A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

PREOCCUPANTE PRONUNCIA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SUGLI ALIMENTI GENETICAMENTE MODIFICATI: SENZA EVIDENZE SCIENTIFICHE ASSOLUTE NON E’ LECITO IL DIVIETO DI PRODUZIONE SUL TERRITORIO ITALIANO

Autore: Avv. Maurizia Venezia

 

La Corte di Giustizia, con pronuncia N. 96/2017 del 13 settembre 2017, ha deliberato che gli Stati membri non possono adottare misure di emergenza concernenti alimenti e mangimi geneticamente modificati senza che vi siano evidenze scientifiche l’esistenza di un grave rischio per la salute o per l’ambiente, non essendo sufficienti le esigenze di cautela per i potenziali rischi.

Sarà da oggi sempre più importante per i consumatori,che per loro filosofia di vita abbiano scelto di evitare gli OGM, una lettura attentissima di etichette e schede informative poste sulle confezioni dei prodotti da acquistare, per sincerarsi delle effettive loro modalità di produzione, ciò anche tenuto conto che il mais, ad esempio, è presente sotto forma molecolare in dolcificanti e additivi come il fruttosio e lo sciroppo di glucosio con cui sono dolcificati innumerevoli categorie di prodotti, per non parlare della farina di mais, dell’olio di semi di mais, delle maltodestrine, destrine, dell’amido modificato e sorbitolo. Quindi biscotti, birra, barrette nutrizionali, budini e creme pronte, caramelle, gomme da masticare, fiocchi di cereali, muesli, creme spalmabili, merendine, torroni, gelati, marmellate e confetture, snack salati, preparati per puré, pizza, e torte, salse, sciroppi, succhi e nettari di frutta, verdure in salamoia e medicinali hanno la costante presenza del mais. A non voler tacere del fatto che la stragrande quantità del raccolto mondiale di mais (85% circa) è destinata all’industria dei mangimi, viene cioè utilizzata per alimentare polli e maiali (65%) e, in minor misura, i bovini (35%).

Ciò rende la portata della pronuncia in commento davvero dirompente nella catena alimentare.

Cerchiamo di chiarire sinteticamente gli esatti termini della controversia sottoposta all’esame della Corte di Giustizia e le sue conseguenze nel diritto interno italiano.

 

La storia

Nel 1998, la Commissione ha autorizzato l’immissione in commercio di mais geneticamente modificato MON 810. Nella sua decisione, la Commissione ha richiamato il parere del comitato scientifico, secondo cui non vi era motivo di ritenere che il suddetto prodotto avrebbe avuto effetti pregiudizievoli per la salute umana o per l’ambiente. Nel 2013 il governo italiano ha chiesto alla Commissione di adottare misure di emergenza per vietare la coltivazione di mais MON 810 alla luce di alcuni nuovi studi scientifici realizzati da due istituti di ricerca italiani. Sulla base di un parere scientifico emesso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), la Commissione ha concluso che non vi erano nuove prove scientifiche a supporto delle misure di emergenza richieste che fossero capaci di invalidare le proprie precedenti conclusioni sulla sicurezza del mais MON 810. Nonostante ciò, nel 2013 il governo italiano ha adottato un decreto che vietava la coltivazione del MON 810 nel territorio italiano.

 

La vicenda giudiziaria

Nel 2014 il sig. G.F. e altri hanno coltivato mais MON 810 in violazione del suddetto decreto, ragion per cui sono stati perseguiti penalmente. Nell’ambito del procedimento penale avviato a carico di tali persone, il Tribunale di Udine chiede, in particolare, alla Corte di giustizia se sia possibile adottare, in materia alimentare, misure di emergenza sul fondamento del principio di precauzione. Secondo tale principio, gli Stati membri possono adottare misure di emergenza al fine di scongiurare rischi per la salute umana che non siano stati ancora pienamente identificati o compresi in ragione di una situazione di incertezza sul piano scientifico.

 

La sentenza della Corte di Giustizia

Con l’odierna sentenza, la Corte ricorda, anzitutto, che tanto la legislazione alimentare dell’Unione quanto la legislazione dell’Unione concernente gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati sono volte ad assicurare un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, garantendo al contempo l’efficace funzionamento del mercato interno, del quale la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale (Decisione della Commissione del 22 aprile 1998 concernente l'immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zeamays L. Linea MON 810) a norma della direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU 1998, L 131, pag. 32) ; Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1). L’articolo 7 di tale regolamento, intitolato «Principio di precauzione», autorizza gli Stati membri ad adottare misure provvisorie di gestione del rischio «in circostanze specifiche a seguito (…) [della] possibilità di effetti dannosi per la salute ma [qualora] permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico»;  Regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU 2003, L 268, pag. 1). L'articolo 34 autorizza gli Stati membri ad adottare misure di emergenza «quando sia manifesto che prodotti [geneticamente modificati autorizzati] possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente»).  In tale contesto, la Corte constata che, qualora non sia accertato che un prodotto geneticamente modificato possa manifestamente comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente, né la Commissione né gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure di emergenza quali il divieto della coltivazione di mais MON 810. La Corte sottolinea che il principio di precauzione, che presuppone un’incertezza sul piano scientifico in merito all’esistenza di un certo rischio, non è sufficiente per adottare tali misure. Sebbene tale principio possa giustificare l’adozione di misure provvisorie di gestione del rischio nel settore degli alimenti in generale, esso non permette di eludere o di modificare, in particolare rendendole meno stringenti, le disposizioni previste per gli alimenti geneticamente modificati, poiché essi sono già stati oggetto di una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio.

Tuttavia, uno Stato membro, quando ha informato ufficialmente la Commissione circa la necessità di ricorrere a misure di emergenza e la Commissione non ha adottato nessuna misura, può adottare tali misure a livello nazionale. Esso può inoltre mantenere in vigore o rinnovare tali misure, finché la Commissione non abbia adottato una decisione che ne imponga la proroga, la modificazione o l’abrogazione. In tali circostanze, i giudici nazionali sono competenti a valutare la legittimità delle misure di cui trattasi.

L’auspicio è dunque che la comunità scientifica italiana ed internazionale giungano ad una soluzione univoca sugli effettivi rischi per la salute dei prodotto OGM, prendendo una definitiva posizione tra la valutazione di potenziale nocività degli OGM e certa lesività per la salute degli uomini e degli animali. Ai consumatori non rimane che la massima allerta su quanto comprano e/o ingeriscono.