A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

DIRITTO PENALE

LA CORTE COSTITUZIONALE  “AMMORTIZZA“ CON LA CLAUSOLA DELLA “MINORE GRAVITÀ“ IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO ADOTTATO, IN MATERIA DI PEDOPORNOGRAFIA, ALL’ART. 600 TER C.P.

 Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli

 

Corte cost., sent. 16 aprile 2024 (dep. 20 maggio 2024), n. 91, Pres. Barbera, red. Patroni Griffi

 

Sommario: 1. Le ragioni generali del giudice a quo e lo “sbocco“ della Consulta - 2. Le doglianze specifiche del giudice che promuove l’incidente di costituzionalità - 3. La parola alla Corte che conferisce uno spazio all’ipotesi “tenue“. Considerazioni - 4. La norma “censurata“ dell’art. 600 c.p. e la giurisprudenza - 5. Pena individuale.

 

1. Le ragioni generali del giudice a quo e lo “sbocco“ della Consulta

Tracciamo un filo diretto tra Giudice a quo e giudice ad quem, nel quadro di una questione incidentale di costituzionalità della legge sulla pedopornografia.

Con ordinanza del 15 settembre 2023, il Tribunale di Bologna -  in posizione di organo territoriale-giudice a quo - aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 600 ter c.p. in rapporto con gli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, denunciando «la mancata previsione, per il reato di produzione di materiale pornografico mediante l’utilizzazione di minori di anni diciotto, dell’attenuante per i casi di minore gravità».

Il rimedio alla lacuna normativa permetterebbe di “incardinare“ la fattispecie vietata nel telaio rieleborativo di un trattamento ridotto, quoad poenam.

Ora, con sentenza n. 91/2024, depositata il 20 maggio, la Corte costituzionale ha concluso per la fondatezza della questione e ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 600-ter, primo comma, numero 1), cod. pen., per violazione degli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., nella parte in cui non prevede, per il reato di produzione di materiale pornografico mediante l’utilizzazione di minori di anni diciotto, che nei casi di minore gravità la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente i due terzi».

Al tempo stesso, la Corte ha ribadito la necessità di assicurare una valvola di sicurezza, che permetta al giudice di «di graduare e “personalizzare” la pena da irrogare in concreto con riferimento ai casi di minore gravità», così da garantire «il rispetto del principio della proporzionalità della sanzione in una con la individualizzazione della pena e la sua finalità rieducativa»[1].

 

2. Le doglianze specifiche del giudice che promuove l’incidente di costituzionalità

Il rimettente enumera le ragioni che inducono a ritenere e stimare l’ipotesi “secondaria“ della minore gravità: a) la minima differenza di età tra l'imputato (appena diciottenne) e le persone offese (tredicenni e quattordicenni), l'oggetto delle immagini pedopornografiche, ritraenti unicamente «organi sessuali secondari»; b) l'assenza di finalità - oltre quelle ludiche - commerciali o divulgative; b) l’assenza di ricercate tecniche di manipolazione psicologica o seduzione affettiva, o comunque pressioni subdole e infide che risultino espressioni di un più riprovevole sfruttamento della propria posizione di supremazia in termini di età ed esperienza, considerando che l'istigazione è avvenuta tramite un'opera di persuasione non connotata da particolare ostinazione o insidia.

Il giudice che promuove il sindacato di costituzionalità lamenta l'irragionevolezza del trattamento sanzionatorio  dell’art. 600-ter, primo comma, numero 1), cod. pen. che, nel suo eccesivo rigore e in difetto di una “valvola di sicurezza“, anche in considerazione della significativa asprezza del minimo edittale (pari a sei anni di reclusione), precluderebbe il potere di  graduare il carico tratta mentale; gli sarebbe impedito, quindi, di adeguare la sanzione al caso concreto in presenza di elementi oggettivi - relativi a mezzi, modalità esecutive, grado di compressione della dignità e del corretto sviluppo sessuale della vittima, condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima anche in relazione all'età, occasionalità o reiterazione delle condotte e consistenza del danno arrecato, anche in termini psichici – che testimoniano  una minore gravità del fatto. La disposizione censurata violerebbe, altresì, i princìpi di personalità della responsabilità penale e della finalità rieducativa della pena, sanciti rispettivamente dal primo e terzo comma dell'art. 27 Cost., in quanto la sproporzione derivante dall'omissione censurata, per un verso, impedirebbe l'individualizzazione della pena, corollario del carattere personale della responsabilità penale, e, d’altro canto, ne mortificherebbe la funzione rieducativa, sul presupposto che una pena sproporzionata rischia di venire percepita/riguardata dal condannato come ingiusta.

 

3. La parola alla Corte che conferisce uno spazio all’ipotesi “tenue“. Considerazioni

La Corte destinataria della quaestio nota che già in precedenti arresti ha considerato lo stato dell'evoluzione normativa delle disposizioni rilevanti al fine di stabilire la necessità di assicurare una “valvola di sicurezza“ (per esempio, con riferimento all'art. 609-bis cod. pen., la cui evoluzione normativa è stata presa in considerazione nelle pronunce n. 106 del 2014 e n. 325 del 2005, per garantire la proporzionalità della pena dopo la concentrazione in un unico reato di condotte dalla marcata differente portata lesiva del medesimo bene giuridico; ma anche con riferimento agli artt. 629 e 630 cod. pen., rispettivamente esaminati dalle già citate sentenze n. 120 del 2023 e n. 68 del 2012).

E così, «per l’individuazione della diminuente, questa Corte ritiene ragionevole fare riferimento - come peraltro richiesto dal giudice a quo - alla figura delittuosa di cui all'art. 609-quater cod. pen., che presenta significativi tratti in comune con quella ora all’esame, mirando anch'essa a tutelare il libero e armonico sviluppo della personalità del minore nella sfera sessuale. Tale figura delittuosa prevede la medesima cornice sanzionatoria dell'art. 600-ter cod. pen., ma al tempo stesso dispone che, nei casi di minore gravità, la pena sia diminuita in misura non eccedente i due terzi. Siffatta soluzione sanzionatoria, già esistente nell'ordinamento, costituisce una soluzione costituzionalmente adeguata (ex multis, sentenze n. 6 del 2024, n. 95 e n. 28 del 2022 e n. 63 del 2021), idonea a porre rimedio al vulnus riscontrato. Ciò ovviamente non esclude - secondo i princìpi - una generale riconsiderazione da parte del legislatore della tematica in esame, sotto il profilo sistematico delle fattispecie criminose, delle norme incriminatrici e dei trattamenti sanzionatori; riconsiderazione sistematica che dovrà ovviamente tener conto dei canoni costituzionali di proporzionalità e di individualizzazione della pena».

Conclusivamente: «dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 600-ter, primo comma, numero 1), del codice penale, nella parte in cui non prevede, per il reato di produzione di materiale pornografico mediante l'utilizzazione di minori di anni diciotto, che nei casi di minore gravità la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente i due terzi».

Risulta plausibile l’idea della Corte di fare questo omaggio al c.d. principio di proporzionalità, che si traduce in una sorta di “ottimalità della pena“[2] o, se si vuole, nella rilevanza della “tenuità“/”esiguità“ (nota in altri ambiti: l’istituto della particolare tenuità del fatto è regolato all’art. 131- bis c.p ed è stato introdotto dal D.Lgs. 16-3-2015, n. 28, al fine di inserire e dettare una causa di non punibilità, espressione e riflesso della visione gradualistica del reato ed in conformità con i principi di sussidiarietà e, specialmente, di proporzionalità dello strumento penalistico[3]: legislatore italiano ha tradotto ex positivo iure l’istanza da decenni segnalata dalla dottrina)[4]. Pure il c.d. Giudice delle leggi, con sentenza 21 luglio 2020 n. 1565318, aveva segnalato profili di irragionevolezza della previsione normativa, con declaratoria di illegittimità della medesima nella parte in cui non consentiva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto “ai reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva”[5].

Recente è l’intervento della Corte quando afferma che il «principio di proporzionalità della pena desumibile dagli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. esige insomma, in via generale, che al minor grado di rimproverabilità soggettiva corrisponda una pena inferiore rispetto a quella che sarebbe applicabile a parità di disvalore oggettivo del fatto» (sentenza n. 73 del 2020)[6].

 

4. La norma “censurata“ dell’art. 600 c.p. e la giurisprudenza

L’art. 600 ter del Codice Penale (Pornografia minorile)

È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:

1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;

2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto[7].

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.

Preliminarmente: la norma è stata introdotta allo scopo di adeguare ed armonizzare l'ordinamento italiano agli impegni presi in seno agli organi internazionali[8], al fine di assicurare l'integrità fisica e psichica del minore.

La disposizione in parola assoggetta a tutela il minore e la corrispondente libertà psico-fisica, insieme alla morale pubblica ed al buon costume, almeno secondo parte della dottrina.

Con la formula “materiale pornografico“ si designa la riproduzione/illustrazione fotografica o cinematografica che “documenti“ l’inserimento e la partecipazione di un minore a scene o contesti a sfondo sessuale, escludendosi tuttavia la rilevanza della mera rappresentazione della nudità in se e per sé considerata, e  senza “contesto“, cioè  attinenza alla sfera sessuale.

Il primo comma si sdoppia in due sotto-quadranti, mentre il secondo comma è norma di equiparazione.

Il primo comma assegna rilevanza penale e quindi punisce  lo sfruttamento sessuale del minorenne in un “significato“ pornografico nonché  l’induzione attuata nei confronti del minore per prendervi parte, reclutare e ricavarne profitto. Il reato si consuma in coincidenza con l'esibizione del (corpo del)  minore, senza che assuma  rilievo la produzione del materiale pornografico.

Il secondo comma sanziona invece il commercio del materiale pornografico, e in tale ipotesi di reato il momento consumativo coincide con il raggiungimento in quantitate  di materiale venduto tale da potersi descrivere -  il compendio appunto  -  come un vero e proprio commercio.

Al terzo comma si dispone il trattamento  della diffusione di materiale pedopornografico e la divulgazione  di notizie intese all’adescamento di minori.

In primo luogo si noti che con la sentenza n. 51815 del 2018, le sezioni Unite penali della Corte hanno dato risposta al quesito se, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 600 ter, comma 1, n. 1, c.p., con riferimento alla condotta di produzione del materiale pedopornografico, sia ancora necessario, stante la formulazione introdotta dalla Legge 6 febbraio 2006, n. 38, l’accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale, come richiesto dalla sentenza a Sezioni unite 31/5/2000 (dep. 5/7/2000), n. 13, confermata dalla giurisprudenza anche dopo la modifica normativa citata[9].

Nel più recente filtro giurisprudenziale, in tema di produzione di materiale pedopornografico di cui all'art. 600-ter, comma primo, n. 1, cod. pen., deve escludersi che, a seguito della (richiamata) sentenza delle Sezioni Unite n. 51815 del 2018, secondo cui non è richiesta la sussistenza del pericolo concreto di diffusione di tale materiale ai fini della configurabilità del reato, risulti violato l'art. 7 CEDU che, nell'interpretazione offertane dalla giurisprudenza della Corte EDU, sancisce il divieto di "overruling" interpretativo "in malam partem", essendo l'indicato risultato ermeneutico ragionevolmente prevedibile al momento della commissione del fatto, in ragione del rapido evolversi della tecnologia funzionale alla trasmissione dei dati sul "web"[10].

Sempre in tema di pornografia minorile, integra il reato di divulgazione di materiale pedopornografico, di cui all'art. 600-ter, comma terzo, cod. pen., e non quello di cessione dello stesso con il mezzo telematico, di cui all'art. 600-ter, comma quarto, cod. pen., la condotta di chi propaghi tale materiale su una "chat" alla quale partecipi un apprezzabile numero di persone, che abbiano, a loro volta, la possibilità di effettuare ulteriori smistamenti.

E la nozione di commercio di materiale pedopornografico postula: a) lo svolgimento dell'attività in maniera organizzata, ancorché non abituale; b) l'esistenza di una struttura funzionale all'offerta e alla distribuzione di tale materiale a un numero mutevole e non predeterminato di fruitori; c) la ricorrenza di una finalità lucrativa, di natura non necessariamente patrimoniale, che può consistere anche nell'acquisizione della disponibilità di ulteriore materiale pedopornografico, procurato dai cessionari[11].

È lecita unicamente la produzione di materiale pornografico realizzato senza la "utilizzazione" del minore e con il consenso espresso di colui che abbia raggiunto l'età per manifestarla[12] [13].

Riassuntivamente, per la manualistica più recente, si è scritto che  «il delitto di pornografia minorile disciplinato dall’art. 600-ter del c.p. -  di fatto riscritto, dapprima, dalla legge 38/2006 e poi dalla legge n. 172/2012 - si articola in una serie di sotto fattispecie il cui disvalore ruota attorno alla mercificazione di materiale pornografico derivante dallo sfruttamento di minori degli anni diciotto. Il bene giuridico protetto dalla norma…è rappresentato…dalla libertà psico-fisica del minore. Chiunque può essere soggetto attivo (reato comune)…L’elemento psicologico è costituito dal dolo generico. La procedibilità è d’ufficio e la competenza è del Tribunale collegiale, tranne l’ipotesi di cui al quatto comma per la quale è previsto il giudizio del tribunale monocratico»[14].

 

5. Pena individuale

La pena deve essere individuale, calibrata in personam.

Per cogliere il “senso“ dell’intervento della Corte costituzionale in materia di pedopornografia possiamo riferirci ad un istituto importante del diritto penale.

L’art. 132 c.p. (Potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena: limiti) stabilisce: 1. Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l’uso di tale potere discrezionale.

Lo spatium deliberandi quanto alla misura della pena, è potere riservato al giudice, ma è un “potere derivato”, di matrice legale in quanto è la legge che lo prevede, senza essere assoluto appannaggio della magistratura[15].

L’immagine è quella di un “pendolo”: è la legge che contiene una previsione non di una pena fissa ma variabile/flessibile bassa/alta, oscillante nella doppia scala minimo/massimo. Questa coppia designa il primato del fatto, della prevalenza della fattispecie concreta su quella astratta-fissa: rappresenta il primato della misura penale individuale e la “forbice” dell’art. 132 innesta il meccanismo individualizzante. Secondo la manualistica «si definisce commisurazione della pena, da parte del giudice, la quantità di pena da infliggere in concreato al reo tra il minimo e il massimo edittali: come pure, la scelta del tipo di sanzione da applicare per il reato commesso»[16].

Il giudice ha in mano il ventaglio del trattamento penale, ma deve esercitare un controllo: uso e non abuso del potere repressivo.

Il computo e il ragguaglio delle pene sono sottoposti a disciplina agli artt. 134 s. c.p.[17]

 

Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente Master in Diritto penale e Procedura penale dell’immigrazione, Università degli studi Guglielmo Marconi-Roma.

 

[1] Corte costituzionale Sentenza 20 maggio 2024, n. 91 Presidente: Barbera - Redattore: Patroni Griffi [...] nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 600-ter, primo comma, numero 1), del codice penale, promosso dal Tribunale  ordinario di Bologna, seconda sezione penale, nel procedimento a carico di P. B., con ordinanza del 15 settembre 2023 iscritta al n. 139 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2023.

Udito nella camera di consiglio del 16 aprile 2024 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi; deliberato nella camera di consiglio del 16 aprile 2024, in Giur. pen., 20 Maggio 2024.

[2] Cfr. G. Chirichiello, Ottimalità della pena, principio di proporzionalità ed il sistema delle guidelines nell’approccio di teoria economica del crimine, in Arch. pen., Riv. Trim., fasc. n. 1, 2029, 91 s.

[3] Sent. 236/2016 della Corte Costituzionale.

F. Viganò, Un’importante pronuncia della Consulta sulla proporzionalità della pena (Nota a Corte cost., sent. 10 novembre 2016, n. 236), in Dir. pen. cont. Riv. trim., 2017, 2, 64 s.; A. Pugiotto, Cambio di stagione nel controllo di costituzionalità sulla misura della pena, in Riv. it. dir. proc. pen., 2019, 785 s. Il principio di proporzionalità nel diritto penale, di N. Recchia, in dis Crimen, 2020, 9 s.; Chirichiello, Ottimalità della pena, principio di proporzionalità, in Arch. pen., Riv. Trim, fasc. 1, 2029, cit.; C. Silva, La deriva del ne bis in idem verso il canone di proporzionalità, ivi, 135.

G. Amarelli, Particolare tenuità del fatto (diritto penale), in Enc. dir., Agg., XI, Milano, 2017, 559; T. Padovani, Un intento deflattivo dal possibile effetto boomerang, in Guida dir., 2015, n. 15, 20 s.; G. De Francesco, Illecito esiguo e dinamiche della pena, in Criminalia, 2015, 222; G. Amarelli, La particolare tenuità del fatto nel sistema della non punibilità, in disCrimen, 14 dicembre 2018, 13.

[4] V. (particolare tenuità e riforma Cartabia) Cass., sez. III, sent. 10 maggio 2024, n. 18369, in Norme & Trib, 10 maggio 2024: in tema di particolare tenuità del fatto, la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, pur acquisendo rilievo ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis c.p., come novellato dal D.Lgs. 150/2022, di per sé sola non può rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, co. 1, c.p.: in particolare, possono essere apprezzati a tal fine i comportamenti successivi alla commissione del reato diretti alla riparazione, all’eliminazione delle sue conseguenze o, comunque, al ristoro dei danneggiati, a condizione che si riferiscano allo specifico fatto di reato commesso e non ad una generica attitudine al maggiore rispetto, da parte dell’imputato, del bene-Interesse tutelato dalla norma penale.

Cass., sez. un., 25 febbraio 2016, n. 13681, secondo cui «il nuovo istituto…persegue finalità connesse ai principi di proporzione ed extrema ratio; con effetti anche in tema di deflazione».

La c.d. Riforma Cartabia, con l’art. 1, co. 1, lett. c) n. 1 del D.Lgs. 10-102022, n. 150, è intervenuta nel tessuto estensivo della norma, sostituendo le parole “massimo a cinque anni”, con quelle “minimo a due anni” ed aggiungendo dopo le parole “primo comma”, le seguenti “anche in considerazione della condotta susseguente al reato”. Sul punto, specialmente, v. D. Brunelli, La tenuità del fatto nella riforma “Cartabia”: scenari per l’abolizione dei minimi edittali?, in www.sistemapenale.it, 13 gennaio 2022.

[5] Per un commento alla decisione, v. G. Panebianco, Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: la Corte costituzionale ridisegna il perimetro applicativo dell’art. 131-bis c.p., in Giur. it., 2021, 189 s.

Prima, Corte cost. n. 207 del 2017, su cui v., fra gli altri, A. Nisco, Legittimità costituzionale del limite massimo di pena quale presupposto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, in www.penalecontemporaneo.it, 22 dicembre 2017.

[6] Cfr. La Corte costituzionale dichiara illegittimo il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata relativamente a delitti puniti con l’ergastolo (caso Cospito), riferito a sentenza n. 94/2023, in Sist. pen., 12 aprile 2024; I presupposti per il riconoscimento della recidiva reiterata: le Sezioni Unite escludono la necessità di una precedente applicazione della recidiva, di A. Rotolo, ivi, 23 gennaio 2024. Incompatibile l’applicazione congiunta di recidiva e cumulo giuridico in tema di sanzioni tributarie, come chiarisce Cass., ord. 27 febbraio 2024.

[7] Il comma che recitava: "Chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228." è stato così sostituito dall’art. 2, co. 1, lett. a), L. 6 febbraio 2006, n. 38 e successivamente dall'art. 4, L. 1 ottobre 2012, n. 172.

[8] In questo senso depongono anche le fonti sovranazionali ed europee in tema di tutela del minore contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale, che, nello stabilire il divieto di circolazione delle immagini pornografiche raffiguranti minori, prescindono dalle relative modalità di realizzazione; i già citati art. 8§3 della direttiva 2011/93/UE e art. 20§3 della Convenzione di Lanzarote, inoltre, prevedono la possibilità di escludere la rilevanza penale della c.d. pornografia domestica a condizione che il materiale sia destinato a un uso strettamente privato delle persone coinvolte.

[9] A. Montagna, Pedopornografia: la giurisprudenza degli Ermellini al passo con la rivoluzione tecnologica, in Quot. giur., 20 novembre 2018.

[10] Cass., sez. III, sent. n. 24220, 22 febbraio 2023.

[11] Cass., sez. III, sent.  n. 26969,  23 marzo 2022.

[12] Cass., sez. un., sent. n. 4616, 28 ottobre 2021.  Cfr. S. Bernardi, Le Sezioni unite chiariscono i limiti della (ir)rilevanza della “pedopornografia domestica” ai sensi dell’art. 600-ter c.p., in Sist.. pen., 25 febbraio 2022 (secondo cui la pronuncia  completa l’opera definitoria intrapresa dalla precedente sentenza n. 51815 del 31 maggio 2018, con cui le medesime Sezioni Unite avevano chiarito la natura di reato di danno del delitto di produzione di materiale pornografico, sancendo la fine di quel consolidato orientamento giurisprudenziale che subordinava la ricorrenza della fattispecie in questione all’accertamento di un pericolo concreto di diffusione del suddetto materiale), avuto riguardo a Cass., sez. un., sent. 28 ottobre 2021 (dep. 10 febbraio 2022), n. 4616, Pres. Cassano, est. Sarno.

In dottrina, v. D. Rosano, Cessione di immagini pedopornografiche autoprodotte ('selfie'): la Cassazione rivede la propria lettura dell’art. 600-ter c.p., ivi, 4 dicembre 2020.

[13] In materia, R. Bertolesi, Produzione di materiale pornografico: per le Sezioni unite non è necessario l'accertamento del pericolo di diffusione, in Dir. pen. cont., 30 novembre 2018; D. Rosani, Sexting minorile: le Sezioni unite chiamate ad esprimersi sul materiale pedopornografico prodotto col consenso del minore (600-ter c.p.), in Sist. pen., 29 settembre 2021; nonché F. Machina Grifeo, Pedopornografia, le S.U. delimitano il concetto di "utilizzazione" del minore Per la Cassazione, sentenza n. 4616 depositata oggi, non hanno rilevanza penale le condotte prive di offensività, in Norme & Trib., 9 febbraio 2022.

[14] Così, da ultimo, G. Garofoli, Pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), in Manuale di diritto penale. Parte generale e speciale (Agg. al Corrett. Cartabia D.Lgs. 19-3-2024,n.31), Bari, Aprile 2024, 803-804  s.

[15] V. Cass., sez. III, sent. 2-4-2024, n. 13225, in Guida dir., n. 18, 11 maggio 2024, 76: in materia di pene detentive, le limitazioni trovano fondamento nella discrezionalità politica, legittimamente esercitata al legislatore.

[16] G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2010, 753 (v. Ottava edizione Ristampa aggiornata riforma Cartabia, 2023). Da ultimo, v. G. Garofoli, L’applicazione della pena, in Manuale di diritto penale. Parte generale e speciale (Agg. al Corrett. Cartabia D.Lgs. 19-3-2024, n. 31), Bari, Aprile 2024, 483: «i l potere di natura discrezionale…consente di adeguare la risposta sanzionatoria alle concrete peculiarità, oggettive e soggettive, del caso concreto».

[17] Non viola il divieto di “reformatio in peius” la sentenza d’appello che riduca la pena detentiva inflitta in primo grado ed aumenti quella pecuniaria se, operato il ragguaglio di quest’ultima ai sensi dell’art. 135 c.p., l’entità finale della pena non risulti superiore a quella complessivamente irrogata dal giudice di primo grado (Cass., sez. IV, sent. 16 marzo 2023, n. 16994).