A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

PROCESSO PENALE. LA NOTIZIA DI REATO NELLA RECENTE RIFORMA C.D. CARTABIA E L’ART. 6 CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO 

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli 

 

1. Prima della c.d. riforma Cartabia e dopo.

L’art. 330 del c.p.p. 1988  si occupa della notizia di reato in senso soggettivo, nella vicenda acquisitiva. I soggetti istituzionali sono due: pubblico ministero e polizia giudiziaria e questa svolge tale attività di ricerca ai sensi dell'art. 55 c.p.p.[1]. Siffatta attività inventiva riveste, però, carattere complementare nell’ottica del successivo art. 56 c.p.p.: 1. Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell'autorità giudiziaria.

In senso oggettivo, la norma riguarda  la notizia di reato, appresa ex se o ab extra. «L’iscrizione “oggettiva”. Disciplinare con maggior puntualità la registrazione della notitia criminis si rendeva necessario»[2] «al duplice fine di assicurare certezza e omogeneità a un atto che segna la decorrenza del termine delle indagini preliminari e di offrire parametri oggettivi di riferimento al giudice che […] viene ora chiamato a valutare la tempestività dell’iscrizione»[3].

L’art. 331 c.p.p. 1988 si riferisce alla denuncia da parte dei pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio, in ordine alla notizia di un reato perseguibile di ufficio, ancorché in incèrtam persònam.

Con la c.d. Riforma Cartabia, la notizia di reato  è venuta alla ribalta, premettendosi i due versanti coinvolti: «nel tradurre le disposizioni della legge delega in norme processuali, il legislatore delegato delinea un modello procedimentale che, nella generale prospettiva di introdurre efficaci forme di controllo sulla gestione dei tempi delle indagini, persegue l’obiettivo di sottrarre il momento delicato della iscrizione della notizia di reato – intesa nella sua componente oggettiva e soggettiva – a un duplice rischio: da un lato, quello di considerare tale atto un mero adempimento formale, con conseguente possibile iscrizione di notizie di reato generiche e di soggetti raggiunti da meri sospetti, con possibili effetti pregiudizievoli nei loro confronti; dall’altro, il rischio opposto di richiedere, ai fini dell’iscrizione, requisiti troppo stringenti, con la conseguenza di ritardare sia il termine di decorrenza delle indagini, sia l’attivazione delle garanzie riconosciute alla persona sottoposta alle indagini»[4].

Con la Riforma del 2022 si è calato un focus sulla notizia di reato  sottoponendola ad una severa prova da sforzo. L’obbiettivo perseguito - può esplicitarsi - è stato quello di “smaterializzarla“, una volta individuato nella iscrizione della notizia di reato uno snodo fondamentale del flusso iterativo degli atti e su cui intervenire incisivamente. Nell’adempimento della (semplice) iscrizione si è trovato il locus minoris resistentiae dell’architrave del procedimento penale veloce ed improntato alla massima speditezza.

Si è avvertito o segnalato, all’orizzonte della Riforma Cartabia, che «il legislatore si è mosso con un’unica idea: evitare la celebrazione dei processi. In quest’ottica vanno lette tutte le novità. In pratica, l’obiettivo non è la semplificazione dell’iter procedimentale del singolo processo, che, anzi, in alcuni casi è assai più complesso, ma piuttosto “l’abbattimento” del numero dei procedimenti. E proprio sul tema delle indagini…il legislatore invita, quasi ossessivamente, a non mettere in moto il procedimento processuale…Si deve iscrivere di meno»[5].

 

2. Art. 335 c.p.p. Nasce la “persona indiziata“.

L’art. 15 del d. lgs n. 134 del 2021 ha apportato modifiche  all’art. 335 cod. proc. pen. introducendo due nuovi articoli (335-ter e quater), con l’intento di assicurare la correttezza anche temporale dell’iscrizione, con riflessi sui termini di durata delle indagini laddove decorrono dalla formale e corretta iscrizione (termini allineati).

Con le modifiche apportate all’art. 335 cod. proc. pen. (in rubrica Registro delle notizie di reato), il legislatore rinsalda i presupposti per l’iscrizione della notizia di reato e del nome della persona a cui lo stesso è ascritto.

I “compilatori“ della c.d. legge Cartabia hanno notevolmente innovato in materia di iscrizione nominativa, richiedendosi per tale adempimento documentale, oltre il dato onomastico, il carico degli indizi. Riferiti all’illecito penale, all’iscrizione corrisponde una ascrizione della penale responsabilità, rebus sic stantibus e in ipotesi: nasce la “persona indiziata“ per iscrizione del suo norme nel registro delle notizie di reato. Fin quando tali indizi non sopravvengono, non si può iscrivere il nominativo (dovere negativo) e se dopo un certo tempo non intervengono il P.M. potrebbe rinunciavi.

Dopo l’acquisizione della notizia di reato, mancando gli indizi, le indagini entrano in un binario morto perché manca la necessaria iscrizione nominativa e in tal caso non si possono aprire le indagini in personam o il P.M. intraprende una ricerca innominata (preindagini?) per la individuazione degli indizi (nel ruolo, anticipato, di parte, contra reum).

L’indirizzo è quello del divieto di iscrizioni nominative “scariche“ quanto agli indizi. Sono permesse le iscrizioni onomastiche “a carico“, per l’incidenza degli indizi. La differenza che si coglie è quella dell’emersione di due piani, di cui uno è inclinato: l’iscrizione nel registro “scarica“ degli indizi individuali è sospesa, attendendosi o ricercandosi il corrispondente intervento. Oltre al piano negativo, si coglie quello positivo: si procede all’iscrizione nominativa in via corrispondente, allorché il soggetto preindividuato è “raggiunto“ da un carico probatorio predicabile.

 

3. Il segreto investigativo

Il regimo tipico è quello della segretezza, come finora è sempre stato e come attualmente è nonostante la nuova previsione degli indizi, la quale mantiene lo status quo, nessuna incidenza avendo avuto sulla possibile conoscenza delle indagini a fini partecipativi (per esempio, avviando subito le investigazioni difensive   e presentandosi l’indagato al P. M. per rendere dichiarazioni spontanee).

O il legislatore non si è reso conto che l’avere imposto un livello indiziario per le iscrizioni apre il discorso sulle garanzie corrispondenti e quindi ignora l’impatto sulle stesse oppure non ha voluto affrontare la questione del necessario “ bilanciamento “ prevedendo una informativa di garanzia sul modello dell’art. 367 c.p.p. e che nel nostro caso dovrebbe riguardare la conoscenza di essere “ persona indiziata di reato “ ai sensi dell’art. 335 1-bis c.p.p., quindi inviata ante tempus rispetto all’informazione di garanzia.

Gli indizi enucleati a carico dell’inquisito collocano le indagini in uno stadio avanzato in quanto quelli sono assicurati al patrimonio del procedimento penale, ciò che dovrebbe autorizzare a ritenere che il mantenimento del segreto investigativo perda sensibilmente terreno. In questo ordine di idee, si potrebbero  recuperare   quote di par condicio.

L’indagato deve potere partecipare, in regime di equità, al “suo“ procedimento, per evitare la deminutio del lavoro investigativo totalmente unilaterale. Anche la Costituzione milita per una conoscenza tempestiva della propria condizione, all’art. 111  -  sul c.d. giusto processo  -  comma 3. Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa.

Pure l’art. 6 Convenzione europea dei diritti dell’uomo - sull’equo processo - è riferito all’accusato al § 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di: (a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico; (b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa.

Quindi, in tema di parità di armi, può parlarsi di   un  diritto alla discovery .

La “persona indiziata“ è figura similare rispetto alla “persona accusata“ (così nella Convenzione europea) e in senso lato (e non rigoroso) la prima è ricompresa nella seconda, assimilabile appunto. La previa conoscenza dell’addebito è l’esigenza che si pone per l’indiziata, e se le discrasie linguistiche sono state già segnalate le stesse non devono bloccare o pregiudicare l’analisi, procedendo per ambiti consimili. L’esigenza, indicata, è concreta e non astratta e viene calibrata proprio sulla c.d. persona indiziata, ciò che dovrebbe rendere compatibile l’informazione con il c.d. segreto istruttorio mantenuto prima che si consolidi la figura, così impegnativa ed evocativa. In questo contesto, «la logica della Corte EDU si muove secondo una tangibile peculiarità, frutto delle note caratteristiche dell’organo giudicante, chiamato a valutare l’equità del procedimento seguito…il controllo si dimostra eminentemente concreto: è muovendo dai singoli casi che la Corte enuncia parametri idonei a delineare quando il processo sia giusto»[6].

La registrazione della notizia di reato, la medesima notizia, è diventata un’operazione complicata. Nello specchio dell’art. 335 c.p.p., in versione Cartabia del 2022, l’adempimento viene sdoppiato, uno necessario l’altro eventuale, quando la registrazione è nominativa. La registrazione è sempre post factum, per definizione, ma quando include l’aggiunta del nome della persona alla quale il reato è attribuito, si richiede una seconda addizione[7]. L’implementazione ha ad oggetto il carico del compendio probatorio di tipo indiziario raccolto preliminarmente, che presuppone una ricerca, ciò che sposta in avanti l’iscrizione (iscrizione-ascrizione in personam).

Il p.m. diventa organo di ricerca degli indizio, ma l’inventio provoca una distantia temporis.

Il tema della “ricerca“  possiede un carattere evocativo: vigente il codice Rocco, la dottrina ha dibattuto se il pubblico ministero fosse legittimato ad assumere iniziative prima dell’intervento della notizia di reato, per scoprirla.

Si parlerebbe in questi casi, nel vigore del codice Vassalli, di «preindagini» o indagini pre-procedimentali[8] .

 

4. Formazione e informazione

L’oscillazione è tra formazione e informazione[9]: il P.M. di norma dovrebbe assumere “informazioni“ della notizia di reato e non formarla e ciò per definizione: «La notizia di reato è un’informazione che permette alla polizia giudiziaria e al pubblico ministero di venire a conoscenza di un illecito penale»[10].

Questo assetto, quoad indicium, può diventare, tendenzialmente appunto, straripante[11], tuttavia si ritiene che l’andamento binario della registrazione rappresenti un meccanismo di garanzia. L’esercizio in due tempi dell’unico potere-dovere di registrazione pare che obbedisca ad una forma di tutela del cittadino, che prima di essere esposto alla mutatio della sua condizione (da libero e specchiato cittadino, viene maculato dall’apertura delle indagini al cui vincolo viene sottoposto), è necessaria una conferma, costituita dagli indizi. Per detta convalida, si è inserito il nuovo filtro indiziario.

Ma è un filtro a doppio taglio, e senza che la novella Cartabia, molto probabilmente, ne abbia avuta reale e piena consapevolezza, per le conseguenze che trascina e ancor prima per i presupposti. In realtà, si tratterebbe di gravi indizi, quoad effectum; il riferimento  alle gravi o pesanti conseguenze che provoca, anche destabilizzanti (individuali e societari: pensiamo a chi è a capo di una complessa ed estesa società commerciale)[12], la registrazione nominativa che risulta. Si sono ricercati gli indizi unilateralmente e senza che il proto-accertamento indiziario risulti, poi, bilanciato dalla “disputabilità“ di siffatta nuova condizione, di soggezione alle indagini del soggetto che lo vedono, conseguentemente, indagato.

 

Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente Master in Diritto penale e Procedura penale dell’immigrazione, Università degli studi Guglielmo Marconi-Roma. 

 

[1] 1. La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale [347-357 c.p.p.].

[2] A. Camon, Registrazione della notizia di reato e tempi dell’indagine, in Arch. pen., 2023, n.1, 1  e 8: «la disciplina sui tempi dell’iscrizione si articola oggi su due livelli: per l’iscrizione oggettiva basta la mera rappresentazione d’un fatto (purché non inverosimile); per quella nominativa occorrono indizi».

[3] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, in Gazz. uff., 19 ottobre 2022, serie generale, n. 245, supplemento straordinario n. 5, 246

[4] Penale e Sorveglianza, R. G. Maruotti, Brevi osservazioni sulle modifiche in tema di iscrizione della notizia di reato, in La Magistratura, 5 novembre 2022 (l’A. è Sostituto Procuratore della Repubblica in servizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rieti).

[5] Cfr. R. Aprati, Le nuove indagini preliminari fra obiettivi deflattivi ed esigenze di legalità, in Giust. Ins., 20 dicembre 2022.

[6] C. Valentini, Contraddittorio, immediatezza, oralità, in Le ragioni del garantismo, dir. da A. Gaito-E.Marzaduri-O.Mazza-F.R.Dinacci, I princìpi europei del processo penale, a cura di A. Gaito, Roma, 2016, 451.

[7] M. Bontempelli, Le indagini preliminari,  in O. Dominioni-P. Corso-A. Gaito-G. Spangher-N. Galantini-L. Filippi-G. Garuti-O. Mazza-G. Varraso-F.R.Dinacci-B. Bontemepelli-E.M. Mancuso-C. Iasevoli, Procedura penale, Torino, Giappichelli, 2023, 523: «L’iscrizione soggettiva può avvenire successivamente all’iscrizione oggettiva sia nell’ipotesi in cui la notizia di reato venga presentata o trasmessa al pubblico ministero con un mezzo tipico…sia nell’ipotesi in cui la notizia venga acquisita di propria iniziativa, nel corso delle indagini pre-procedimentali. Al contrario, quando emergono indizi a carico della persona nei cui confronti vengono compiute attività ispettive e di vigilanza, regolate dall’art. 220 disp. coord., i due momenti dell’iscrizione (oggettiva e soggettiva) coincidono».

[8] Cfr. il recente lavoro di A. Scalfati, Pre-investigazioni (espedienti e mezzi), Torino, Giappichelli, 2020, in ordine al «complesso degli atti e dell’attività realizzate quado la notitia criminis non si è manifestata in alcuni o in tutti i suoi contorni costitutivi».

[9] P. Corso, Le indagini preliminari, in O. Dominioni-P. Corso-A. Gaito-G. Spangher-N. Galantini-L. Filippi-G. Garuti-O. Mazza-G. Varraso-D. Vigoni, Procedura penale, 7a ed., rist. agg., Torino, Giappichelli, 2021, 437: «Notizia di reato è l’informazione circa la commissione di un fatto di rilevanza penale data al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria o da essi autonomamente raccolta».

[10] Tonini-Conti, Manuale di procedura penale (2022), cit., 556: « La presenza di una notizia di reato produce tre effetti: 1) segna il passaggio dalla funzione di polizia di sicurezza…alla funzione di polizia giudiziaria …2) impone alla polizia giudiziaria, che abbia appreso la notizia di reato, l’obbligo di informarne il pubblico ministero (art. 347); 3) impone a quest’ultimo di provvedere alla immediata iscrizione della notizia nel “ registro delle notizia di reato “(art. 335) ».

Di «informazione penale» parlava F. Carnelutti, Principi del processo penale, Napoli, Morano, 1960, 88: «Secondo i lessici informare “est primam et rudem alicui rei formam inducere“ (Forcellini)» e ritenendo che «notizia, nel significato comune, vale narrazione». Ritiene che  «è ancora oggi difficile decifrare la personalità poliedrica di questo grande giurista», G. De Luca, Carnelutti e l’arte del diritto, in Arch. pen., Riv. quadr., fasc. 1, 219, 229

[11] Il potere di ricerca implica l’opera acquisitiva e lo spazio corrispondente.

[12] Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 145: «Occorre  tenere presente che, se i requisiti oggettivi della notizia di reato sono compatibili con una lettura volta ad escludere la configurazione di una soglia probatoria e di una conseguente pre-indagine a monte dell’iscrizione, il presupposto soggettivo sembra fare nitidamente riferimento ad uno standard probatorio al di sotto del quale il nome non può essere iscritto. Il che non stupisce se si tiene conto di come sia proprio l’iscrizione soggettiva a sortire i più gravi effetti quanto meno di tipo reputazionale sull’individuo, ove eccessivamente precoce. Dal canto suo, la Relazione al d.lgs. (p. 79) rivela l’intenzione, risultante altresì dal lessico normativo, di evitare due opposti rischi: da un lato, quello di considerare l’iscrizione come “ atto dovuto ”, anche a fronte di notizie del tutto generiche e di soggetti raggiunti da meri sospetti (aggiungiamo, con tutti i connessi rischi in punto di presunzione di innocenza e di processo mediatico); da un altro lato, quello di richiedere requisiti troppo stringenti, che potrebbero ritardare l’attivazione delle garanzie in favore dell’indagato e la decorrenza dei termini per le indagini con una vera e propria eterogenesi delle finalità di garanzia sottese alla disciplina».