A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI: IL DEFICIT ORGANIZZATIVO ITALIANO ALL’ORIGINE DELL’INOSSERVANZA  DEL RISPETTO DEGLI OBBLIGHI EUROPEI  E LESIVO DEI DIRITTI UMANI, NELL’OTTICA DI CEDU, 21 LUGLIO 2022, N. 5797/17. STRASBURGO DETTA GLI ARTICOLI VIOLATI: 8, 3, 13 (CONVENZIONE  EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO).

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli

 

1. Decisione

La Corte europea dei diritti dell’uomo, nel suo dictum di fine luglio 2022 si è così pronunciata:

L’Italia è responsabile della violazione degli artt. 3 e 8 CEDU per aver collocato un migrante dichiaratosi minorenne in una struttura di accoglienza per adulti priva dei requisiti minimi per garantire condizioni di vita dignitose e adatte alla speciale vulnerabilità del minore, nonché per non aver assicurato le garanzie minime, pur presenti nella normativa applicabile, nell’ambito del procedimento di determinazione dell’età dello straniero, avuto riguardo, in particolare, ai principi generali della preminenza dell’interesse del fanciullo e della presunzione di minore età. Lo Stato convenuto è altresì responsabile della violazione dell’art. 13 CEDU, in combinato con i citati artt. 3 e 8, per l’assenza di rimedi giurisdizionali effettivi nell’ordinamento per contestare efficacemente tali violazioni[1].

 

2. Resoconto

Il caso attiene ad un giovane cittadino gambiano, in Italia nel 2016, che dichiara di essere nato nel 1999. Inizialmente accolto in un centro per minori non accompagnati, poco dopo  veniva trasferito in un centro di accoglienza per adulti, quando, in seguito ad accertamenti medici, il suo sviluppo osseo risultava compatibile con quello di un giovane maggiorenne, di 18 anni. Nessun riscontro sanitario o  referto veniva dato  all’interessato.

Il richiamato centro per adulti era  sovraffollato, senza personale e spazi adeguati. L’ambiente era privo di riscaldamento e la struttura non era dotata di acqua calda. L’assistenza medica  era  carente. Circolavano coltelli e droga e si registravano episodi di prostituzione.

Nel “centro di accoglienza“ il ricorrente incontrava dei legali, che promuovevano istanza per la nomina di un tutore e richiedevano le tutele specifiche che la legge italiana prevede per i minori non accompagnati. L’istanza è passata sotto silenzio, mai esitata, caduta in vacuo.

Nel gennaio 2017, il ricorrente si rivolgeva alla Corte EDU perché apprestasse  la tutela provvisoria ex art. 39 del Regolamento della Corte e venisse prontamente  trasferito in un centro per minori non accompagnati. Dopo circa un mese – in accoglimento della domanda – il ricorrente veniva  trasferito in una struttura ad hoc, adatta ai minori. Un nuovo parere medico, d’altra parte, certificava l’inaffidabilità del metodo seguito nell’originario  accertamento per fissare l’età dell’interessato e le rinnovate  analisi riconoscevano l’età dallo stesso dichiarata, la  compatibilità con le risultanze.

Nel quadro dell’introdotto ricorso, la Corte EDU ha attribuito all’Italia la responsabilità della violazione degli articoli 3 e 8 della CEDU, nonché dell’art. 13 CEDU (in combinato disposto con i detti articoli), in relazione alla mancanza di rimedi specifici  per portare davanti al giudice nazionale le doglianze per le violazioni relative alle condizioni di accoglienza e agli accertamenti sull’età. Lo Stato convenuto è stato così condannato a corrispondere al ricorrente 7.500 euro per i danni non patrimoniali subiti e 4.000 euro per costi e spese sostenuti.

In ordine al citato art. 8, la Corte ha precisato che il diritto nazionale e quello dell’Unione europea  prevedono  tutele specifiche per il minore non accompagnato. Le disposizioni  nazionali, europee ed internazionali chiariscono la rilevanza dell’interesse superiore del minore e del principio della presunzione di minore età nei confronti dei minori migranti non accompagnati, che richiedono pertanto una protezione speciale (par. 132 s.). Siffatte tutele, tuttavia, sono rimaste lettera morta: non sono state allestite dalle autorità italiane nella fattispecie sotto scrutinio, in particolare avuto riguardo al versante della nomina di un tutore o rappresentante e del procedimento di accertamento dell’età (par. 142 s.).

Il principio della presunzione di minore età - si consideri - importa che le procedure adottate dagli Stati per l’espletamento degli accertamenti siano assistite da sufficienti/minime garanzie, ciò che, però, non ha riguardato il ricorrente. Si aggiunga che la sua permanenza in un centro di accoglienza per adulti per oltre quattro mesi è stato motivo di  pregiudizio per il suo diritto allo sviluppo personale e all’instaurazione e al mantenimento delle relazioni interpersonali. Tale esito penalizzante poteva essere scongiurato mediante una diversa collocazione, in un centro specializzato o presso genitori affidatari. Dette  misure sono state poste in essere dalle autorità nazionali aliquanto post: solo dopo un notevole lasso di tempo, successivamente alle misure provvisorie ex art. 39 reg. disposte dalla Corte. L’Italia ha pertanto violato i propri obblighi positivi, intestati dall’art. 8 della Convenzione, di garantire il diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata nel caso concreto (par. 151-157).

In merito all’art. 3 CEDU, la Corte ha accertato ed asseverato la trasgressione del divieto assoluto di trattamenti inumani e degradanti riferibili alla permanenza del ricorrente-minore nel centro di accoglienza per adulti.

Secondo la Corte, il quadro fattuale descritto rappresenta di per una incisiva minaccia alla vulnerabilità e  dignità del ricorrente, ma il Collegio ha anche espresso preoccupazione per le documentate condizioni del centro in parola, una ex struttura militare “convertita“ in un centro di accoglienza per migranti, al fine di gestire  l’importante movimento migratorio in Italia. Ha rilevato che, in forza del carattere assoluto dell’articolo 3 (al pari di una norma di sbarramento, riteniamo), le difficoltà connesse all’accresciuto flusso migratorio e numero dei richiedenti asilo, non sollevano gli Stati membri del Consiglio d’Europa dai loro obblighi di legge (par. 174 s.).

 

3. Diritto. La (necessaria) tutela i diritti umani.

Si impone agli Stati parti alla Convenzione europea[2] il dovere  di valutare la particolare e specifica vulnerabilità in cui versano i minori stranieri non accompagnati. Al riguardo, infatti, è necessario assumere la « consapevolezza che ogni bambino deve essere considerato vulnerabile per il sol fatto di essere una persona al di sotto dell’età di 18 anni»[3]. Alle autorità italiane non è consentito trattare un  minore al pari di un adulto e in ipotesi di dubbio, ratione aetatis, devono procedere ai necessari accertamento e con  il rispetto del (le forme del) contraddittorio, anche minimo, consentendo la partecipazione legale del minore (audiatur et altera pars). Quando lo Stato - quasi “innaturalmente“ e promiscuamente - inserisce un minore in una struttura riservata agli adulti viola il rispetto della vita privata, eo magis se il centro è sovraffollato e igienicamente non attrezzato (neppure dal punto di vista dell’assistenza psicologica e sanitaria): in tal caso si ha una violazione dell’art. 3 della Convenzione, che pone il veto ai trattamenti inumani e degradanti. Una norma di salvaguardia o di garanzia  è quella che  assicura l’esercizio e la tutela dei propri diritti attraversi la nomina di un tutore e di un legale.

In sede di commento, si è obiettato che «la pronuncia della Corte mostra le inefficienze italiane nel garantire il pieno rispetto degli obblighi internazionali ed europei…malgrado…la ratifica della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, avvenuta con legge 27 maggio 1991, n. 176»[4].

Più in generale, in riferimento ai minori stranieri non accompagnati (MSNA) «la minorità rappresenta un valore da proteggere (protezione internazionale dei minori) e i minori possono definirsi quali soggetti deboli, come la recente legislazione (Minniti-Orlando) riafferma (c.d. favor minoris, v. Corte cost., 18 luglio 2013, n. 202). Per una certa categoria di minorità, però, il legislatore ha avuto la sensibilità e avvertito l’esigenza di formulare una sorta di lex specialis, quella sui minori stranieri non accompagnati, e proprio “in ragione della loro maggiore vulnerabilità“»[5]: possiamo chiamarli minori-minori[6].

Si è stabilito, nell’agosto del 2022,  che in forza del diritto dell’Unione (art. 27, par.1, reg. “Dublino III” e artt. 7, 24 e 47 Carta dei diritti fondamentali) lo Stato membro cui è stata rivolta una richiesta di presa in carico (art. 8, par.2, reg. cit.) deve conferire al richiedente protezione minore non accompagnato (art. 2 lett. j, reg. cit.) un diritto al ricorso giurisdizionale avverso la propria decisione di rifiuto, mentre di analogo diritto non dispongono i “parenti” (sulla nozione v. art. 2, lett. h, reg. cit.) di detto minore[7].

Occorre porre sotto tutela i diritti umani[8], «al fine di garantire una tutela effettiva dei diritti umani»[9]. Va riconosciuta la protezione umanitaria allo straniero che nel paese di origine viveva in condizioni di povertà estrema ed è stato costretto a lasciarlo per assicurare la propria sopravvivenza e quella dei familiari, dovendo ritenersi che il rimpatrio lo esporrebbe a una situazione di grave indigenza e degrado tale da mettere a repentaglio i suoi diritti fondamentali mentre ha mostrato di essersi integrato nel tessuto socio-economico italiano e di aver avviato un percorso di inserimento umano e lavorativo[10].

 

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente “Roma Tre“ Università degli Studi – Giurisprudenza Dipartimento di Eccellenza – Esp. (Dir. pen. e proc. pen.) Master II liv., Docente Università degli Studi LUMSA di Roma – Taranto – Palermo. Dipartimento di Giurisprudenza.   

 

[1] Corte europea dei diritti dell’uomo, 21 luglio 2022, ricorso n. 5797/17, Darboe e Camara c. Italia, in Immigrazione.it., 1 agosto 2022 e, anche per il commento, Guida dir., n. 31/32, 3 settembre 2022, 112, Minori stranieri non accompagnati, le inefficienze italiane nel garantire il rispetto degli obblighi europei, a cura di M. Castellaneta.

[2] Il giudice di uno Stato membro investito di una controversia in materia di responsabilità genitoriale non conserva la competenza a statuire su tale controversia quando, nel corso del procedimento, la residenza abituale del minore è stata lecitamente trasferita nel territorio di uno Stato terzo parte della convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 (art. 8, par. 1 reg. (CE) n. 2201/2003, in combinato disposto con l’art. 61, lett. a, reg. cit.): così, Corte di giustizia dell’Unione europea, 14 luglio 2022, causa C-572/21, CC (Transfert de la résidence habituelle de l’enfant vers un État tiers).

[3]K. Touzenis, Prefazione, in Minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, a cura di A. D. Zorzini, collana diretta da P. Cendon, 4, Roma, Aracne, 2013, 9.

[4] Castellaneta, Minori stranieri non accompagnati, le inefficienze italiane nel garantire il rispetto degli obblighi europei, cit., 114, cui si rinvio, in seno al commento, per altri rilievi e richiami di fonti normative.

[5] Così, C. Morselli, La Kafala e i minori non accompagnati. Convenzione di Lanzarote, in Manuale di diritto dell’immigrazione. Profili di diritto penale e di procedura penale, Pisa, Pacini Giuridica, 2022, 178 s.

[6] C. Morselli, Minori-Minori: per i “giochi estremi“ occorre intervenire normativamente per allontanare la prospettiva di una condanna dall’Europa. I nuovi idola: il lascito di Bacone, in Foroeuropa, 2021.

[7] Corte di giustizia dell’Unione europea, (GS), 1 agosto 2022, causa C-19/21, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Refus de prise en charge d’un mineur égyptien non accompagné), in Immigrazione.it., 1 agosto 2022. V. Corte europea dei diritti dell’uomo (GC), 7 dicembre 2021, ric. n. 57467/15, Savran c. Danimarca, sul divieto di trattamenti inumani e degradanti.

[8] La tutela dei diritti umani in Europa. Tra sovranità statale e ordinamenti sovranazionali, Padova, Cedam, 2010, a cura di A.Caligiuri; G. Cataldi; N. Napoletano.

[9] Così, TAR Lombardia, sez. IV, 6 luglio 2022, n. 1599.

[10] Tribunale di Palermo, sez. specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea, 8 aprile 2022, n. 2095.

Il ruolo del giudice nella protezione dei diritti umani: il caso del Venezuela, in Ondif, 9 marzo 2019.

E. Rossi, Un fossile vivente (e necessario): la famiglia tra disciplina costituzionale e mutamenti sociali, in A.I.C., 2/1 marzo 2022.