A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

GIUSTIZIA PENALE: IL PENDOLO OSCILLANTE TRA MASSIMA E MINIMA SANZIONE ACCESSORIA DELLA REVOCA/SOSPENSIONE DI PATENTE DI GUIDA DEVE ESSERE “GUIDATO“ DA UNA APPAGANTE MOTIVAZIONE AGGANCIATA AI PARAMETRI CODIFICATI

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli 

 

Sommario: 1. La sentenza n. 13747 dell’11 aprile 2022 della Cassazione sull’omicidio stradale - 2. La sentenza costituzionale n. 88/2019 avente ad oggetto i cc.dd.  automatismi revocatori - 3. Il caso sottoposto allo scrutinio della Cassazione - 4. La revoca della patente impone il redde rationem del dovere di motivazione al pari di un adempimenti allineati ai criteri di legge - 5. La congrua motivazione preserva il sistema dalla mala gestio del potere discrezionale del giudice

 

1. La sentenza n. 13747   dell’11 aprile 2022 della Cassazione sull’omicidio stradale

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13747 dell’11 aprile 2022[1], si occupa dell’omicidio stradale “semplice“, cioè non aggravato dall’addizione della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 589, commi 2 e 3, del Codice penale. In tal caso, il giudice, il quale scelga di irrogare, in sede di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida in luogo di quella, più favorevole, della sospensione deve dar conto puntualmente delle ragioni di siffatta  scelta. Il suo apprezzamento deve seguire i parametri codificati (art.  218, comma 2, del Codice della strada), avuto riguardo all’entità del danno, alla gravità della violazione e alla tutela della collettività, in relazione al pericolo che il perdurare della circolazione possa arrecare, in termini prognostici, alla sicurezza della stessa.

Ha un andamento binario l’emanata decisione, si segnala: pur respingendo il ricorso degli imputati, ha però posto l’accento sull’obbligo di una valida ed appagante motivazione cui è chiamato il giudice del meritum causae  laddove, nel suo spazio di discrezionalità, attinga ed agganci il polo  estremo della massima sanzione accessoria massima prevista ex lege, potendo compiere, nel suo vaglio, uno scrutinio  complessivo dei diversi elementi, senza la necessità di una esposizione analitica, spinta al dettaglio, dei criteri utilizzati per l’adozione della decisione[2].

 

2. La sentenza costituzionale n. 88/2019 avente ad oggetto i cc.dd. automatismi revocatori

La sentenza in rassegna si inserisce, come in una collana,  nella costellazione della sentenza costituzionale n. 88/2019. Il riferimento è alla declaratoria di illegittimità costituzionale - per violazione dei principi di ragionevolezza, eguaglianza e proporzionalità ex art. 3 della Costituzione - dell’articolo 222, comma 2, quarto periodo, del Codice della strada, laddove non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per i reati relativi agli articoli 589-bis c.p. (Omicidio stradale) e 590-bis c.p.(Lesioni personali stradali gravi o gravissime), il giudice possa disporre, alternativamente alla revoca della patente di guida, la sospensione della medesima, in applicazione del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell’articolo 222 del Cds, non ricorrendo alcuna delle circostanze aggravanti previste dai  corrispondenti commi 2 e 3 degli articoli 589-bis e 590-bis del  codice penale.

La Corte costituzionale, in motivazione, stabilisce che «nell’articolo 222 Cds l’automatismo della risposta sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarità del caso, può giustificarsi solo per le più gravi violazioni contemplate dalle due citate disposizioni, quali previste, come ipotesi aggravate, sanzionate con le pene rispettivamente più gravi, dal secondo e dal terzo comma sia dell’articolo 589-bis, sia dell’articolo 590-bis del Cp alla guida in stato di ebbrezza alcolica (oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo comma sia dell’articolo 589-bis, sia dell’articolo 590-bis del Cp) o sotto l’effetto di stupefacenti costituisce un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, posto in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali; e, pertanto, si giustifica una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente nell’ipotesi sia di omicidio stradale, sia di lesioni personali gravi o gravissime. Al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa. In tal caso, l’automatismo della sanzione amministrativa più non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice»[3].

Con l’intervento della Consulta, il rigore codicistico non è più irriducibile, e l’anomia previsionale viene corretta.

 

3. Il caso sottoposto allo scrutinio della Cassazione

Il caso oggetto di disamina e controllo da parte della Cassazione è ricompreso nel raggio delle ipotesi previste dall’intervento di riequilibrio  del Giudice delle leggi, in quanto non risultavano contestate ai ricorrenti le aggravanti del reato di omicidio stradale della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

La difesa – che aveva fatto ricorso per cassazione contro  la sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti per il reato di cui agli articoli 113 e 589-bis del Cp, coinvolgente  la revoca della patente di guida – aveva eccepito la violazione e l’erronea applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 218 e 222 del Cds, e il difetto di motivazione per quanto riguarda la determinazione della sanzione amministrativa accessoria massima, ritenendo che il giudice di merito si sarebbe limitato a formulare giudizi affetti da  astrattismo (gravità della violazione, entità dei danni e pericolo per l’ulteriore circolazione), senza alcun aggancio ed ancoraggio  alla fattispecie concreta. Secondo il ricorrente, l’organo della decisione, senza curarsi della sentenza costituzionale n. 88/2019, non avrebbe condotto e sviluppato un giudizio prognostico relativamente alla concreta pericolosità di una ulteriore circolazione dell’imputato,  non potendo essere giustificata al pari della gravità dell'infrazione.

 

4. La revoca della patente impone il redde rationem del dovere  di motivazione al pari di un adempimenti allineati ai criteri di legge

La Suprema corte segue un percorso anfibio: si pone sul terreno della difesa, sostanzialmente, “accettando“ i postulati  argomentativi della stessa, ma rigetta il ricorso degli imputati ritenendo che il  tribunale, nell’applicare la sanzione amministrativa accessoria con la più alta carica afflittiva, avrebbe congruamente illustrato le ragioni della seguita scelta sanzionatoria. Ciò si traduce in un giudizio di  conformità con l’interpretazione di legittimità – riaffermata dalla decisione della Cassazione - secondo cui «in tema di omicidio stradale, il giudice che, in assenza delle circostanze aggravanti della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, applichi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, più favorevole, della sospensione, deve dare conto, in modo puntuale, delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere il trattamento più sfavorevole sulla base dei parametri di cui all’articolo 218, comma 2, del Cds»[4]. Redde rationem, dunque.

Nel caso sub iudice - secondo  la Suprema Corte - il giudice ha fatto espresso rinvio alla violazione che aveva riguardato una regola cautelare fondamentale per la circolazione, cioè di fermarsi in prossimità di attraversamento pedonale, e tale da costituire regola di comportamento praticata, ancor prima di essere regola di fonte normativa, inquadrandola su parametri di particolare gravità (quanto all’entità del nocumento arrecato, massimo: nella specie, si era trattato della morte del pedone investito[5]), cosicché la sanzione prescelta è stata ritenuta l’unica quale usbergo a protezione della sicurezza pubblica.

La Corte regolatrice ha ritenuto che il giudice abbia validamente  motivato l’opzione  discrezionale, avendo fatto buon governo, da un canto, dei criteri espressamente fissati dall’art. 218, comma 2, del Cds, operando, dall’altro, anche una predizione:  la prognosi di pericolosità proprio alla stregua della particolare gravità della violazione commessa, tale che solo la misura maggiormente afflittiva della revoca della patente è stata “ stimata “  idonea a preservare la sicurezza pubblica.

I criteri di cui all’art. 218 del Cds costituiscono  parametri di riferimento per indirizzare la decisione, ponendola al riparo dall’alea dell’arbitrio e garantendo il relativo controllo giudiziale. Così la valutazione può anche essere svolta nel  complesso, sicché pur nella  diversità dei parametri di riferimento – art. 218, comma 2, del Cds in luogo dell’art. 133 del Cp – per assolvere adeguatamente all’obbligo di motivazione è sufficiente che il giudice enunci, anche in maniera sintetica, l’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri applicati. Tale valutazione, infatti, rientra nella sua area di  discrezionalità e non richiede una  esposizione analitica dei  criteri adottati[6].

«Si tratta della motivazione, cioè del tessuto argomentativo credibile»[7], per cui non si condivide questo lassismo applicativo rivestito della “sintesi“ espositiva, ritenendosi che, al contrario, debba usare acribia argomentativa il giudice in tali casi e per evitare che l’adempimento motivazionale resti nello spazio immoto della petizione di principio. In tale ambito, la motivazione diventa una “garanzia effimera“[8].

 

5. La congrua motivazione preserva il sistema dalla mala gestio del potere discrezionale del giudice

Quando l’ordinamento giuridico affida al giudice quote di discrezionalità, si apre il (si espone al) pericolo che il potere corrispondente degeneri in una mala gestio. L’organo della decisione, in tal spazio, non dovrebbe perdere le sembianze di arbitro[9] e deve assicurare una convincente motivazione, quale adempimento generale ex art. 125 c.p.p.[10] (che schiera i provvedimenti, contro l’amorfismo degli atti processuali). Esiste infatti un vizio di motivazione[11] e questa «si sostanzia nell’esposizione concisa delle ragioni di fatto e di diritto (c.c. apparato giustificativo) che stanno a fondamento del dispositivo  del provvedimento, vale a dir del comando dell’autorità giudiziaria»[12]. In tal senso, quando la lex fori prevede che un atto deve essere integrato dalla motivazione, può parlarsi di atti a forma a vincolata[13].

Il nomen iuris di “sanzione accessoria“ non deve far abbassare la guardia all’interprete, potendo la stessa avere pari forza afflittiva rispetto alla pena vera e  propria. In questa ottica si possono  evocare gli stessi argomenti della c. d. pena nascosta (che impone all’interprete di cogliere e fare emergere la portata effettiva del trattamento negativo, in peius), abbandonando l’ontologismo definitorio[14] - nonché, d’altra parte,  seguendo l’insegnamento secondo cui «appare oziosa un’ontologia dei provvedimenti»[15] - e valorizzando il trattamento applicato, ed anche i riverberi sul piano delle prerogative dell’individuo, quando subiscono una deminutio. Il punto è  anche la sanzione accessoria che si comporta come sanzione punitiva[16]. E «quando dalla considerazione astratta o formale si passa alla valutazione della funzione svolta in concreto dalla pena», le valutazione mutano: «la sanzione è un provvedimento afflittivo…riguardo a chi lo subisce. Le conseguenze giuridiche del reato, prevedute dalla legge penale, sono tutte sanzioni, perché tutte sono in diverso grado afflittive»[17]. Allora la cartina di tornasole deve essere la valida motivazione.

Il processo penale è una forma di conoscenza, di cui i mezzi di prova sono il veicolo[18] nel quadro del modello accusatorio[19] che sormonta l’avvenuta “centralità della prova“ con l’ingresso del codice di procedura penale riformato[20], e «l’accertamento giurisdizionale è obbligatorio»[21]: in tale costrutto  la motivazione lo illumina ed elucida le ragioni della decisione presa.

 

Autore: Avv. Carlo Morselli, Docente “Roma Tre“ Università degli Studi – Giurisprudenza Dipartimento di Eccellenza – Esp. (Dir. pen. e proc. pen.) Master II liv., Docente Università degli Studi LUMSA di Roma – Taranto – Palermo. Dipartimento di Giurisprudenza. 

 

[1] Cass., Pen., sez. IV, in Guida dir., 2022, n.16, 35.

[2] A. Natalini, Omicidio stradale non aggravato: l'applicazione della revoca della patente di guida va sempre motivata, in Norme & Trib.Plus, 14 Aprile 2022.

Ad esempio, v. Cass., Sez. un., u.p. 31 marzo 2022, Pres. Cassano, rel. Dovere, ric. Savini: illegittima, ma non illegale, la pena risultante dall’erronea applicazione della diminuente per il rito abbreviato: le Sezioni unite escludono l’ammissibilità del ricorso per cassazione se la questione non è stata già dedotta in appello (informazione provvisoria), in Sist. pen., 4 aprile 2022.

[3]R. Aniello, La sentenza della corte costituzionale n. 88/2019: ma la revoca della patente è sempre identica?, in Giust. Ins., 14 giugno 2019: «il quarto periodo dell’art. 222 comma 2 cod. str. è stato riformulato dalla legge n. 41/2016, con la previsione che alla condanna o al patteggiamento per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime consegue sempre la revoca della patente di guida, anche ove sia stata concessa la sospensione condizionale della pena…vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore, sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa; in tal caso, l’automatismo della sanzione amministrativa non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice». Altresì, v. G. Leo, Novità dalla Consulta in ateria di omicidio e lesioni stradali, Corte cost., sent. 17 aprile 2019, n. 88, Pres. Lattanzi, Rel. Amoroso, in Dir. pen. cont., 29 aprile 2019.

[4] Cass. Pen., sez. IV, n. 13882/2020, Vivaldi, in C. e. d.  279139; l’obbligo di motivazione debba essere assolto, non già in base ai criteri generali di cui all’articolo 133 del Cp, ma in base ai diversi parametri di cui all’articolo 218, comma 2, del Cds, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento, nell’ottica di Cass., sez. IV, n. 4740/2021, Di Marco, in C. e. d.  280393.

[5] V. Cass. pen. n. 32221/2018:in tema di omicidio colposo, in relazione alla formulazione dell'art. 589 cod. pen. come risultante dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv. in legge 24 luglio 2008, n. 125 - anteriore all'introduzione, ex art. 1, comma 1 e 2, legge 23 marzo 2016, n. 41, delle nuove fattispecie autonome dell'omicidio stradale e delle lesioni personali stradali gravi e gravissime - è configurabile il concorso materiale tra l'omicidio colposo qualificato dalla circostanza aggravante della violazione di norme sulla circolazione stradale, quando detta violazione dia di per sé luogo ad un illecito contravvenzionale, e le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di sostanze stupefacenti  (Cass. pen., sez. IV, sent. n. 32221 del 13 luglio 2018). Ma anche se positivo al test sugli stupefacenti, ciò non basta a considerare alterata la condizione del conducente (v. Cass., sez. IV, 10 novembre 2021, n.40542). V. M. Minervini, L’omicidio stradale e la peculiare rilevanza delle concause, in Penale. Diritto e Procedura, 2019, di commento a Trib. Roma – G.U.P. Dr. Gaspare Sturzo 19.12.202 (dep. 17.02.2021), n. 1934.

[6] Cass. pen., sez. II, n. 12749/2008, Gasparri, in C. e. d.  239754; sez, III, n. 48304 del 20/9/2016, Gioia, ivi  268575; Id., n. 15811/1990, Leonardi, ivi 185876; recentemente, per la sufficienza pure del mero richiamo alle “circostanze del fatto” e/o alla “gravità della condotta”, cfr. sez- IV, n. 11479/2021, Conci, ivi 280832.

[7] M. Chiavario, Diritto processuale penale, Tonino , 2022, 401.

[8] G. Spangher, Le garanzie effimere, in il Penalista, 13 aprile 2022.

[9] «Non si deve credere che il giudice mantenesse il ruolo passivo di arbitro in tutte le circostanze», scrive M. R. Damaška, I volti della giustizia e del potere. Analisi comparatistica del processo, Bologna, 1991, 388 (Introd. di M. Taruffo).

[10] Cass. pen. n. 55199/2018:la motivazione "per relationem" di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto viziata la motivazione con cui il giudice del riesame aveva confermato il decreto di perquisizione e sequestro del pubblico ministero al quale non era allegata la "nota" della Guardia di Finanza, della quale la difesa aveva cognizione solo al momento del giudizio di riesame) (Cass. pen., sez. II, sent. n. 55199 del 10 dicembre 2018).

[11] Così, P. Ferrua, La nuova fisionomia del vizio di motivazione, in Il "giusto processo", Bologna, 2012, 245.

[12] G. P. Voena, Atti, in G. Conso-V.Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2019, 197.

[13] Cfr., in dottrina, P. Tonini, Lineamenti di diritto processuale penale, Milano, 2017, 92: «Atti a forma vincolata. Atti a forma libera». Da ultimo, v. F. R. Dinacci, I tortuosi percorsi della legalità mancata: dalla flessibilizzazione del “tipo" alla libertà delle forme probatorie e all’imprevedibilità della decisione, in Arch. pen., 3 maggio 2022.

Per gli atti amministrativi e l’obbligo della motivazione, v. Consiglio di Stato, sez. V, Sent. n. 268 del 14 gennaio 2022.

[14] Cfr. F. Mazzacuva, Le pene nascoste, in Itinerari di diritto penale. Torino, 2017, 2 s.

[15] F. Cordero, Codice di procedura penale commentato, Torino 1992, 150

[16] «La pena “criminale“...appartiene al genere delle sanzioni punitive» (T. Padovani, Diritto penale, Milano, 2017, 355).

[17] Così, F. Ramacci, Corso di diritto penale, Torino, 2015,  525): “All’interno della categoria delle pene si possono individuare quattro sottocategorie: 1) pene principali…4) pene accessorie“ (G. Marnucci-E. Docini-L. Gatta, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2021, 669).

[18] P. Tonini-C. Conti, Lineamenti di diritto processuale penale, Milano, 2021, 155: «Con l’espressione “mezzo di prova“ si vuole indicare lo strumento processuale che permette di acquisire un elemento di prova».

[19] V. A. Scalfati, Obiettivi processuali e modelli giudiziari, in Aa. Vv., Manuale di diritto processuale penale, Torino, 2018, 7, sui «sistemi, rispettivamente, inquisitorio e accusatorio…Nei sistemi del secondo tipo, la magistratura…fa i conti con le garanzie individuali». Altresì, v. P. Tonini-C. Conti, Manuale di procedura penale, Milano,2021, 4: «Oggi con i termini accusatorio e inquisitorio ci riferiamo ai “tipi“ di processo penale».

[20] V. Grevi-G. Illuminati, Prove, in G. Conso-V.Grevi-M.Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, 2020, 259: «la centralità della prova nell’ambito di un processo caratterizzato dalla adesione allo schema accusatorio».

[21] L. Ferrajoli, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, pref. di N. Bobbio, Roma. Bari, 1996, 27. Sulle decisioni finali, v., A. Diddi, Giudizio, in Aa. Vv., Manuale teorico-pratico di dir. proc. pen., Padova,  2018, 431.