A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

LA VIOLENZA IN (NO) MEDIAZIONE 

A cura dell’Avv. Krizia Colaianni

 

La Commissione Parlamentare di Inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, istituita con delibera del Senato nell’ottobre 2018 ha depositato il “Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria”, consistente nell’analisi delle indagini condotte presso le Procure della Repubblica, i tribunali ordinari e di sorveglianza, il CSM, la Scuola superiore della magistratura, il CNF e gli ordini degli psicologi. La relazione è stata approvata dalla Commissione nella seduta del 17 giugno 2021, e fornisce indicazioni su quanto siano formati e specializzati i legali su questo tema. Pochi gli elenchi, istituiti in Italia, di avvocati specialisti nella materia. Stesso primato negativo per gli sportelli dedicati, aperti presso i consigli degli ordini professionali.

Tra gli obiettivi che la Convenzione pone agli Stati per l’eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica, è contemplato quello di adottare un approccio integrato da perseguire tramite una collaborazione efficace tra le autorità incaricate dell’applicazione della legge, obiettivo raggiungibile attraverso il coordinamento nella raccolta dei dati sul fenomeno e la conseguente diffusione dei risultati acquisiti. Viene richiesto l’impegno degli Stati firmatari non soltanto a raccogliere a intervalli regolari i dati statistici disaggregati, pertinenti alle questioni relative a qualsivoglia forma di violenza di genere e domestica, ma anche a sostenere la ricerca per studiarne le cause e gli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne, come pure l’efficacia delle misure adottate, vigilando affinché le informazioni raccolte siano messe a disposizione del pubblico.

La Commissione ha quindi ritenuto rilevante accertare, attraverso la verifica della qualità della risposta giudiziaria ad alcune specifiche problematiche, se e come princìpi fondamentali della Convenzione abbiano assunto concreto rilievo traducendosi nella realtà operativa. L’attenzione si è concentrata sugli aspetti più qualificanti dell’attività di alcuni uffici giudiziari più importanti, in quanto sintomatici del grado di efficacia nel contrasto, protezione e prevenzione della violenza domestica e di genere messo in campo dall’Italia, e nello stesso tempo ha valutato il tema della formazione e della specializzazione dei diversi attori dell’attività di contrasto: magistrati, avvocati e psicologi. In base a questionari, le indagini hanno riguardato le procure e i tribunali ordinari e di sorveglianza, il CSM, la Scuola superiore della magistratura, il CNF e gli ordini degli psicologi, focalizzando l’attenzione sul triennio 2016-2018.

Proprio in questa ottica l’Associazione La forza delle Donne, ha proposto ed ottenuto accreditamento per un ciclo formativo presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati- area formazione.

Ma vediamo nello specifico.

L'associazione “La Forza Delle Donne”, di cui è Presidente l'avv. Krizia Colaianni del Foro di Bari, è un'associazione composta da varie figure professionali, tutte volontarie, che persegue lo scopo primario di contrastare la violenza di genere e tutelare, attraverso tre aree specialistiche (legale, psicologica e medica), le donne che si rivolgono all’associazione in quanto vittime di violenza domestica e/o psico-fisica, maltrattamenti e stalking. L'associazione si occupa anche di proporre iniziative di prevenzione, sensibilizzazione e formazione in tutte le sue forme attraverso la realizzazione di progetti ad hoc. Tra questi progetti, in virtù della finalità anche formativa dell'Associazione, è stato ideato un ciclo di incontri in materia di violenza di genere; infatti, in stretta collaborazione con l'Associazione “Futuro@forense, di cui è Presidente l'avv. Nicola Zanni e con il patrocinio del COA Bari, ha organizzato un ciclo di incontri che si terranno a Bari presso la Biblioteca del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bari.

Il primo appuntamento, dal titolo “Violenza in (NO) mediazione”, si è tenuto il giorno 28 settembre 2022 alle ore 15.00, presentato e moderato dalla Presidente de “La Forza delle Donne”, l'avv. Krizia Colaianni, da anni impegnata attivamente sul campo, non solo a livello locale, ma anche nazionale, la quale ha creato una forte sinergia tra associazioni, nonché una rete di professioniste che operano in nome e per conto dell'associazione stessa in altre regioni, tra cui la Basilicata, la Sicilia ed il Lazio. Accanto a lei, in veste di coorganizzatore del ciclo formativo, ci sarà l'avv. Nicola Zanni, Consigliere del COA Bari, nonché Presidente di “Futuro@Forense”. 

Il ciclo di incontri che è partito proprio il 28 settembre ha visto tra i relatori proprio l'avv. Colaianni, unitamente al Dott. Antonio Sabbatella, Presidente dell'Istituto di Studi Europei “Alcide De Gasperi”, i quali ha esaminato lo stato dell'arte a livello europeo sulla violenza di genere. A seguire l'intervento dell'avv. Maria Antonietta Labianca, coordinatrice dell'area legale de “La Forza delle donne”, nonchè componente della commissione eventi dell'associazione “Futuro@forense”, la quale si è soffermata sulla convenzione di Istanbul, in particolare sul tema di (No) mediazione familiare e violenza.

L'avv. Maria Cataldo, Responsabile regionale Anpar Puglia, invece, sull’importante tema della “Conflittualità e violenza dal punto di vista giuridico”; a conclusione del primo ciclo, il Dott. Vincenzo D'Amore, psicologo e psicoterapeuta, nonché socio dell'area psicologica- educativa dell'Assoc. “La forza delle donne” ha trattato lo stesso tema affrontandolo dal punto di vista psicologico.

L’incontro ha offerto vari spunti di riflessione proprio in merito alla citata e disattesa  Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul, è un trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 ed aperta alla firma l'11 maggio 2011 a Istanbul. La convenzione contiene 81 articoli divisi in 12 capitoli. La sua struttura segue quella usata nelle più recenti convenzioni del Consiglio d'Europa. La struttura dello strumento è basato sulle "quattro P": prevenzione, protezione e sostegno delle vittime, perseguimento dei colpevoli e politiche integrate. Ogni area prevede una serie di misure specifiche. La Convenzione stabilisce inoltre obblighi in relazione alla raccolta dei dati e la ricerca di sostegno in materia di violenza contro le donne (art. 11). Nel Preambolo, sono richiamate la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Carta sociale europea e la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, nonché i trattati internazionali sui diritti umani dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale. All’incontro menzionato si è evidenziato come la mediazione familiare vietata (nei casi di separazione e affidamento che coinvolgono donne che hanno subito violenza) proprio dalla Convenzione di Instabul venga poi imposta di fatto, nelle aule dei Tribunali Italiani.

Infatti: quasi il 65% delle avvocate e/o avvocati coinvolti in questi procedimenti dichiara che nei casi considerati ai fini della rilevazione, il Tribunale ordinario invita i genitori alla mediazione familiare, una percentuale inferiore si registra nei Tribunale per i minorenni (35,2%).

Una percentuale ancora più alta di invito alla mediazione familiare si registra da parte del servizio sociale (70%).

Infine quasi il 60% delle avvocate dichiara che sia il Tribunale ordinario che i servizi sociali invitano i genitori a intraprendere un percorso di sostegno alla genitorialità, mentre il 40% delle avvocate dichiara che tale indicazione viene data dal Tribunale per i minorenni. Questa prassi, è in aperta violazione dell’articolo 48 della Convenzione di Istanbul e produce una vittimizzazione secondaria.

Articolo 48 – Divieto di metodi alternativi di risoluzione dei conflitti o di misure alternative alle pene obbligatorie 1 Le parti devono adottare le necessarie misure legislative o di altro tipo per vietare il ricorso obbligatorio a procedimenti di soluzione alternativa delle controversie, incluse la mediazione e la conciliazione, in relazione a tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione". 2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo destinate a garantire che, se viene inflitto il pagamento di una multa, sia debitamente presa in considerazione la capacità del condannato di adempiere ai propri obblighi finanziari nei confronti della vittima. 

Appare quindi evidente che la violenza non viene sostanzialmente riconosciuta dai tribunali civili e per i minorenni, nelle decisioni adottate dai tribunali civili e per i minorenni, la Convenzione di Istanbul non è mai citata come riferimento normativo; in tutti i procedimenti giudiziari presso i Tribunali civili e per i minorenni nonostante il depositato documentazione comprovante la violenza subita dalla donna e la violenza assistita dai minori, la stessa violenza viene riconosciuta solo in minima parte.

La situazione è aggravata poi quando si parla di violenza psicologica, forma di violenza ancora più subdola di quella fisica.

Secondo la Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa, la violenza psicologica contro le donne è reato; tale reato può rientrare in tre categorie.

• In primo luogo, nel contesto della violenza domestica, di cui viene fornita la definizione completa, che include la violenza psicologica esercitata all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra ex o attuali coniugi o partner. Il concetto di violenza domestica si declina a sua volta, in due dimensioni: la violenza ad opera del partner, che avviene tra ex o attuali coniugi o partner, e la violenza intergenerazionale, che avviene solitamente tra genitori e figli.

• In secondo luogo, la violenza psicologica è definita come un delitto doloso in sé, da considerare reato, che compromette gravemente l'integrità psicologica di una persona attraverso la coercizione o le minacce.

• In terzo luogo vi è il reato di stalking, una forma specifica di violenza psicologica. 

La maggior parte degli Stati membri dell'UE presi in esame include la violenza psicologica come componente della violenza domestica o ad opera del partner; soltanto pochi di essi hanno istituito un reato distinto di violenza psicologica all'interno di una relazione tra la vittima e l'autore della violenza. Fatta eccezione per la Finlandia e la Germania, tutti gli Stati membri dell'UE presi in esame – Cipro, Francia, Grecia, Italia, Portogallo, Polonia, Romania e Spagna – configurano la violenza domestica o, specificamente, la violenza ad opera del partner come reato. Nella maggior parte degli Stati membri dell'UE presi in esame, la violenza psicologica rientra nell'ambito della violenza domestica o ad opera del partner ed è identificata come violenza psicologica o mentale, maltrattamento o molestia. Tutti gli Stati membri dell'UE presi in esame contemplano anche reati distinti per rispecchiare il concetto di violenza psicologica.

Non poche sono le ripercussioni che questo ha sui diritti di affidamento  e di visita degli autori di violenza.

La Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa, all'articolo 31, è l'unico strumento giuridicamente vincolante che prevede disposizioni esplicite in materia di affidamento di minori in situazioni di violenza domestica. In tutte le legislazioni degli Stati membri dell'UE presi in esame le disposizioni generali del diritto di famiglia consentono la revoca o la limitazione dei diritti di responsabilità genitoriale. I limiti e le modalità di applicazione di tali disposizioni sono definiti dai tribunali, che godono di ampi poteri discrezionali al riguardo. In alcuni Stati membri dell'UE, la condanna penale del genitore comporta la revoca o la limitazione della responsabilità genitoriale; ciò può accadere come conseguenza automatica, se il reato è stato commesso nei confronti del minore, oppure può essere consentito un margine di discrezionalità ai giudici affinché prendano in considerazione le varie circostanze; tale discrezionalità può essere prevista dalla legge o desunta dalla giurisprudenza. Nei casi di violenza domestica, nell'adozione di decisioni relative all'affidamento e alle visite sembra prevalere la regola generale dell'affidamento condiviso indipendentemente dal comportamento violento di uno dei genitori. La legislazione degli Stati membri dell'UE presi in esame indica che, nei casi in cui è stato concesso l'affidamento esclusivo al genitore vittima di violenza, i limiti e le modalità con cui l'altro genitore può esercitare il suo diritto di visita sembrano risentire maggiormente della violenza perpetrata.

Lo stato italiano ha prestato negli anni sempre più attenzione al tema della violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ma lo ha fatto quasi esclusivamente sul versante normativo ed in particolare sul versante della criminalizzazione delle condotte.

Il problema della cultura sessista e misogina della società italiana a tutti i livelli e la carenza di educazione sin dalla scuola, ma anche nella formazione professionale in tutti gli ambiti, che superi la visione stereotipata dei ruoli uomo-donna; il problema dell’accesso alla giustizia per le donne vittime di violenza, le criticità nel procedimento penale, ma soprattutto in ambito civile con la sempre più devastante interpretazione della regolamentazione dell’affidamento figli/e nei casi di violenza; e ancora le problematiche specifiche delle donne migranti; tutti temi che necessitano investimento, culturale ed economico.

Ecco perché come Associazione di volontariato in collaborazione, anche con l’ISE Alcide De Gasperi abbiamo deciso di autoinvestire in questo ciclo di incontri formativo che prevede una serie di ulteriori appuntamenti che si terranno nei mesi successivi con relatori che si alterneranno nelle varie tematiche che, volta per volta, verranno approfondite sia dal punto di vista giuridico sia psicologico.