegno giuridico-istituzionale dell’Unione scaturisce quindi  un’immagine di quest’ultima a cui ben può essere riconosciuta un’identità di soggetto politico internazionale, sia pure non corrispondente alla figura tradizionale della grande potenza, ma caratterizzata da tratti di assoluta rilevanza ed efficacia per il suo modo di essere, che, almeno in astratto, le consentono di confrontarsi alla pari con le Grandi Potenze universalmente riconosciute come tali e cioè USA, Russia e Cina, pur senza averne né la forza militare e la forza energetica.

 

4.- Quel che ha fatto e quel che potrebbe fare l’Unione europea nei riguardi del conflitto tra Russia e Ucraina: a) analisi complessiva; b) una proposta di pacificazione dell’Est europeo che va oltre la cessazione del conflitto in atto.

a) Analisi complessiva.

Pervenuti alle conclusioni di cui al paragrafo precedente, in linea astratta e di principio, c’è da chiedersi fino a che punto le misure e le iniziative che l’Unione ha adottato in relazione al conflitto tra Russia e Ucraina siano coerenti con la sua peculiare identità di soggetto politico internazionale e se comunque l’Unione ha posto in essere tutte le iniziative che la sua identità richiederebbe.

Sotto il primo profilo, si possono certamente ritenere coerenti con la sua posizione internazionale le seguenti iniziative e misure: protezione temporanea dei rifugiati ucraini; finanziamenti in favore dei rifugiati medesimi e degli Stati membri che li accolgono; assistenza umanitaria a cittadini ucraini e moldavi in difficoltà a causa del conflitto; aiuto ai rifugiati qualificati per l’accesso al lavoro nell’ambito della UE.

Più problematica è la questione delle sanzioni o misure economiche restrittive già inflitte alla Russia o in corso (il c.d. sesto pacchetto). Non sembrano sussistere dubbi in linea di principio, perché si tratta di misure ammesse dal diritto internazionale nei confronti dello Stato che aggredisca un altro Stato, ed inoltre l’UE già da tempo annette a questo tipo di sanzioni il valore di uno strumento essenziale della propria politica estera  e di sicurezza comune.

Tuttavia, come la stessa Unione ha sempre mostrato di ritenere, esse vanno utilizzate nell’ambito di un approccio politico integrato e globale, comprendente il dialogo politico, sforzi complementari e il ricorso ad altri strumenti a disposizione. Probabilmente, quindi, sarebbe preferibile che l’Unione si consultasse con le altre Potenze di alto rilievo internazionale, oltre che con le Nazioni Unite, per valutare i presupposti, le modalità, i tempi e le conseguenze dell’applicazione delle sanzioni, richiamandosi anche alla preesistenza al conflitto di Accordi tra essa e la Repubblica Ucraina, di cui si dirà più oltre.

Naturalmente, quanto precede andrebbe fatto senza rinunziare alle proprie autonome determinazioni, con assunzione delle relative responsabilità, anche per quel che concerne gli effetti boomerang che le misure restrittive – soprattutto quelle concernenti le importazioni energetiche dalla Russia - possono arrecare all’economia di molti Stati membri (inflazione, riduzione di attività produttive e connesse conseguenze socio-economiche).

Sembrano invece sfuggire alla necessità di questo tipo di approccio prudenziale talune misure sostanzialmente interne, adottate o in corso di adozione da parte dell’UE, quali la revisione del Green Deal per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia e l’affrancamento dai combustibili fossili russi.

Un tale tipo di misure, infatti, rientra nella logica dei rapporti economici concorrenziali e avrebbe potuto (e forse dovuto) essere adottato anche in assenza del conflitto in atto.

E’ comunque evidente che questo tipo di misure attenua i rischi per i Paesi membri connessi alle sanzioni, perché consente di far fronte anche all’ipotesi di una brusca interruzione delle forniture da parte della Russia, come rappresaglia o come contromisura economica.

Un discorso a parte va fatto a proposito della fornitura di armi all’Ucraina, nel senso che sinora non risultano invii diretti da parte della UE, ma essa è naturalmente al corrente di quelli effettuati o in corso da parte di un certo numero dei propri Stati membri, tra i quali l’Italia, al cui interno, tra l’altro, il punto è molto controverso.

Per questo aspetto, comunque, sembrerebbe consigliabile che l’UE perseverasse nella linea di non diretto invio di armi, per non incorrere nel rischio di attacchi russi a chi materialmente le trasporta, con possibile rischio di estensione del conflitto.

D’altra parte, la UE può essere utile all’Ucraina in tema di armamenti attraverso l’Accordo stipulato nel2015 dall’AED-Agenzia Europa di Difesa e il Governo ucraino. In tale Accordo, infatti, è prevista l’allestimento di programmi e piani di  cooperazione a fini di difesa nell’interesse comune dei due contraenti. L’Accordo è stato stipulato in tempi non sospetti, per cui, sul piano strettamente giuridico, la Russia non avrebbe titolo a contestarne l’applicazione anche in pendenza del conflitto.

Altrettanto può dirsi per l’Accordo di associazione, preludio dell’ammissione dell’Ucraina nell’Unione europea. L’Accordo è stato stipulato nel luglio 2017 ed è entrato in vigore il 1° settembre dello stesso anno. Esso promuove l’approfondimento dei legami politici tra le due Parti, il rafforzamento dei collegamenti economici e il rispetto dei valori comuni. L’Accordo prevede, altresì, un Consiglio di associazione, che periodicamente fa il punto sui risultati raggiunti e sulla necessità di misure nell’interesse comune e in tale contesto hanno trovato spazio le sanzioni che l’UE ha imposto alla Russia a partire dal 2014 fino a quelle recenti, in relazione all’aggressione militare russa nei confronti dell’Ucraina.

b) Una proposta di pacificazione dell’Est europeo che va oltre la cessazione del conflitto in atto.

A ben vedere, la presenza di questa strumentazione pattizia e del trend gestionale bilaterale che proficuamente e pacificamente si riconnette ad essa, unitamente ad altre iniziative pacifiche e promotrici di sviluppo, che la UE porta avanti da anni nell’Est europeo e che hanno dato vita ad una sorta di partenariato orientale, potrebbe costituire per l’Unione europea la base di riferimento per una proposta di pacificazione complessiva dell’area da rivolgere alla Russia, con effetti più ampi della mera cessazione del conflitto in Ucraina.

La particolarità della proposta che qui si prospetta sta proprio nel suo non limitarsi allo scopo della cessazione del conflitto in atto. Si tratterebbe, infatti, di un invito a negoziare su un piano più ampio di pacificazione e nessuno meglio dell’Unione europea, che è un insospettabile “tempio di pace” in virtù delle sue indiscusse origini, potrebbe portarla avanti. Si tratterebbe, in particolare, di proporre alla Russia di parlare non solo di come mettere fine al conflitto in Ucraina ma anche di come portare avanti, ai fini di una pacificazione complessiva dell’area, un piano di azioni di reciproco interesse che coinvolga, insieme alla stessa UE, i Paesi dell’Est europeo, Russia compresa, a prescindere dall’appartenenza dei Paesi medesimi alla Nato o alla stessa Unione europea.

In altre parole, come si è riusciti a realizzare con successo un fattore di sviluppo tecnico-economico quale la sincronizzazione della rete elettrica continentale europea con le reti elettriche dell’Ucraina e della Moldavia (e, guarda caso, l’operazione è culminata in una decisione del Consiglio dell’Energia della UE in data 28 febbraio 2022 e il contatto tecnico di avvio è stato perfezionato il 16 marzo 2022, e cioè addirittura a conflitto già iniziato e quindi prescindendo dalle minacce russe), lo stesso si potrebbe fare in tanti altri settori e con vari altri Partners dell’Est europeo, Russia compresa, con coinvolgimento della loro cultura, e delle loro risorse economiche, tecnologiche e culturali.

Non si ignora che una proposta del genere potrebbe essere intralciata dal timore chela vecchia classe dirigente russa ha per l’effetto di attrazione che il modello di democrazia e di Stato di diritto, di cui è portatrice l’Unione europea, esercita sui Paesi ex-satelliti dell’Unione sovietica.

E c’è anche chi dice che è questa la vera ragione per cui i vertici russi hanno mosso guerra all’Ucraina, che infatti è uno di detti Paesi, ma i vertici russi ben sanno che quanto qui si propone è fortemente sentito anche dalle classi colte e da quelle medie e povere della Russia, che dopo il crollo dell’impero sovietico speravano di entrare a far parte di un mondo nuovo, affrancandosi da secoli e secoli di infinito feudalesimo, compreso quello di matrice sovietica, e di isolamento.

Di conseguenza, la proposta qui prospettata potrebbe avere concrete possibilità di successo, nell’interesse dell’area e, in definitiva, del Mondo intero.