A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

“LE DIRETTIVE 2014 ALLA LUCE DELLA LEGGE-DELEGA: IL NUOVO SCENARIO NORMATIVO PER APPALTI E CONCESSIONI”*[i]

Autore: Luigi Giampaolino, Presidente Emerito della Corte dei Conti

 

1. L’occasione che quest’anno ci offre la città di Benevento con la sua Università del Sannio (Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi –DEMM) ed altri enti di questa stessa città (l’Ordine dei Commercialisti, la Confindustria e l’Ordine degli avvocati), insieme all’IGI (Istituto Grandi Infrastrutture) che, con i suoi convegni, i suoi seminari, le sue riflessioni, tante benemerenze ha in questa materia, si connota in modo particolare, se non unico.

Essa ci permette, infatti, di occuparci del Codice (in sostanza, del recepimento delle direttive appalti e concessioni e, quindi, dei nuovi scenari normativi che si vanno configurando) quasi contemporaneamente all’approvazione in via preliminare, da parte del Consiglio dei Ministri, di un nuovo testo normativo in attuazione della delega, quella derivante dalla L. 28/1/2016, n. 11, concessa al Governo per l’attuazione delle direttive 23,24 e 25, del 2014 relative all’aggiudicazione dei contratti di concessione, agli appalti pubblici e sulle procedure di appalti degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché, per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

Trattasi, pertanto, di una coincidenza particolare, unica come si è detto,e che,per i contenuti che si preannunciano, stando alle bozze di cui si è avuta la disponibilità, potrebbe segnare, nel nostro ordinamento, in particolare nel settore dei Contratti Pubblici, una svolta molto significativa, ci verrebbe da dire, indulgendo ad un beneaugurante ottimismo, storica.

Viene, infatti, alla nostra visione (anche qui se ci è consentito l’espressione), alla nostra visione, ancor prima del nostro esame, un testo, per quel che sembra, di soli 220 articoli, o poco più, se non di meno,laddove il corpus normativo vigente, soltanto con riguardo alla legislazione statale, si compone di 257 articoli del Codice e di 359 articoli del Regolamento,cui si aggiungono, tra l’altro, la legge Obiettivo e diverse altre norme sparse in vari provvedimenti e a voler tralasciare la legislazione regionale.

Nei criteri di delega, infatti, è prevista l’adozione di un unico testo normativo recante sia le disposizioni legislative in materia, sia, per quanto affermato nel corso dell’iter parlamentare sfociato poi nella legge di delega, sia le disposizioni del Regolamento che, tradizionalmente, nel nostro sistema, hanno sempre accompagnato, separatamente,ed in un numero considerevole, le norme legislative in tema di appalti.

Per la prima volta, pertanto, ove l’operazione giunga a compimento, si sarebbe in presenza di un unico testo normativo contenente disposizioni riguardanti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e comprendente in sé sia i contratti di appalti che le concessioni; spaziando dai settori ordinari a quelli speciali nonchè a quelli esclusi e a tutte le altre varie tipologie di contratti.

Unicamente in esso troverebbero, altresì, posto tutte le altre discipline eccezionali e particolari.

 

2. Orbene, a molti degli istituti e delle materie di questo nuovo testo sono dedicate le relazioni di questo Convegno, relazioni tenute da qualificati esperti di questa materia.E’, pertanto, augurabile che gli atti di questo convegno, come degli altri che l’IGI ha organizzato a Roma e che di certo in seguito organizzerà, confluiscano in una pubblicazione che contribuisca a costituire la parte di un Trattato - ci verrebbe di dire di un “Manuale” (come lo fu il Cianflone) – sicchè, in esso, questa materia,ci sia consentita l’espressione, “trovi pace” e così essa possa accompagnare l’operatore sia esso pubblico, sia esso privato e dacquietare anche gli interpreti.

 

3. Ma l’eccezionalità dell’evento normativo si connota, altresì, per talune innovazioni che non esitiamo a definire ordinamentali ed alle quali vorremmo dedicare qui una preliminare attenzione, anche perché non toccate da tutte le altre relazioni di questo Convegno.

Con la riserva esplicita, però, di ulteriori approfondimenti e con facoltà di ripensamenti, considerate la delicatezza e la complessità delle problematiche che esse coinvolgono e perché trattasi di considerazioni a caldo, a prima lettura.

 

4. Ci si riferisce, anzitutto, ai poteri di “regolamentazione flessibile”, attribuiti all’A.N.A.C, (Autorità Nazionale Anticorruzione).

Si affronta, in tal modo, con questa innovazione, un male esiziale del vigente sistema; forse una delle più gravi disfunzioni che, a nostro sommesso avviso, strutturalmente mina, come un diffuso grave intimo esteso male,il sistema attualmente vigente.

Questo male, da tempo individuato e denunciato, è quello della iper-regolamentazione: una congerie di norme di vario livello, attribuibili a diversi soggetti istituzionali, che ostacola un’agile azione amministrativa ed ingessa il mercato. Una congerie di norme che è fonte di incertezze e ambiguità, tra le quali, facilmente, si insinuano le occasioni del sorgere e del proliferare di molte disfunzioni, tra le quali, ulteriormente gravissime, quelle che vano sotto il nome della corruzione.

Una iper-regolamentazione, percorsa, per di più, da una duplicità di valori ispiratori di fondo – la tutela della concorrenza e della migliore spendita di pubbliche risorse, da un lato; la più ampia tutela del mercato, dall’altro – e che porta, talvolta, ad assegnare alla concorrenza, ed alla sua strumentazione, una posizione ed una valenza diversa. Nel primo caso, essa è prevalentemente una procedura per conseguire un risultato buono per la P.A. appaltante; nel secondo, ilfine per legittimare gli appalti e, con essi, il mercato.

Ad una tale iper-regolamentazione sembra che si voglia ovviare con una contenuta legislazione normativa di primo livello, cui faccia seguito il più duttile strumento di una regolazione, sostanzialmente, amministrativa, per la quale ci si augura, che si abbia consapevolezza della duplicità dei due valori ispiratori di fondo e li si armonizzi, come, peraltro, è nella loro più intima essenza.

Il meccanismo, da tempo, in verità, individuato e proposto, è, senza dubbio, da condividere e se ne auspica la più ampia attuazione, purchè si presti attenzione a qualche punto di chiarificazione.

Le espressioni “regolamentazione flessibile”, “regolamentazione”, “regolazione”, “soft law”, etc. hanno bisogno di una chiarificazione di fondo che ben tenga fermo,a sommesso avviso di chi vi parla,il criterio del discernimento costituito dall’identità e dal valore dell’atto normativo.

L’atto normativo, per il quale soltanto auspicheremmo che fosse riservato il termine di “regolamento”, è il provvedimento che nell’ambito di scelte di valori già compiute dalla legge li completa: esso,cioè,in subordine alla fonte legislativa, e non derogando ad essa,compie ulteriori scelte di fondo della materia; specifica gli interessi che si vogliono privilegiare; i beni che si intendono tutelare. Esso precisa valori che completano l’ordinamento ed esso, pertanto, non può essere emanato se non da soggetti che siano, comunque, direttamente o indirettamente (ad esempio, a mezzo della fiducia che le Assemblee legislative concedono ai governi o ai loro membri) legittimati dalla sovranità,che, com’è noto, spetta al popolo e che, solo, può disporre di siffatte scelte. E’ per questo che, nel nostro ordinamento, ed, in particolare, per lo Stato, i regolamenti allorchè sono emanati da autorità governative dello Stato sono emanati con particolari cautele, quali il parere del Consiglio di Stato e la registrazione della Corte dei Conti.

Gli altri provvedimenti si iscrivono, invece, o nella categoria della “regolazione”, che è attività amministrativa che può giungere anche alla risoluzione di conflitti di interessi, appunto,tra loro contrastanti, oppure alla categoria degli atti amministrativi che sono atti che, ancorchè esplicativi, chiarificativi od altro, sono, comunque, atti esecutivi e, quindi, ascrivibili alla competenza di soggetti o Autorità amministrative.

Per essi, il procedimento amministrativo dispiega tutta la sua portata e la sua funzione ed il suo svolgimento assume la veste indefettibile e irrinunciabile della garanzia: della tutela, vale a dire, degli interessi che vengono in gioco.

 

5. In altre parole, si può affermare, che, “Regolamentazione” è terminologia che, scripto iure, fa richiamo ai “regolamenti” che, com’è noto, sono atti normativi i quali contribuiscono a completare l’ordinamento normativo (le c.d. norme secondarie).

Essi si iscrivono nel catalogo delle fonti ed hanno i caratteri della generalità e dell’astrattezza, al pari di quelli che sono i caratteri che dovrebbero avere le norme di legge e con la specifica funzione di aggiungere altri interessi e valori alla costruzione dell’ordinamento.

E ciò diversamente dagli atti amministrativi generali che sono soltanto atti o provvedimenti di interpretazione, di esecuzione, di apposizioni di clausole accidentali, modali.

Si è discusso se le Autorità, in quanto organi amministrativi, abbiano un potere regolamentare nei sensi anzidetti.

Un tale potere si distingue, pertanto, dal potere di “regolazione”, che è potere amministrativo - e non normativo - e che è proprio delle Autorità amministrative indipendenti, in quanto volto a regolare conflitti di interesse tra soggetti partecipi degli ordinamenti di settori ai quali le Autorità sovraintendono.

La notazione è importante dal momento che, allorché si parla di una riforma della legislazione in materia che si configuri come una legislazione di pochi principi accompagnata, poi, da una “soft-law” (riforma che, come si è detto, si condivide e da tempo propugnata), occorrerebbe, appunto, ben specificare se si tratti di norme regolamentari ovvero di provvedimenti regolatori, o anche, soltanto provvedimenti amministrativi generali, tra i quali si inseriscono le circolari, gli atti di indirizzo, le linee guida essendo, come noto, diversi il valore - vale a dire il regime giuridico, e l’efficacia, vale a dire gli effetti  dei due tipi di atti.

E’ dubbio che una “regolamentazione”possa dar luogo, di per sé, ad una “soft law”.

Essa, poi, attribuita ad un’Autorità amministrativa indipendente, priva di ogni legame con la sovranità, deve richiamare l’attenzione sulle cautele e sulle garanzie che, per il loro valore e la loro efficacia, hanno le “norme regolamentari”.

Cautele non necessarie ai livelli e nelle forme richieste, per provvedimenti amministrativi generali, quali sono le circolari le istruzioni, i bandi tipoe gli stessi atti di regolazione.

I provvedimenti amministrativi generali, peraltro, com’è noto, in caso di lesioni di interessi, sono soggetti immediatamente alla loro impugnabilità.

È appena il caso, infine, di ricordare che, per gli atti di regolazione, sono, per di più, sempre necessari ulteriori accorgimenti procedimentali che garantiscano la più vasta partecipazione, il più pieno contraddittorio dei soggetti interessati, l’assicurazione di una ponderazione cadenzata delle decisioni, ecc.: accorgimenti che le moderne tecniche informatiche favoriscono e realizzano.

 

6. Un discorso a sé occorre formulare con riguardo ai bandi tipo.

In proposito, si può affermare che già attualmente è implicitamente riconosciuta all’Autorità una funzione orientativa dell’operato dei soggetti operanti nel settore. Tale funzione è stata conseguenza della riconosciuta autorevolezza dell’organo.

È vero che l'attività di regolazione, per incidere in maniera effettiva, dovrebbe essere accompagnata sempre dalla possibilità di comminare la sanzione nel caso  di mancato  rispetto delle «regole».  Tuttavia, proprio in considerazione della posizione dell'Autorità, atti da questa emanati sono comunque in grado di produrre effetti dissuasivi e, in ogni caso, di orientare il comportamento delle stazioni appaltanti.

I provvedimenti dell'Autorità sembravano, pertanto, sino ad ora, configurarsi come atti «persuasivi», di alta consulenza, finalizzati, a volte, a evitare l'insorgere di controversie, a volte, a fornire alle stazioni appaltanti risposte in ordine a questioni interpretative della normativa sui lavori pubblici.

D’altra parte, in vari settori, sono conosciuti, anche ad opera di altre Autorità indipendenti o della stessa Commissione Europea (si pensi alle Comunicazioni) atti generali, raccomandazioni, istruzioni (ad es. Banca d’Italia) variamente denominati, tutti volti a creare presso i soggetti vigilati prassi uniformi e corrette di interpretazione della normativa di settore. Si tratta di atti che, pur privi di portata giuridicamente vincolante, registrando un elevato tasso di adesione spontanea da parte degli operatori del settore, costituiscono di fatto disposizioni che vengono definite di “soft law”, in ragione dell’autorevolezza del soggetto da cui promanano. In sostanza, questi atti possono dare vita a vere e proprie regole di condotta che si affermano nella realtà e vengono percepite dai destinatari come regole da seguire.

Il nuovo testo del Codice muta, in verità, una tale prospettiva poiché la norma riguardante i bandi di gara nella bozza da noi conosciuta, prevede che i bandi di gara redatti dalle stazioni appaltanti devono essere conformi ai bandi tipo dell’ANAC, non appena questi ultimi saranno predisposti. Non è più prevista, pertanto, la possibilità per le stazioni appaltanti di derogare, sia pure motivatamente, ai bandi tipo.

Il nuovo testo prevede inoltre due tipologie di linee guida cui delega la disciplina attuativa o quella regolamentare di alcuni settori:

1) Linee guida adottate dall’ANAC con le procedure da essa stabilite;

2) Linee guida adottate con Decreto del Ministero delle Infrastrutture, su proposta dell’ANAC o sentita l’ANAC o d’intesa con l’ANAC.

Il testo, sempre nella bozza ora conosciuta, prevede espressamente la vincolatività solo per alcune linee guida di ANAC (ad esempio quelle sulla qualificazione delle imprese operanti nel settore dei lavori), ma non è prevista in via generale in altra clausola del testo né per tutte le linee guida che l’ANAC deve comunque adottare.

 

7. La seconda innovazione che si vuole evidenziare come indice sintomatico di un nuovo modo di intendere la materia è quella della qualificazione delle Stazioni Appaltanti.

Da tempo – l’insegnamento rimonta al Giannini con il Rapporto sulla Pubblica amministrazione del1979 - si è osservato che le vere riforme non possono limitarsi alle procedure. Esse devono, invece, riguardare, innanzitutto, l’organizzazione ed, in primis, tra gli elementi di questa, i soggetti che agiscono nel settore.

Tradizionalmente, specie per il passato, l’ordinamento ha prestato attenzione ai soggetti–operatori economici del settore, al fine di assicurare la loro idoneità tecnica ed economica e la loro affidabilità morale,dando luogo alla disciplina e alle problematiche dell’Albo, e, quindi, ahimè, al tantodiscusso sistema delle società private di attestazione e qualificazione, previsto dalla L. n. 109 del 1994, la cui originaria impostazione pubblicistica fu ripresa, poi, soltanto nel 2007.

Ma poca attenzione l’ordinamento ha prestato all’altro plesso di soggetti che operano nello stesso campo e che costituiscono, per così dire, l’altra parte protagonista del settore, vale a dire le Stazioni Appaltanti.

Anche questo è un aspetto da tempo lamentato e denunciato e che si pensava, in tempi ormai lontani, di affrontare con riforme strutturali, ma che si sono sempre scontrate con consolidati assetti amministrativi e politici, titolari di contrastanti interessi.

La qualificazione delle Stazioni Appaltanti per i lavori, servizi e forniture per un determinato importo ovvia a questo inconveniente e fornisce un rimedio che, per il lato del soggetto pubblico, fa il paio con la preparazione, l’onestà e l’affidabilità del soggetto privato, sua parte contraente.

In proposito, gli artt. 35 -41 del testo a nostra disposizione, dettano una adeguata disciplina.

In particolare, è da segnalare l’art. 36 nella versione che si conosce,che prevede l’istituzione presso l’ANAC di un apposito elenco delle Stazioni appaltanti qualificate (di cui fanno parte anche le centrali di committenza) e che la qualificazione conseguita in rapporto alla tipologia e complessità del contratto e per fasce di importo, mentre un apposito decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza Unificata, sono definiti i requisiti tecnico-organizzativi per l’iscrizione del detto elenco in applicazione di criteri, di qualità, efficienza e professionalizzazione  specificati nel prosieguo della stessa norma.

L’innovazione, come si è detto, è da salutare con particolare favore, dal momento che può affermarsi che il rimedio organizzativo, da un lato, molto può contribuire a sostituire la molteplicità di norme procedurali emanate anche per sopperire alle eventuali deficienze tecniche e professionali delle stazioni appaltanti e, dall’altro, che una delle più valide forme di difesa contro la corruzione è la preparazione e la competenza professionale di quanti sono preposti alle relative incombenze in tema di appalti di lavori, servizi e forniture.

La seria selezione e la preparazione professionale dei soggetti preposti alle attività amministrative e alle funzioni in tema di appalti, in quanto rilevanti componenti della personalità degli stessi, ne rafforza lo spessore morale che è l’unico vero, efficace ed inespugnabile antidoto contro la corruzione.

Una pubblica amministrazione qualificata sana le deficienze, favorisce il mercato, migliora l’economia.

 

8. La terza, importante, innovazione che vorremmo segnalare e che, in verità, richiederebbe un convegno a sé, è quella che attiene all’aspetto del contenzioso.

Anche per questo aspetto, è da tempo che, in verità, si è osservato che la  vicenda amministrativa degli appalti pubblici sembra essere connotata da due precipui caratteri: il primo è quello, per così dire, della “giurisdizionalizzazione” della materia nel senso che tutta l’attività che interessa questo settore è seguita atto per atto e quasi continuamente, su istanza delle parti, dal giudice amministrativo,talvolta con  il pericolo di interferenze anche nello stesso merito dell’azione amministrativa la cui identità è minata, pertanto, nel suo stesso intimo.

Il secondo è quello della “penalizzazione” di questo settore, nel senso che i gravi scandali, le gravi vicende giuridiche, hanno sempre più prodotto “l’irrompere”, si disse in passato, del giudice penale nelle amministrazioni che si occupano di appalti pubblici, sino al decreto legge n. 90 del 2014 che ha previsto l’intromissione della autorità amministrativa all’interno degli stessi soggetti protagonisti dell’appalto, sino all’applicazione, a questo settore, di un regime molto vicino a quello dell’ordinamento antimafia.

Orbene, con riguardo a questi fenomeni, ed, in particolare, con riguardo al primo, il nuovo codice detta precise norme in tema di ricorsi giurisdizionali, anzitutto al fine di razionalizzare il processo in materia di gare pubbliche e, soprattutto, al fine di velocizzarlo.

E’ augurabile che l’intento delle norme sortisca i suoi effetti anche se sia consentito osservare che pretermesso e del tutto non considerato è, invece, l’ulteriore preventivo rimedio di un ritorno all’antico sistema – ovviamente attualizzato ed adeguatamente modellato – della “giustizia nell’amministrazione” come si diceva fino a qualche decennio fa (ma il filosofo pur insegna l’esperienza dei corsi e ricorsi storici).

Una giustizia nell’amministrazione più che della ricerca di una giustizia fuori dell’amministrazione, quasi contro di essa, come se questa fosse ritenuto apparato nei confronti del quale è necessario soltanto difendersi, specie, addirittura, in sede prevalentemente penale.

Sono poi previsti rimedi alternativi al ricorso giurisdizionale e nuove discipline sono previste per l’accordo bonario, la transazione, l’arbitrato.

In particolare, per quest’ultimo, sono salvaguardati ed incrementati gli aspetti pubblicistici e di garanzia, già introdotti con la legge n. 11 del 2006.

Tornacosì la Camera arbitrale, con la sua organizzazione, il suo regime amministrativo e pubblicistico, ed è auspicabile che, in futuro, essa regga di fronte a tentativi di ridimensionamento o di soppressione che da varie parti possono provenire e che, in passato, pur sono riusciti.

 

9. Quelli che si sono considerati sono tre significativi aspetti che la nuova normativa delinea nella materia, con tratti innovativi e marcati.

Se ci è consentita l’immagine, essi sembrano tre picchi in mezzo ai quali si estende la folta, complessa, intricata pianura delle articolate procedure.

In più punti, la materia è stata districata ed ammirevolmente migliorata, sotto vari profili.

L’auspicio, però, è che tutta la materia, al di là delle norme, sia illuminata evivificata dalla ispirata professionalità e dal retto sentire degli operatori tutti, sia essi pubblici che privati.

E’ a noi tutti noto che tutte le norme, infatti, non vivono di vita propria, ma del soffio dello spirito che l’interprete, l’operatore, immette in esse.

Tuttavia le norme hanno bisogno di un’accurata precisa, completa, approfondita, lettura.

E’ quella che, appunto, ci aiuteranno a compiere i nostri autorevoli relatori in un Convegno che si preannuncia ricco di approfondimenti su diversi istituti.

 

[i] Trattasi della relazione introduttiva tenuta al Convegno svoltosi sull’argomento, il 26 febbraio 2016, in Benevento, nell’Aula Magna dell’Università.