A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

DIRITTO DELL’IMMIGRAZIONE: INGRESSO (CONDIZIONATO) DELLO STRANIERO IN ITALIA E TRAFFICHING/SMUGGLING OF MIGRANTS. LA C.D. PORNOGRAFIA MINORILE DOMESTICA

 Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli

 

Sommario: 1. Il c.d. reato ostativo (all’ingresso dello straniero in Italia) - 2. La vulnerabilità del  minore, esemplificativamente, connessa con la pornografia minorile (c.d. pornografia minorile domestica). 3. Traffiching/ smuggling of migrants.

 

1. Il c.d. reato ostativo (all’ingresso dello straniero in Italia).

Rispetto al fenomeno generale dell’immigrazione e al numero degli sbarchi in Italia[1], una vicenda preclusiva, sul piano normativo e ratione criminis, condiziona lo straniero già all’orizzonte  del suo ingresso  in Italia. Al riguardo, del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), l’art. 4 (Ingresso nel territorio dello Stato) nel suo segmento interna corporis del comma 3, considerando la (sola) sentenza di condanna in primo grado, prevede che non è ammesso l’ingresso in Italia dello straniero. Specificamente, rileva la condanna anche resa con decisione «non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite».

Si tratta del c.d. reato ostativo[2] e di una tutela (o autotutela) anticipata poiché coinvolge, il presunto innocente, tale per “diritto costituzionale“, cioè ai sensi dell’art. 27 comma 2 Cost. (L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva). Agli occhi del legislatore, certi reati - occorre lumeggiare - sono espressione di una spiccata carica criminosa, nel terreno del disvalore sociale, per cui non occorre attendere che si concluda la latitudine temporale o parabola della sentenza definitiva, affinché operi il meccanismo selettivo dell’ingresso dello straniero nel suolo italiano.

Così la norma del Testo unico sull’immigrazione, l’art. 4 del TUI citato,  pone un assoluto automatismo (almeno prima facie) nello sbarramento in personam. Ma, come recentemente notato da Consiglio di Stato 2022, «tale automatismo viene mitigato dalla disposizione di cui al comma 5 dell’articolo immediatamente successivo: “nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero, che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'art. 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”»[3] [4].

Riassuntivamente, l’accesso dello straniero nel territorio dello Stato non è libero e incontrollato, ma sub condicione  (‘‘ingresso condizionato’’[5]).

La sufficienza della sentenza di primo grado, d’altra parte, trova posto anche in area fuori dal Testo Unico.

Con il decreto legge 34/2020, all’art. 103, il legislatore ha formulato la procedura di regolarizzazione avuto riguardo i cittadini stranieri “irregolari” sul territorio italiano e per la tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza dell’ eccezionale emergenza sanitaria da Covid-19.

L’art. 103 DL 34/2020 (Emersione di rapporti di lavoro), che ha previsto un duplice canale di “regolarizzazione” della posizione dello straniero, altresì  ha escluso dalla indicata  procedura tutti i cittadini stranieri nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dell’articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni (art.10, lett. a), e che - tra l’altro - «siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti sostanze stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite» (art. 10, lett. c)[6] [7].

In questo modo o in questa misura o «reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite» diventano una classe eponima (quando sovraintende diverse aree normative), specie relativamente ai minori e alla loro specifica vulnerabilità.

 

2. La vulnerabilità del minore, esemplificativamente, connessa con la pornografia minorile (c.d. pornografia minorile domestica)

Per il profilo relativo alla vulnerabilità dei minori, si consideri, brevemente, la materia della pornografia minorile, che interseca la vasta categoria  dei delitti contro la libertà individuale previsti dal Codice penale, al Capo III, sez. I (per esempio, Art. 600 — Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù; Art. 600 bis — Prostituzione minorile; Art. 600 ter — Pornografia minorile; Art. 600 quater — Detenzione o accesso a materiale pornografico).

Un imputato veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati previsti e puniti dagli art. 603-ter, quarto comma, e 603 quater, cod. pen., avendo instaurato con una minorenne una relazione intima e avendo diffuso materiale pedopornografico (divulgandolo sui Social network Faceboock) e che ritraevano a stessa nell’atto di compimento di atti sessuali. I reati risultavano integrati. Dopo la Corte di appello il caso giungeva in Cassazione. Nel 2021 la Terza sezione rimetteva gli atti alle Sezioni Unite (la quaestio ruotava attorno «agli argomenti di dissenso rispetto alla decisione delle Sezione unite  n. 51815 del 2018»). Secondo la sentenza del massimo Collegio del 9 febbraio 2022 è consumato il reato di pornografia minorile nel caso di diffusione di materiale erotico con un minore, essendo di nessun rilievo (quale apporto “a discarico“, potremmo aggiungere) un suo eventuale consenso[8].

Si è  nel campo della c.d. pornografia minorile domestica[9]. In un ciclo pluriennale, sono intervenute  contrastanti decisioni di legittimità, concentrate fondamentalmente sull’interrogativo  se un minore possa validamente prestare il consenso alla realizzazione di immagini e video di contenuto intimo. Rilevano la consistenza del c.d. bene giuridico protetto (dalla norma ad hoc), la dimensione del paradigma  “utilizzazione” del minore, la diffusione dei materiali pornografici prodotti col consenso del minore e fatti “circolare“. In una parola, è il concesso di “offensività“ che incide sulla problematica.

Bisognerebbe distinguere fra “circolazione interna“ e “circolazione esterna“, poiché riposano su due piani diversi la produzione “privata” e la produzione “pubblica“ quando valica i confini della prima ed è rivolta a fini diffusivi. Il divieto dovrebbe operare  in ordine alla diffusione a terzi delle immagini, perché l’ostentazione consente di trapassare il livello di quelle immagini dalla sfera privata a quella esogena.

Poziore deve essere la  tutela del minore, la cui sfera deve essere salvaguardata nel suo interesse. Ma il punto fermo da cui partire è se la sfera intima del minore ricada in una materia disponibile o meno, e ricordando che per definizione, poiché soggetto vulnerabile non ancora maturo, il minore non ha piena autonomia, ciò che spiega la “superiore protezione“ instaurata con l’istituto della c.d. responsabilità genitoriale (in tale contesto, i figli minori non emancipati sono presunti essere incapaci di curare i propri interessi). Quest’ultima però deve pure avere un ruolo nelle “pieghe“ del fatto criminoso, quando interroga i genitori in merito allo ius vigilandi: se e in che limiti una maggiore vigilanza e una più puntuale e costante educazione da parte i genitori avrebbero potuto neutralizzare e  “assorbire“ il circuito diffusivo della circolazione di materiale dannoso per i minori. La circolazione con immagini e video  così diventa “pubblica“ per il circolo divulgativo che si innesta. In tale senso bisognerebbe “responsabilizzare“ maggiormente i genitori: una culpa in omittendo dovrebbe essere sempre stigmatizzata per ogni reato di pedopornografia minorile, di raggio domestico, sul presupposto che la sessualità per un minore deve restare nella sua sfera strettamente intima, senza sbocchi esterni perché “incrocia“ l’area del divieto. Il minore non può disporre della sua sessualità incontrollatamente.

La responsabilità dell’adulto per la “circolazione“ del materiale pornografico è riconoscibile, tranne che lo stessi dimostri che la diffusione non gli è imputabile, e potrebbe escludersi soltanto se mostri e dimostri“ di aver adottato le necessarie cautele per scongiurarla o di non averla potuto impedire in nessun modo.

Il quadrante  normativo  è rappresentato  dall'art. 600-ter c.p., introdotto dalla legge 3 agosto 1998, n. 269, il quale, a esito a diverse modifiche legislative, all’art. 600-ter c.p., incrimina nell’incipit (del suo primo comma), chiunque, avvalendosi di minori degli anni diciotto, realizzi “ostentazioni pornografiche o“ produca materiale pornografico ovvero induca minori degli anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche. La norma è stata introdotta per allineare l’ordinamento italiano con quello internazionale, al fine di garantire e proteggere, al pari di un usbergo, l'integrità fisica e psichica del minore.

 

3. Traffiching/ smuggling of migrants

L’art. 8 del d.lgs 4 marzo 2014, n. 24 ha operato un innesto all’art. 18 T.UI., relativamente alla tessera del comma 3 bis, del seguente tenore: «per gli stranieri e per i cittadini di cui al comma 6-bis del presente articolo, vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale, o che versano nelle ipotesi di cui al comma 1 del presente articolo si applica, sulla base del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, di cui all'articolo 13, comma 2-bis, della legge 11 agosto 2003, n. 228, un programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale che garantisce, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria, ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 228 del 2003 e, successivamente, la prosecuzione dell'assistenza e l'integrazione sociale, ai sensi del comma 1 di cui al presente articolo».

Per costoro, per le vittime[10] quindi, trova posto - nella cornice del Piano nazionale d’azione contro la tratta e lo sfruttamento di esseri umani - un programma unico, che assicuri l’ombrello protettivo dell’assistenza ed integrazione sciale.

Si è scritto che «è necessario distinguere fra vittime e semplici migranti irregolari. Fra traffiching e smuggling o di mera immigrazione illegale autonoma»[11], anche se nel lessico comune le formule tratta di essere umani (traffiching in human beings) e traffico di migranti (smuggling of migrants) non  hanno margini di sicura demarcazione [12].

Si registrano forme di “prostituzione negoziata“ o di «sfruttamento apparentemente meno stringente, in cui alle vittime vengono lasciati maggiori vantaggi ed apparenti libertà di autodeterminazione»[13].

In tale cornice, l’immigrazione viene “agganciata“ per inserirla nella locupletazione del traffico criminoso.

 

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente “Roma Tre“ Università degli Studi – Giurisprudenza Dipartimento di Eccellenza – Esp. (Dir. pen. e proc. pen.) Master II liv., Docente Università degli Studi LUMSA di Roma – Taranto – Palermo. Dipartimento di Giurisprudenza.  

 

[1] Numero di migranti sbarcati al 15 ottobre 2022. Ministero dell’interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. Cruscotto statistico del 15 ottobre 2022, in Immigrazione.it., 2022. Il grafico riportato illustra la situazione relativa al numero dei migranti sbarcati a decorrere dal 1 gennaio 2022 al 15 ottobre 2022 (75.366) comparati con i dati riferiti allo stesso periodo degli anni 2020 e 2021.

[2] V. T.A.R. Lombardia, sez. I, 19 giugno 2020, n. 1136, in Immigrazione.it., 2020. In materia di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, la tutela rafforzata di cui all’art. 9 TUI non si applica solo a coloro i quali hanno richiesto il permesso per soggiornanti di lungo periodo, ma anche a chi ha maturato la condizione per il rilascio di siffatto titolo, come chiarito dalla Corte costituzionale. È pertanto illegittimo il diniego opposto automaticamente – quindi senza una valutazione circostanziata e individualizzata – allo straniero condannato per reato ostativo [nella specie, per i reati di cui agli artt. 648 e 474 c.p.] il quale si trova in Italia da oltre cinque anni svolgendovi attività lavorativa, ha stabilito, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7 luglio 2022, n. 5660, ivi, 2022: «FATTO 1. Con ricorso depositato dinanzi al Tar Emilia Romagna, sede Bologna, il signor -OMISSIS- cittadino senegalese, ha impugnato il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno adottato dal Questore di Ravenna il 28 ottobre 2015, opposto sul rilievo che lo straniero era stato condannato per reato ostativo alla permanenza sul territorio nazionale ex art. 4, comma 3, D.lgs. n. 286 del 1998».

[3] Sono rimesse alla Corte costituzionale le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, co. 3, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per contrasto con agli artt. 3, 117 primo comma Cost. in riferimento all’art. 8 CEDU, nella parte in cui, richiamando tutti “i reati inerenti gli stupefacenti”, prevede che la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, DPR n. 309 del 1990, sia automaticamente ostativa al rilascio ovvero al rinnovo del titolo di soggiorno, non permettendo il necessario bilanciamento tra la condotta penalmente rilevante e tutte le circostanze che attengono al diritto fondamentale alla vita privata (Consiglio di Stato, sez. III, 1 luglio 2022, n. 5492, in Immigrzione.it., 2022).

[4] Sul segnalato automatismo, si è stabilito che vanno rimesse alla Corte costituzionale le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, co. 3, d.lgs. n. 286/1998, per contrasto con agli artt. 3, 117 co. 1, Cost. in riferimento all’art. 8 CEDU, nella parte in cui la disposizione del TUI prevede che il reato di “introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi” (art. 474 c.p.), sia automaticamente ostativo al rilascio ovvero al rinnovo del titolo di soggiorno. Infatti, a parere del Giudice rimettente, non permettendo all’Amministrazione di effettuare il necessario bilanciamento tra la condotta penalmente rilevante (che presidia il bene della sicurezza pubblica) e le circostanze che attengono alla vita privata dell’interessato, il meccanismo automatico in questione integra una violazione della Convenzione e rappresenta un vulnus di tutela insanabile in via interpretativa (Consiglio di Stato, sez. III, 23 giugno 2022, n. 5171, in Immigrazione.it., 2022).

[5] E’ la formula di sintesi che - si aggiunga - riassume il requisito documentale richiesto dalla legge allo straniero che intende accedere al territorio dello Stato, e quello locativo per il quale l’accesso può  avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera. Frontiera, V. art. 4, co. 1, T.U.I.: e l’art. 10, co. 2, T.U.I. prevede il respingimento con accompagnamento alla frontiera, disposto dal questore, per lo straniero che sia entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, previsti dall’art. 7 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394  (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

[6] Consiglio di Stato, sez. III, 30 agosto 2022, n. 7581, in Immigrazione.it., 2022: è annullato il provvedimento che dichiara inammissibile la richiesta di permesso temporaneo ex art. 103, co.2, d.l. n. 34/2020 inoltrata dal richiedente asilo che vanta poche giornate lavorative nel settore agricolo [nel caso di specie, sette]. Infatti, al di là del testo delle circolari interpretative adottate dal Ministero, a cui il giudice non è vincolato, non si ravvisa alcun elemento di carattere testuale, sistematico e teleologico nel dettato normativo per escludere dall’emersione il richiedente protezione internazionale. Inoltre, in assenza di previsioni normative di rango primario, non assume rilievo l’effettiva durata di tale rapporto di lavoro [Nella fattispecie, il provvedimento è altresì viziato nella motivazione, atteso che il solo riferimento all’assoluta carenza dei presupposti essenziali previsti dall’art. 103, co. 2, non rende intelligibile quali, tra le diverse condizioni indicate dalla legge, fosse in concreto carente, non valendo a sostenere la congruità della motivazione il fatto che il provvedimento sia stato reso in forma semplificata (art. 2, co. 1, l. n. 241/1990) né essendo possibile sanare l’oscurità del decreto questorile in sede di giudizio]. Altresì, v., similmente,  Consiglio di Stato, sez. III, 26 agosto 2022, n. 7477, ivi.

In tema, v. TAR Toscana, sez. II, 21 marzo 2022, n. 363, ivi. TAR Lombardia, sez. I, 19 giugno 2020, n. 1136, cit.

[7] I permessi di soggiorno per «casi speciali» (ipotesi di cui agli artt. 18, 18-bis e 22, comma 12-quater, del t.u. immigrazione), sostituiscono i precedenti permessi di soggiorno «per motivi di protezione sociale», «per vittime di violenza domestica» e «per particolare sfruttamento lavorativo», dei quali mantengono sostanzialmente invariata la portata. In particolare, lo speciale permesso di cui all’art. 18 del t.u. immigrazione è rilasciato dal questore quando siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento della prostituzione, al fine di consentirgli di sottrarsi alla violenza e a detti condizionamenti nonché di partecipare a un programma di assistenza e integrazione sociale.

Il permesso di cui al successivo art. 18-bis è rilasciato dal questore a fronte di accertate situazioni di violenza o abuso per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza domestica, con ciò intendendosi «uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima».

Il permesso di cui all’art. 22, comma 12-quater, è rilasciato dal questore nelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo, allo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro (Corte costituzionale, sentenza del 20 giugno 2019, n. 194).

[8] Cass. pen., sez. un. 9 febbraio 2022, n. 4614, Pres. Cassano, est. Sarno, in Sist. pen.,  15 Aprile 2022, L’introduzione giurisprudenziale di una clausola di non punibilità per la “pornografia minorile domestica”: pensieri critici, a cura di D. Rosani. Dunque, integra gli estremi di  reato diffondere il video erotico con un soggetto minore ancorché lo stesso acconsenta e così le Sezioni Unite chiariscono l’identità del reato di utilizzazione di minore e diffusione di materiale pedopornografico (sentenza n. 4616/2022).

Ecco la quaestio, che coinvolge, per così dire, del reato, sia l’an che il quantum: se, e in quale misura e quindi entro quali limiti, la condotta di produzione e circolazione  di materiale pornografico posta in essere con il (contributo asseverativo, cioè il) consenso del minore ultraquattordicenne, nel quadro di una relazione con persona maggiorenne, integri il reato di cui all'art. 600-ter primo comma, n. 1, c.p.

[9] Già, v. S. Bernardi, Le Sezioni unite chiariscono i limiti della (ir)rilevanza della “pedopornografia domestica” ai sensi dell’art. 600-ter c.p., in Sist. pen., 25 febbraio 2022.

[10] Specialmente, v. M. Pelissero, Il controllo penale del traffico di migranti: il migrante come oggetto e come vittima, in V. Militello, A. Spena, (a cura di), Il traffico di migranti. Diritti, tutele, criminalizzazione, Torino, 2015, 116; G. Cerami, Commento alle modifiche apportate al codice penale dal D.Lgs. 4 marzo 2014 n. 24 di “attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime”, in Diritti dell’uomo, 3, 2014, 597 s.

[11] Rinviandosi a C. Morselli, Manuale di diritto dell’immigrazione. Profili di diritto penale e procedura penale, Pisa, Pacini Giuridica, 2022, 113 s.

[12] In giurisprudenza, v. Cass., se. un., 21 luglio 2018, Pres. Carcano, in Dir pen proc., 15 giugno 2018.

In dottrina, v. F Urban, La legislazione penale italiana quale modello di attuazione  della normativa sovranazionale e internazionale anti-smuggling e anti-trafficking, in Dir. pen. cont., 15 maggio 2018.

C. Ferrara, Il traffico e la tratta di esseri umani, in V. Militello, A. Spena (a cura di), Il traffico di migranti. Diritti, tutele, criminalizzazione, Torino, 2015, 143; F. Spiezia, M. Simonato, La prima direttiva UE di diritto penale sulla tratta di esseri umani, in Cass. pen., 9, 2011, 3197B; R. Alfonso, Il coordinamento nazionale delle indagini per il traffico di esseri umani, in G. Tinebra, A. Centonze (a cura di), Il traffico internazionale di persone, Milano, 2004, 127 s.; E. Zanetti, L’approccio “integrato” dell’UE nella lotta alla tratta degli esseri umani, in T. Rafaraci (a cura di), La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale dell’UE dopo il Trattato di Lisbona, Milano, 2011, 339 s.; L. Goisis, L’immigrazione clandestina e il delitto di tratta di esseri umani. Smuggling of migrants e trafficking in persons: la disciplina italiana, in Dir. pen. cont., 18 novembre 2016, 4.

[13] D.Mancini, Il cammino europeo nel contrasto della tratta di persone, in Dir. pen. proc., 2010. 1115.