A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

LA RISCOSSIONE DEI CREDITI PREVIDENZIALI

Autore: Avv. Giorgio Seminara

 

SOMMARIO:

1) Premessa;

2) L’art. 24 del D.L. vo. n. 46/1999;

3) Termini e opposizioni esperibili;

4) Prescrizione e decadenza

 

1) Premessa

La riscossione dei crediti contributivi di competenza dell’Inps è stata oggetto di significativi

cambiamenti, per effetto delle disposizioni contenute nell’art.30 del D.L. 31 maggio 2010, n.78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n.122 (la c.d. Manovra estiva).

Dal 1° gennaio 2011, infatti, il recupero delle somme a qualunque titolo dovute all'Inps è effettuato tramite l’avviso di addebito, avente valore di titolo esecutivo, che sostituisce la cartella di pagamento; decorsi 60 giorni dalla notifica dell’avviso di addebito al debitore, senza che sia intervenuto il pagamento, l’esattore può procedere direttamente all’espropriazione forzata.

Tuttavia, relativamente a quei crediti per i quali la formazione e la consegna dei ruoli all’Agente della Riscossione è stata effettuata entro il 31 dicembre 2010, l’Agente della Riscossione continuerà a procedere al recupero coattivo attraverso la notifica della relativa cartella di pagamento.

In particolare, con l’entrata in vigore (1° luglio del 1999) dell’art. 24 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, le controversie sugli obblighi contributivi sono diventate di esclusiva competenza della magistratura del lavoro, nella forma del giudizio di opposizione alla iscrizione a ruolo.

Su tale procedimento, tipico del processo tributario, la dottrina aveva subito espresso notevoli perplessità per la non facile applicabilità al processo del lavoro [1].

A distanza di anni dalla prima riforma, si cercherà di tracciare una rassegna critica delle numerose

questioni che la disciplina sugli obblighi contributivi ancora oggi pone agli operatori del settore.

Prima di analizzare la disciplina regolante la riscossione dei crediti contributivi, è utile però

accennare ad alcuni interrogativi che attengono, per un verso, alla natura giuridica del ruolo e, per altro verso, alla interpretazione del concetto di obbligatorietà della iscrizione a ruolo.

Con particolare riferimento al delicato problema della natura del ruolo, si confrontano da sempre due teorie contrapposte [2].

Secondo una prima tesi la riforma avrebbe attribuito agli enti previdenziali la potestà di far valere le proprie pretese attraverso l’emanazione di atti autoritativi, idonei – in mancanza di tempestiva impugnazione – ad acquisire la stabilità tipica del giudicato [3].

Detto indirizzo ha espresso forti perplessità sulla possibilità per il giudice di emettere sentenza di condanna per il pagamento in favore dell'INPS del credito azionato, sia pure nella minore misura risultata dovuta [4].

Da altra parte della dottrina si sostiene, invece, che il ruolo esattoriale, come atto prodromico alla riscossione coattiva, è diretto esclusivamente alla acquisizione di un titolo esecutivo. Si tratterebbe, dunque, di un provvedimento amministrativo privo di qualsiasi effetto sull’accertamento della sussistenza del credito contributivo, e pertanto assimilabile all’atto di precetto [5].

In base a quest’ultima impostazione, la cartella esattoriale deve ritenersi un titolo esecutivo (di formazione stragiudiziale) che non può scindersi nelle varie poste: o viene confermata in toto oppure, in caso di modifica del credito a seguito del giudizio di merito, deve essere in toto revocata e l'ente previdenziale ben potrà chiedere la condanna dell'opponente al pagamento di quelle poste (o di parte di esse) di cui risulti ancora la debenza. In sostanza con il giudizio di opposizione viene introdotto un ordinario processo di cognizione nel quale "l'ente previdenziale convenuto può chiedere, oltre il rigetto dell'opposizione, anche la condanna dell'opponente all'adempimento dell'obbligo contributivo, portato nella cartella, sia pure nella minore misura residua ancora dovuta, senza che ne risulti mutata la domanda"[6].

Nel panorama europeo, occorre rammentare che il decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 149, ha dato attuazione anche in Italia alla direttiva 2010/24/UE in materia di mutua assistenza tra le amministrazioni finanziarie nazionali per il recupero dei crediti esteri derivanti da dazi, imposte e altre misure.

Dalla citata disciplina, però, vengono espressamente esclusi proprio i contributi previdenziali obbligatori, le sanzioni di natura penale e le multe.

In particolare, la normativa comunitaria non crea un sistema previdenziale europeo, ma mira alla armonizzazione dei vari sistemi nazionali, in modo da garantire ai lavoratori migranti gli stessi diritti che avrebbero avuto se la loro attività si fosse svolta totalmente nel singolo paese.

Questi diritti sono riconosciuti con il sistema della totalizzazione (cumulo dei contributi versati in ciascun paese) e nell’equiparazione della residenza in paese comunitario a quella nazionale.

In sostanza ciascun paese accerta il diritto ad una determinata prestazione secondo le proprie norme interne, ma considera utili anche i contributi versati negli altri paesi UE, purché non sovrapposti, cioè non corrispondenti agli stessi periodi.

 

2) L’art. 24 del D.L. n. 46/1999

Riguardo la natura giuridica del ruolo e la tipologia del processo, l’opinione prevalente qualifica il ruolo come titolo esecutivo di formazione stragiudiziale e l'opposizione ad esso come un normale giudizio di cognizione piena in ordine alla sussistenza dell'obbligazione contributiva.

Il problema interpretativo dell’art. 24 del D.L.gs. cit. risiede nell’infelice formulazione della norma, laddove distingue tra opposizione contro l’iscrizione al ruolo (comma 5°) e giudizio contro il ruolo per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva (comma 6°).

Invero, il processo relativo al pagamento di contributi previdenziali anche se instaurato mediante opposizione a cartella esattoriale dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio ed, in particolare, a quello contributivo.

Al riguardo depone, innanzitutto, il tenore letterale della disposizione normativa che ne detta la disciplina. Infatti l'art. 24 comma 6 del D. L. vo. n. 46/1999 precisa che “il giudizio di opposizione contro il ruolo per motivi attinenti al merito della pretesa contributiva è regolato dagli artt. 442 eseguenti c.p.c.”.

Di conseguenza, l'opposizione per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva ha ad oggetto il ruolo (rectius: le singole iscrizioni in esso contenute), che viene posto a base di una cognizione piena sui diritti e gli obblighi afferenti al rapporto contributivo in esso rappresentato e non può, pertanto, essere confusa con l'opposizione alla cartella, tendente, non già ad eliminare il titolo esecutivo attraverso la contestazione della situazione sostanziale del credito fatto valere, ma a far accertare l'inesistenza del diritto a procedere all'esecuzione del credito.

Chiarito l'ambito della cognizione cui dà luogo l'opposizione a ruolo ex art. 24 del D.L.gs n.

46/1999, si passa ad esaminare la questione relativa ai termini e ai modi per proporre opposizione.

 

3) Termini e opposizioni esperibili

Qualora un contribuente dovesse ricevere una cartella contenente crediti previdenziali e volesse contestare il merito della pretesa ha l’onere di proporre opposizione dinanzi al Tribunale del lavoro competente nel termine perentorio di 40 giorni dalla notifica dell’atto[7].

Tuttavia, “la mancata notifica della notifica della cartella non priva il destinatario del rimedio previsto dal Dl. vo n. 46 del 1999 avverso l’iscrizione a ruolo: il momento di garanzia deve essere recuperato nei confronti del primo atto idoneo a porre il debitore in grado di esercitare validamente il suo diritto di difesa”[8] .

Pertanto, le difese circa il merito della pretesa contributiva devono essere fatte valere, a pena di inammissibilità, entro il termine previsto dal D. l. vo n. 46 del 1999, decorrente dalla data in cui l’interessato ha avuto conoscenza del debito contributivo (es. il contribuente che ha avuto contezza della pretesa contributiva solo a seguito della richiesta di estratti di ruolo).

La Suprema Corte ha più volte precisato che “nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al DL.gs. n. 46 del 1999, l'opposizione agli atti esecutivi è prevista dall'art. 29, comma 2, che, per la relativa regolamentazione, rinvia alle "forme ordinarie", e non dall'art. 24, del citato DL.gs., che si riferisce, invece, all'opposizione sul merito della pretesa di riscossione, con la conseguenza che l'opposizione agli atti esecutivi prima dell'inizio dell'esecuzione deve proporsi entro cinque

giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, si identifica nella cartella esattoriale; quest'ultima, infatti, essendo un estratto del ruolo, costituisce titolo esecutivo ai sensi del suddetto D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, come modificato dal DL.gs. n. 46 del 1999, art. 16. La tempestività dell'opposizione agli atti esecutivi deve essere controllata pregiudizialmente d'ufficio, anche in sede di legittimità, in base alla lettura degli atti”[9].

Alla luce di quanto evidenziato, dunque, è importante per il contribuente comprendere la tipologia dei vizi di cui risulta affetta la cartella, in quanto i tempi per proporre opposizione risultano differenti a seconda che riguardino il merito della somma richiesta (40 giorni) o le modalità della richiesta stessa (20 giorni).

In realtà, pur essendo previsti dei termini perentori per proporre opposizione, esiste un’ulteriore possibilità per il contribuente che dovesse ricevere una cartella illegittima, ossia l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., consistente in una domanda di accertamento negativo riferita alla validità del titolo esecutivo.

Ciò è confermato da copiosa giurisprudenza di merito dove sostanzialmente viene ribadito che “il termine previsto dal 5° comma del citato art. 24 è accordato per l’opposizione nel merito della pretesa contributiva e non per disciplinare la sola azione esecutiva; prova di ciò si ha nella circostanza che (comma 6°) il giudizio di opposizione contro il ruolo è regolato dagli artt. 442 e seguenti c.p.c. mentre le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie (art. 29 cit. Dl.gs) dunque con le modalità di cui agli artt. 615 e seguenti c.p.c.” [10].

Il contribuente può quindi proporre opposizione all’esecuzione, secondo il combinato disposto degli articoli 615 e 618-bis c.p.c., quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata.

Il giudizio investe l’an dell’esecuzione, cioè il diritto di procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto, totale o parziale, del titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni.

Per tale opposizione non è assolutamente previsto alcun termine di decadenza, in quanto la stessa viene promossa per contestare la legittimità delle iscrizioni al ruolo per mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione medesima, ovvero per addurre fatti estintivi (prescrizione) o preclusivi (decadenza) sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo [11].

 

4) Prescrizione e decadenza

L'art. 3, comma 9, legge n. 335/95 testualmente dispone che "Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:

a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall'art. 9 bis, comma 2, del D.L. n. 103/91, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166/91, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti.

b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria”.

I termini di prescrizione di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente…".

Tale norma ha ridotto, dal 01.01.1996, il termine prescrizionale dei contributi dovuti alle gestioni pensionistiche obbligatorie - originariamente decennale ex art. 40, legge n. 153/69 - a cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti.

Sul punto, vi è stato anche l'intervento chiarificatore della la Suprema Corte secondo cui "In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, l'art. 3, comma 9, della legge n. 335/95 stabilisce tra l'altro: a) che la prescrizione diviene quinquennale a partire dall'1 gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in precedenza; b) che per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permane ove siano stati compiuti dall'Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell'evasione contributiva; c) che il periodo di sospensione triennale, di cui all'art. 2, comma 19, della legge n. 638/83, è soppresso, ma continua ad applicarsi qualora in precedenza siano stati emessi atti interruttivi o avviate procedure di recupero…" [12].

Quanto al particolare aspetto degli atti interruttivi, la mera proposizione di opposizione ex art. 615 c.p.c. da parte dell’intimato dopo la notificazione della cartella di pagamento non modifica il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva di detta notifica; ma se il creditore opposto si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto di procedere all’esecuzione (ed in tale categoria va compresa certamente anche la mera richiesta di rigetto dell’opposizione) compie una attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dal secondo comma dell’art. 2943 c.c.; e quindi, ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 2 la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio [13].

A ben vedere, la cartella esattoriale non opposta, per quanto titolo esecutivo, non è assimilabile alla sentenza passata in giudicato. A tal proposito, la Corte di Cassazione ha avuto modo di rilevare che la cartella di pagamento è un atto amministrativo che risulta privo dell’attitudine a modificare il termine di prescrizione con la conseguenza che il precedente termine prescrizionale di cinque anni ricomincia a decorrere dalla notifica della cartella [14].

Pertanto, solo nel caso in cui ci si trova dinanzi ad una sentenza passata in giudicato (v. art. 2953 c.c.) il termine di prescrizione muta da quello ordinario precedente (quinquennale) - previsto per il singolo tributo - in quello decennale.

Diversamente la notifica della cartella di pagamento non fa altro che interrompere il precedente termine di prescrizione quinquennale, il quale ricomincerà a decorrere dal giorno successivo a quello di notifica.

A non differenti conclusioni deve giungersi anche nel caso in cui venga impugnato il ruolo, dal momento che neppure ai ruoli formati dagli enti pubblici previdenziali per la riscossione dei crediti contributivi ed alle conseguenti cartelle esattoriali può assegnarsi natura giurisdizionale; di guisa che, dalla mancata opposizione, discende l’effetto sostanziale dell’incontestabilità del credito, ma non gli effetti di natura processuale riservati ai provvedimenti giurisdizionali e, quindi, l’idoneità al giudicato.

Necessario corollario è che l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non opposta ai sensi dell’art. 24, comma 5°, del D.L. vo n. 46/1999 è soggetta non al termine decennale di prescrizione dell’actio iudicati contemplato dall’art. 2953 c.c., bensì al termine proprio della riscossione dei contributi e, quindi, nel caso di specie, al termine quinquennale introdotto dalla legge n. 335/1995 [15].

Infine, riguardo i termini di decadenza per tardiva iscrizione a ruolo, l’art. 25 D.L. vo n. 46 del 1999 statuisce che “i contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali sono iscritti in ruoli esecutivi, a pena di decadenza:

a) per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine fissato per il versamento; in caso di denuncia o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito, tale termine decorre dalla data di conoscenza, da parte dell’ente;

b) per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31

dicembre dell’anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo….”.

In virtù della norma transitoria di cui all’art. 36 e delle successive modifiche (art. 78 comma 24 l. n.388 del 2000, art. 38 comma 8 l. n. 289 del 2002, art. 4 comma 25, l. 24 dicembre 2003, n. 350), “la norma si applica solo ai contributi maturati successivamente all’1.1.2004”.

 

Avvocato Giorgio Seminara

 

Note:

[1] Cfr. R. CUNATI, La riscossione tramite ruoli esattoriali e la cartolarizzazione dei crediti previdenziali INPS e INAIL, in Lav. Prev. Oggi, 2002, 23; F. FONZO, Cessione dei crediti contributivi dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e riscossione coattiva mediante ruolo, in Inf. Prev., 2000, 1528 segg.

[2] Per la ricostruzione del dibattito, cfr. G. FALSITTA, voce Riscossione delle imposte dirette, in Novissimo Digesto italiano, XVI, 1969, 66 e segg.; N. DOLFIN, voce Riscossione delle imposte dirette, in Novissimo Digesto italiano (appendice), 1986, VI, 870 e segg.; L. IMPERLINO, voce Ruolo di riscossione, Enc. Giur. Treccani; D. LAMEDICA, voce Ruolo di riscossione, Enc. Giur. Treccani, 2000.

[3] Così P. CAPURSO, Iscrizione a ruolo dei crediti contributivi e processo del lavoro, in Lav. Giur., 2001, 121 segg.

[4] Cfr. Cassazione civile, sez. Lavoro, sentenza 10.09.2009, n. 19502: "nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale, emessa per la riscossione di contributi previdenziali, con la quale si contesti la sussistenza del credito, se viene accertata la solo parziale fondatezza dell'opposizione non si determina per questa sola ragione la totale inefficacia della cartella, ma il giudice deve, anche d'ufficio, dichiarare l'inefficacia della cartella solo limitatamente alle somme non dovute, una declaratoria di totale inefficacia potendo imporsi solo nel caso in cui, tenuta presente anche la normativa sostanziale applicabile, debba ritenersi che l'ente creditore non abbia assolto, in alcuna misura, l'onere di provare anche nel quantum i suoi crediti".

[5] Così C. A. NICOLINI, Problemi del contenzioso in tema di recupero contributivo mediante ruoli in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale; per una panoramica generale sulla riforma, C. ASPRELLA, La nuova esecuzione esattoriale, in Nuove leggi civili comm., 1999, 840 segg.

[6] In tal senso, Cassazione civile, sez. Lavoro, sentenza 08.04.2002, n. 5763.

[7] Cfr. Cassazione civile, sez. Lavoro, sentenza 27.02.2007, n. 4506: “in tema di iscrizione al ruolo dei crediti degli enti previdenziali l’art.24, comma 5, del Dl.gs n.46/99 dispone che contro l’iscrizione al ruolo può proporre opposizione al giudice entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento”. Inoltre, si specifica che “Detto termine deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione e a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo”; contra, Tribunale Venezia, sez. Lavoro, sentenza 19.09.2002.

[8] Sul punto, in materia di opposizione ex art. 22 l. n. 689 del 1981, cfr. Cassazione civile, sez. I, sentenza 01.02.2007, n. 2214; Cassazione civile, sez. I, sentenza 05.03.2002, n. 3127; Cassazione civile, sez. III, sentenza 01.03.2000, n. 2293, Cassazione civile, SS.UU., sentenza 11.05.2009, n. 10672, nella quale si legge “In specie qualora si pensi che, come tante volte accade con l’avviso di mora, l’atto in questione potrebbe essere il primo atto (e, peraltro, valendo anche come comunicazione dell’automatica iscrizione del fermo, il solo atto) con il quale il contribuente viene a conoscenza dell’esistenza nei suoi confronti di una pretesa tributaria che egli ha interesse a contrastare…”.

[9] Così Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 24.10.2008, n. 25757; Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 18.11.2004, n. 21863.

[10] Cfr. Tribunale di Lecce, sez. lavoro, sentenza 29.10.2009

[11] Tra le tante, Tribunale Lecce, sez. lavoro, sentenza 12.12.2012, n. 12866; Tribunale Catania, sez. lavoro, sentenza 10.10.2012, n. 3940; Tribunale Siracusa, sez. lavoro, sentenza 07.06.2012, n. 817; Tribunale Caserta, sez. lavoro, sentenza 04.02.2010, n. 551.

[12] Sul tema Cassazione civile, SS.UU. sentenza 07.03.2008, n. 6173; Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 04.05.2012, n. 6741; da ultimo, Cassazione civ., Sez. Lav., sentenza 20.02.2014, n. 4050, che ha ribadito: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art. 3, comma 9 e 10, della L. 335/1995, per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, la prescrizione è quinquennale dal 1° gennaio 1996, mentre è applicabile la precedente prescrizione decennale se entro il 31 dicembre 1995 siano stati compiuti dall'istituto atti interruttivi”.

[13] In argomento Cassazione civile, sez. III, sentenza 29.03.2007, n. 7737; conforme, Tribunale Siracusa, sez. lavoro, sentenza 17.07.2013, n. 17422.

[14] In tema d’ingiunzione fiscale, cfr. Cassazione civile, sez. tributaria, sentenza 25.05.2007, n. 12263; conforme, Cassazione civile, SS.UU., sentenza 10.12.2009, n. 25790; riguardo la possibilità di eccepire il termine di prescrizione quinquennale anche per le intimazioni di pagamento, Tribunale Catania, sez. lavoro, sentenza 10.10.2012, n. 3940.

[15] Tra le tante, Tribunale Catania, sez. lavoro, sentenza 02.06.2010; Tribunale Milano, sez. lavoro, sentenza 15.12.2008, n. 112; in senso contrario, da ultimo, Cassazione civile, sentenza 24.02.2014, n.4338, secondo la quale “…una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell’opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi; riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio iudicati ai sensi dell’art. 2953 cc), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 cc.”.