A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

STRUMENTI PER LA TUTELA DELLA DEMOCRAZIA, DELLO STATO DI DIRITTO E DEI DIRITTI FONDAMENTALI NELL’UNIONE EUROPEA, verso un muovo meccanismo UE – Sovranità nazionale e europeizzazione dei diritti fondamentali[1]

 Autore: Dott. Dario Porta

 

Nell’analisi della tutela dello Stato di diritto, della democrazia e dei diritti fondamentali nell’ordinamento dell’Unione Europea si intrecciano la questione del loro contenuto, quella del rapporto tra ordinamenti nazionali e l’ordinamento dell’Unione europea, anche alla luce delle pronunce delle rispettive Corti supreme; rapporto basato su un complesso equilibrio tra il principio di autonomia degli ordinamenti nazionali, i principi di primazia e dell’effetto diretto. Un equilibrio che è in continuo divenire posta l’assenza di chiari rapporti gerarchici. Inoltre, si tratta di analizzare la portata e l’efficacia degli strumenti a disposizione delle istituzioni europee per monitorare e sanzionare le violazioni degli Stati membri nel quadro della nuova proposta del Parlamento europeo per la conclusione di un nuovo strumento interistituzionale denominato “Patto sulla Democrazia lo Stato di diritto e i diritti fondamentali” (DSD/DRF Democracy, the rule of law and fundamental rights).

Il Governo italiano rappresentato dal Sottosegretario alle Politiche europee Sandro Gozi, ha per primo indicato, tra le proposte nel futuro quadro finanziario pluriennale dell’Unione, il rispetto dello Stato di diritto come una delle condizioni per la concessione dei fondi strutturali e dei fondi di coesione agli Stati membri[2].

 

  1. Stato di diritto e diritti fondamentali nell’acquis dell’Ue: meccanismi di garanzia, politici e normativi e ruolo delle Istituzioni dell’UE

L’Unione europea, come sancito dall’art. 2 del Trattato dell’Unione Europea, si fonda su valori comuni agli Stati membri del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani. L’Unione europea è stata definita una “comunità di diritto” (a community based on the rule of law), tale principio è stato sviluppato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE ed oggi è stato consacrato nel Trattato di Lisbona e nella Carta dei diritti fondamentali che è parte integrante della normativa dell’Unione. Negli ultimi anni nell’Unione si è posta la questione del rispetto della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali negli Stati membri dopo il loro ingresso nell’Unione Europea abbandonando la presunzione assoluta che questi siano garantiti definitivamente, in seguito alle violazioni di alcuni Paesi membri. Queste inadempienze hanno determinato dibattiti e iniziative dei Governi nazionali e delle Istituzioni europee. Un certo consenso si deve constatare attualmente tra gli attori istituzionali dell’UE come in alcuni Stati membri, tra i quali l’Italia, sulla necessità di superare i limiti delle attuali procedure UE e, quindi, di trovare una soluzione al c.d. “dilemma di Copenaghen”, ovverosia quel paradosso, per cui mentre ai Paesi candidati ad aderire all’UE viene chiesto di fare propri i principi democratici, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali, prima di aderire all'UE, dopo tale adesione non esisterebbe uno strumento appropriato per affrontare e rimediare efficacemente alle violazioni dei suddetti, anche negli Stati membri fondatori o negli altri Stati membri che hanno aderito successivamente all'UE.

Il Trattato di Amsterdam e, poi, il Trattato di Lisbona con gli artt. 2, 6 ed il meccanismo sanzionatorio dell’art. 7 consacrano i diritti fondamentali come elementi fondanti l’Unione Europea, nel quadro dello sviluppo di una sovranazionale “Area di Libertà, Sicurezza e giustizia”[3]. I valori dell’Unione sono affermati nel testo della nuova formulazione del TUE, in modo esplicito e sistematico, già nel preambolo e successivamente nell’art. 2 del Trattato, il quale precede gli obiettivi dell’Unione (elencati nell’art. 3, ex art. 2 del TUE); in tal modo si è inteso sottolineare la primazia dei valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza e dello Stato di diritto che si sono sviluppati dalle eredità culturali, religiose ed umanistiche dell’Europa[4]. Pertanto, Gli articoli 2, 3 (comma 1) e 7 del Trattato attribuiscono all’UE il potere di intervenire per tutelare i valori “costituzionali” che esso condivide con gli Stati membri, ciò si estende al di là dell’ambito dell’applicazione del diritto europeo, in quanto gli Stati membri  si affidano al rispetto reciproco dei principi e dei valori dell’Unione nel quadro di tutte le politiche condivise (politiche economiche, politiche migratorie, giustizia etc.)[5]. Secondo i Trattati, sia l’Unione che gli Stati membri hanno competenza e obblighi nell’ambito dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto, anche se ciascun Stato membro può stabilire diversi modi per far valere questo nucleo di principi e valori.

La dicotomia tra la proclamazione dei diritti e valori e l’efficace controllo del loro adempimento è dovuta non solo alla controversa questione delle competenze e delle responsabilità tra l’Unione e gli Stati membri ma riguarda anche l’osservanza da parte degli Stati membri e dell’Unione europea del diritto internazionale sui diritti umani, e di conseguenza delle pronunce della Corte di Giustizia di Strasburgo. Inoltre, l’Unione può rivendicare la promozione ed il rispetto di tali valori nelle sue politiche interne ed esterne se esso stesso osserva tali principi in linea con la prevista adesione dell’Unione alla CEDU, ex art. 6 comma 2 del TUE[6].

L’Unione Europea dispone, con le sue Istituzioni ed organismi, di diversi strumenti di monitoraggio e/o valutazione/benchmarking azionabili sul rispetto della democrazia, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali, successivi alle negoziazioni di ingresso nell’Unione[7] (post-criteri di Copenaghen ex art. 49 TUE)[8]. L’art 7 del TUE costituisce il principale strumento di garanzia dell’UE esistente, che consente alle Istituzioni dell’UE di monitorare e assicurare l’osservanza dei principi sanciti dall’art. 2 del TUE nei confronti degli Stati membri dopo l’ingresso nell’Unione, insieme ad altri attivati nella prassi dalle Istituzioni dell’UE, in particolare recentemente nei confronti di alcuni Paesi membri come Polonia e Ungheria.Con il Trattato di Nizza lo strumento è stato delineato in due fasi: un meccanismo preventivo ed uno successivo sanzionatorio. La procedura prevista dall’art. 7 del TUE si caratterizza per il suo carattere essenzialmente politico, per la centralità attribuita al Consiglio europeo e il non coinvolgimento della Corte di Giustizia (questione dibattuta nelle proposte di elaborazione del Trattato di Amsterdam).Tale strumento appare essenzialmente politico, di moral suasion nonché di ultimo ricorso nel caso di sistematiche violazioni dei valori europei, piuttosto che un vero scrutinio di carattere giuridico sul comportamento degli Stati. Inoltre, nella prassi il meccanismo si è rilevato di difficile applicazione e/o contro produttivo[9]. Come osserva l’Ufficio Rapporti con l’Unione Europea del Parlamento italiano: tale strumento si è dimostrato sostanzialmente inutilizzato in ragione della complessità della procedura e soprattutto dalle difficoltà di conseguire, in seno al Consiglio dei ministri UE e al Consiglio Europeo, le maggioranze richieste per l’adozione delle sanzioni[10].A questo proposito occorre ricordare che negli anni scorsi vi sono stati tentativi di innescare la procedure dell’art. 7. Nel 2010 nel caso dell’espulsione di gruppi di nomadi dalla Francia nello Stato membro di origine (Risoluzione del Parlamento europeo del 6 settembre 2010); nel caso dell’Ungheria in seguito alle dichiarazioni espresse dal governo di Viktor Orbàn (in carica dal 2010) in tema di immigrazione, diritto di asilo e ripristino della pena di morte (Risoluzione del Parlamento europeo del 10 giugno 2015), nonché dopo l’adozione di riforme costituzionali, comprese quelle relative all’indipendenza dei media (Risoluzione del Parlamento europeo del 3 luglio 2013). Questi casi di evidente crisi riguardo ai valori dell’Unione hanno dimostrato l’impossibilità di azionare tale meccanismo e nello stesso tempo hanno provocato un processo per delineare nuovi strumenti di monitoraggio da parte delle Istituzioni senza in alcun modo modificare le norme dei Trattati, in linea con le volontà espressa dagli Stati membri.

La Commissione, nel marzo del 2014, ha esaminato le criticità insite negli strumenti di protezione dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, e, con la Comunicazione “Un nuovo quadro dell’UE per rafforzare lo Stato di diritto”, ha delineato un nuovo meccanismo di tutela.La procedura, prevista dalla Comunicazione, è configurata come uno “strumento pre-art. 7” nei confronti di situazioni di violazioni a carattere sistemico, che sitraducano in minacce all’ordinamento politico, istituzionale e/o giuridico di uno Stato membro agendo prima, e, in complementarietà con il suddetto meccanismo[11]. La procedura, adottata dalla Commissione per la prima volta, nel gennaio del 2016, nel caso del conflitto istituzionale verificatosi in Polonia[12], è stata criticata per i suoi limiti anche giuridici di compatibilità con i Trattati - rilevati dal servizio giuridico del Consiglio dell’UE[13].

Durante il semestre di Presidenza italiana – dal 1 luglio al 31 dicembre 2014 - il Consiglio dell’UE ha avviato un percorso di riflessione parallelo a quello delle altre Istituzioni europee che ha portato alla decisone presa, il 16 dicembre del 2014, dal Consiglio affari generali dell’UE (riunione con l’Italia come presidente di turno UE rappresentata dal Sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi)[14]. È stato stabilito un “dialogo politico” annuale in sede di Consiglio Affari generali volto a promuovere e salvaguardare lo Stato di diritto nel quadro dei Trattati, uno strumento complementare rispetto alla procedura prevista dall’art. 7. In attuazione di tali conclusioni il primo dialogo sullo Stato di diritto si è tenuto il 17 novembre 2015 ed il secondo il 24 maggio 2016.

Il dilemma e la sfida a cui rispondere è chi sia responsabile (accountability) della tutela dei diritti fondamentali, lo Stato di diritto e la democrazia, nel rispetto delle competenze e della sovranità degli Stati membri, come definite dall’art. 4 e dall’art. 5 del TUE. Nel processo di europeizzazione dei valori è invero essenziale una forma di governance democratica che risponda alle riserve di legittimità democratica poste dagli Stati membri. Il controllo verticale e orizzontale degli Stati nazione è, infatti, sempre più superato da un processo di controllo e garanzia a livello sovranazionale europeo. Pertanto occorre rilevare che lo Stato di diritto nella sua dimensione democratica e dei diritti fondamentali a livello europeo è strettamente legato alla questione del deficit democratico e di legittimazione che riguarda le politiche dell’Unione, in particolare quella relativa all’Area di Libertà Sicurezza e Giustizia per i poteri limitati attribuiti al Parlamento europeo e per la poca trasparenza e chiarezza nel processo decisionale relativo alla stessa Area, materia di competenza concorrente dell’Unione[15].

 

        2.  La prassi nell’Unione Europea, i casi di Polonia e Ungheria

Lo strumento “quadro sullo stato di diritto” della Commissione  è stato azionato nei confronti della Polonia a seguito dell’ascesa al potere del partito nazionalista “Diritto e Giustizia” e delle riforme avviate dal Governo e approvate dal Parlamento polacco. Dal punto di vista del mancato rispetto dei principi sullo Stato di diritto si è posto in discussione, in primo luogo, la nuova disciplina di nomina e di funzioni della Corte costituzionale ed i suoi effetti retroattivi, nonché la normativa sulla nomina dei consigli di amministrazione del servizio pubblico di radio e televisione alle dirette dipendenze del Governo, normative entrambi adottate nel 2015 dal Parlamento polacco.

La Commissione UE ha espresso la sua valutazione di “sistematica violazione” allo Stato di diritto ed avviato la procedura con la lettera del vice Presidente della Commissione UE Timmermans, nel dicembre 2015, ed il rule of law opinion del 1 giugno 2016, completata dalla Raccomandazione sullo Stato di diritto in Polonia, del 27 luglio del 2016[16] e dalla Raccomandazione del 21 dicembre 2016 in seguito alla nomina del nuovo Presidente della Corte Costituzionale. Il Governo polacco rispondeva, nel febbraio del 2017, di non volersi adeguare non condividendo la contestata violazione e invocando l’assenza di base giuridiche del meccanismo, in quanto non previsto dai Trattati e fonte di interferenze agli affari interni di uno Stato sovrano. Il 29 luglio del 2017 la Commissione ha preferito avviare una procedura di infrazione nei confronti della Polonia, ex art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea,relativamente alla riforma dell’organizzazione dell’ordinamento giudiziario che introduce una discriminazione per genere con il pensionamento delle donne magistrato a 60 anni e degli uomini a 65, in contrasto con l’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFEU) e la direttiva 2006/54 sull’eguaglianza fra i generi sul luogo di lavoro. Il Parlamento europeo recentemente è intervenuto, per la quarta volta, con la Risoluzione del 15 novembre u.s. con la quale ha inteso riaffermare la sua posizione critica nei confronti degli sviluppi di diverse riforme legislative in Polonia tali da produrre gravi rischi di violazione dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto, ex art 2 del TUE e Carta dei diritti fondamentali[17]. Il Parlamento europeo ha chiesto con quest’ultima iniziativa al governo polacco di adempiere agli obblighi dell’ordinamento giuridico dell’Unione e di instaurare al più presto un dialogo costruttivo con la Commissione.

La situazione dei diritti fondamentali in Ungheria è stata oggetto di alcuni interventi delle istituzioni europee e soprattutto di alcune risoluzioni del Parlamento europeo, dopo quella del 2013 (c.d. Relazione Tavares)[18], approvate rispettivamente: il 10 giugno e il 16 dicembre 2015, e da ultima il 17 maggio 2017[19]. Nella Risoluzione del 10 giugno 2015 sulla situazione in Ungheria il Parlamento europeo sollecitava la Commissione “ad attivare la prima fase del quadro UE per rafforzare lo Stato di diritto e ad avviare, quindi, immediatamente un approfondito processo di monitoraggio riguardante la situazione della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali in Ungheria, vigilando sull’eventuale violazione grave e sistemica dei valori su cui si fonda l’Unione, ai sensi dell’articolo 2 TUE. La richiesta del Parlamento, reiterata con la successiva Risoluzione del dicembre 2015, non ha tuttavia avuto seguito. Il meccanismo dell’art. 7 non è stato azionato anche per divisioni tra i gruppi politici del Parlamento europeo. Per alcune delle questioni in astratto riconducibili alla violazione dei principi dello Stato di diritto la Commissione ha preferito – anche in ragione della maggiore efficacia dell’intervento – ricorrere alla procedura di infrazione, ex art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, nei confronti della controversa legislazione ungherese. La questione relativa alla giustizia è stata oggetto di ricorso alla Corte di giustizia. Quest’ultima ha statuito che l’abbassamento del limite di età per i giudici costituisce una violazione della direttiva 2000/78/CE[20]. Questo esito non ha impedito che il Governo ungherese intervenisse con il rimuovere i giudici e sostituirli con quelli di proprio gradimento. Lo stessa situazione ha riguardato la procedura di infrazione sulla “protezione dei dati”. La Commissione di fronte ad una nuova nomina governativa dell’Ombudsman ungherese ha deciso di adire la Corte di Giustizia UE che, nell’aprile del 2014, ha deciso contro l’Ungheria[21]. Nell’ultima risoluzione, approvata il 17 maggio 2017, sulla situazione in Ungheria (2017/2656(RSP)) Il Parlamento europeo ha dichiarato che la situazione dei diritti fondamentali in Ungheria giustifica l'avvio della procedura formale per determinare se in uno Stato membro ci sia un "evidente rischio di grave violazione" dei valori dell'UE[22]. I deputati vedono, infatti, un grave deterioramento dello Stato di diritto e della democrazia in questo Paese, e, per questo chiedono che le leggi controverse debbano essere sospese o ritirate, i fondi UE per l'Ungheria debbano essere posti sotto sorveglianza e propongono l'attivazione dell'articolo 7, paragrafo 1,incaricando la commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni(commissione LIBE) di elaborare una risoluzione formale da votare in Plenaria. Il Parlamento europeo ha, inoltre, ribadito la necessità di istituire un meccanismo di salvaguardia dei valori fondamentali dell'UE, come già sostenuto nella risoluzione del 25 ottobre 2016 (sul Patto in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali -DSD), come vedremo successivamente).

Questo ultimo intervento rappresenta un banco di prova per la capacità dell'Unione di difendere i suoi valori fondanti. Certamente la pressione esterna non è sufficiente da sola a cambiare la situazione politica di un Paese e a ristabilire lo Stato di diritto, al contrario potrebbe essere considerata una interferenza negli affari interni di uno Stato membro. Le stesse procedure di infrazione attivate dalla Commissione, anche in seguito ad una pronuncia della Corte di Giustizia, non hanno avuto grandi esitiqualora il Paese in questione non sia disposto a collaborare.Inoltre, l’intervento esterno dovrebbe essere accompagnato da una opposizione politica interna alle misure dei governi che, come abbiamo visto in Polonia ed Ungheria, sono intenzionati a proseguirenella loro azione e minare i checks and balances dello Stato di diritto nel proprio Paese[23]. L’intervento della Corte di Giustizia non è stato sufficiente a garantire la tutela dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali nei confronti di un Governo di uno Stato membro come si visto,in particolare,nel caso dei flussi migratori verso il sud dell’Europa. Nella sentenza del 6 settembre 2017 la Corte ha respinto i ricorsi della Slovacchia e dell’Ungheria contro il meccanismo provvisorio di ricollocazione obbligatoria di richiedenti asilo, affermando che tale meccanismo contribuisce effettivamente e in modo proporzionato a far sì che la Grecia e l’Italia possano far fronte alle conseguenze della crisi migratoria del 2015, garantendo l’esercizio effettivo, nel rispetto della Convenzione di Ginevra, del diritto fondamentale di asilo, quale sancito dall’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali[24]. L’opposizione alle ricollocazioni dei migranti da parte di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca dovrebbero avere una risposta ferma ed univoca da parte delle Istituzioni dell’Unione Europea tale da produrre efficacemente dei risultati.

La Commissione europea il 20 dicembre 2017 ha attivato, per la prima volta, nei confronti della Polonia la procedura prevista dall’art. 7 del TUE. La Commissione è intervenuta preannunciando, in assenza di cambiamenti legislativi sulla riforma del sistema giudiziario, la 4ª Raccomandazione relativa a richieste di interventi alle autorità polacche ed una successiva Proposta ragionata al Consiglio UE.

 

        3.  Sviluppo dell’integrazione europea e tutela multilivello dei diritti fondamentali - la “teoria dei controlimiti”

Il sistema nell’ordinamento dell’Unione Europea era sorto da Trattati internazionali le cui finalità originali non riguardavano la tutela dei diritti dell’uomo. Nel silenzio dei Trattati istitutivi delle Comunità europee la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha portato al riconoscimento e alla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo nell’ordinamento dell’Unione. Il processo di “costituzionalizzazione” dei diritti fondamentali a livello europeo ha avuto un primo riconoscimento testuale nel Trattato di Maastricht e, successivamente,nella codificazione della Carta dei diritti fondamentali un suo elemento fondante. L’art. 51 della Carta UE costituisce d’altra parte una limitazione controversa all’ambito dell’applicazione delle disposizioni della stessa relativamente al diritto dell’Unione, e, pertanto delle competenze della Corte di Giustizia, in particolare quando distingue, al par. 1, fra le Istituzioni dell’Unione e gli Stati membri. In effetti la stessa Carta sancisce l’obbligo del rispetto dei principi di attribuzione e sussidiarietà che incidono nella delimitazione e sull’esercizio delle competenze attribuite dai Trattati rispettivamente alle Istituzioni e agli Stati membri. Nei Trattati della Comunità europea le libertà individuali garantite erano quelle strumentali alla realizzazione delle quattro libertà del mercato: libertà di circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. La Corte di Giustizia UE in una prima fase, ha avuto un atteggiamento negativo circa la sussistenza di un sistema di protezione dei diritti fondamentali in ambito comunitario. Nel corso degli anni in contemporanea con le “riserve di sovranità” poste da alcune Corti Costituzionali dei Paesi membri, tra le quali quella italiana e tedesca[25], la Corte di Lussemburgo comincia a considerare i diritti fondamentali come oggetto della propria competenza in quanto principi del diritto comunitario di cui deve, pertanto, garantire la protezione. Si è giunti a riconoscere la necessità di una limitazione nell’applicare taluni obiettivi/principi dell’ordinamento comunitario, in una sorta di teoria di controlimiti a contrario; la tutela dei diritti fondamentali è assicurata a prescindere, e, anzi a costo di limitazioni alle libertà fondamentali previste dai Trattati. Con due sentenze in particolare la Corte ha cominciato ad elaborare un primo sistema europeo-comunitario di tutela dei diritti: la sentenza Stauder del 12 novembre 1969, sentenza Internationale Handelsgesellscaft, del 1970. Con tali sentenze la Corte Ue afferma che  “i diritti fondamentali della persona fanno parte dei principi generali del diritto comunitario di cui la Corte garantisce l’osservanza”[26], ribadendo altresì che “che“ la salvaguardia di questi diritti, pur essendo informata alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, va garantita entro l’ambito della struttura e delle finalità della Comunità”[27]. Tale riferimento alle tradizioni costituzionali è determinato dalla volontà della stessa di evitare contrasti con le Corti costituzionali interne, così come di affermare il primato del diritto comunitario sul diritto nazionale. In effetti solo in seguito agli interventi giuresprudenziali delle Corti di Giustizia dei Paesi membri – in particolare della Corte costituzionale italiana e tedesca –La Corte di Giustizia inizia a elaborare un sistema comunitario di tutela dei diritti. In particolare, con le sentenze Schmidberger, Dynamic Medien, Omega[28]. La Corte di Lussemburgo si pone il problema del bilanciamento della tutela dei classici diritti economici relativi alle quattro libertà – del lavoro, delle merci, dei servizi e dei capitali – con i diritti fondamentali degli individuali garantiti entrambi dai Trattati[29]. Inoltre, nella sentenza Zambrano[30] la Corte UE si erge a garante dei diritti fondamentali contro gli eventuali deficit di tutela da parte degli Stati membri nell’inserimento dei diritti fondamentali nell'involucro della cittadinanza europea. La Giurisprudenza della Corte di Lussemburgo giurisprudenza, come “motore dell’unificazione dell’ordinamento giuridico europeo”, si evolve al fine di assicurare il rispetto della dignità umana quale principio generale del diritto nei confronti dell’Unione e degli Stati membri[31].

 

  1. La risoluzione del Parlamento europeo: la proposta di nuova procedura inter-istituzionale del Parlamento europeo in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali

Il 25 ottobre 2016, l’Assemblea plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, ha approvato a maggioranza assoluta una risoluzione, sulla base della relazione di Sophia in 't Veld (ALDE - Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa), con la quale si chiede alla Commissione europea di presentare entro settembre 2017, una proposta per la conclusione di un Patto dell'Unione sulla democrazia, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali - DSD/DRF Democracy, the rule of law and fundamental rights - sotto forma di un Accordo interistituzionale[32]. L’accordo proposto intende stabilire un quadro unico di cooperazione tra le istituzioni dell’UE e i suoi Stati membri nel quadro dell’art. 7 del Trattato dell’UE, armonizzando e completando gli strumenti già esistenti: “Il quadro per lo Stato di diritto” della Commissione e il “dialogo annuale” che si tiene ogni anno presso il Consiglio. L’obiettivo è quello di adottare un meccanismo progressivo che sia oggettivo, basato su elementi concreti, applicato a tutti gli Stati membri, in modo giusto ed equo, che includa sia la dimensione preventiva che quella correttiva, e di completarlo anche con misure non legislative per quanto riguarda l’accesso alla giustizia a livello europeo (art. 70 del TUE).Tra le modifiche più rilevanti proposte si nota quella di rendere obbligatoria l’osservanza delle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali, anche nei settori non rientranti nelle discipline dell’Unione.

Il Patto interistituzionale supererebbe i limiti degli interventi delle Istituzioni; sia quelli orizzontali riguardanti tutti gli Stati membri, come “il dialogo del Consiglio”, che quelli verticali diretti a singoli casi di violazione di uno Stato membro, come le procedure di infrazione e il “quadro dello Stato di diritto della Commissione”. Infatti “un ciclo politico” coordinato dal Parlamento europeo potrebbe ottimizzare i differenti strumenti previsti, il dialogo del Consiglio e l’annuale dibattito sui diritti fondamentali ospitato dal Parlamento europeo[33]. Quest’ultimo infatti potrebbe anche promuovere discussioni inter-parlamentari con il contributo di relazioni da parte dei Parlamenti nazionali. Sia il dialogo interparlamentare che quello nell’ambito del Consiglio potrebbero attivare l’intervento della Commissione[34]. Infatti, la Commissione sulla base della Relazione potrebbe decidere di avviare una procedura di infrazione sistemica raggruppando diversi casi di infrazione, nonché presentare, con il parere del Parlamento europeo e del Consiglio, una proposta di valutazione sull’attuazione da parte degli Stati membri delle politiche UE in materia di libertà, sicurezza e giustizia ex art. 70 del TUE[35]. La Relazione potrebbe aprire un dialogo tra la Commissione e lo Stato membro interessato ai rilievi in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali. Nel caso di persistenti e gravi violazioni dei suddetti valori si aprirebbe la strada al meccanismo previsto dall’art. 7. In quest’ultimo caso il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, ciascuno nel suo ambito di competenza, adotterebbe una decisione pubblica e motivata.Occorre osservare che il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali se da un lato tende a valorizzare il ruolo di quest’ultimi, dall’altro un loro pieno coinvolgimento rischia di investirli di una responsabilità che dovrebbe spettare, invece, ai Governi nazionali, in particolare nella previsione della facoltà del Consiglio di adottare conclusioni che invitano i Parlamenti nazionali a fornire una risposta alla Relazione DSD[36]. Un ruolo di primo piano in questo processo dovrebbe essere attribuito alle Commissioni che si occupano degli affari europei oltre al coinvolgimento ovviamente delle Commissioni parlamentari nazionali competenti per materia. Infine, La Commissione UE dovrebbe chiarire la nozione di minaccia sistematica allo Stato di diritto e stabilire le conseguenze di una violazione, come per esempio la riduzione dei finanziamenti dei fondi UE, garantendo maggiore trasparenza a tutto il meccanismo di controllo e sanzionatorio[37].

 

Osservazioni conclusive

Come abbiamo visto, se i “controlimiti” sono nati per controllare l’ingresso del diritto comunitario all’interno delle strutture costituzionali degli Stati membri, essi stessi hanno anche rappresentato un importante sprone all’affermazione di una tutela dei diritti fondamentali autenticamente comunitaria[38]. In questo sistema multilivello si assiste ad un dialogo tra Istituzioni e Corti che ha messo in evidenza, l’esistenza di un sistema costituzionale europeo di principi e valori che ha anche fornito materia di coesione e di alimentazione per un inedito “fenomeno interattivo fra una pluralità di ordinamenti giuridici (statuale, sovranazionale, interstatuale)”[39].

Negli ultimi anni di fronte ad una sempre maggiore rinuncia di sovranità degli Stati membri, in particolare riguardo alle politiche economiche e monetarie, si rileva una grande riluttanza degli stessi relativamente alla garanzia della tutela della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali nonostante l’evoluzione dell’integrazione europea e la codificazione dei diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico dell’UE. Ciò ci interroga sul processo di creazione di “un’Unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa” (come affermato dal Trattato dell’Unione europea) e sul ruolo, pertanto, che le Istituzioni dell’Unione compresa la Corte di Giustizia, debbano avere sulle tutele che sono state consacrate nei Trattati e sviluppate nella prassi. L’iniziativa di alcuni Stati membri e quella della Commissione, in particolare la recente proposta del Parlamento europeo, costituiscono una tappa fondamentale ai fini di una effettiva ed efficace salvaguardia della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali in una reale area di Libertà, Sicurezza e Giustizia dell’Unione europea.

Occorre osservare che la debolezza della sovranità sovranazionale dell’Unione nei confronti dei Paesi membri rende difficile realizzare l’evocata “comunità di diritti” al pari delle libertà del mercato e della moneta unica. L’elaborazione della Carta dei diritti insieme ai nuovi meccanismi di tutela sanciti dal Trattato di Lisbona hanno rappresentato indubbiamente una tappa importante nel progettato e poi interrotto processo di costituzione europea, insieme all’evoluzione della giurisprudenza della Corte[40], ma il riconoscimento dei diritti fondamentali attende di essere consacrato da una reale processo democratico di un’Unione più unita, più forte, più democratica e che goda della fiducia dei suoi cittadini, come ha affermato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nel discorso sullo “Stato dell’Unione” per il 2017. Un Europa unita come un’entità sovranazionale sui generis, come voluta dai padri fondatori, che non si sostituisse agli Stati nazionali e non si imponesse agli stessi, se non nei limiti da essi consentiti, e, con un assetto istituzionale sempre più espressione democratica di sovranità popolare non solo degli Stati membri ma anche dei cittadini europei. Il passaggio dalla attuale governance europea di diritto internazionale pubblico ad una fondata sulla costituzionalizzazione/europeizzazione dei diritti fondamentali e dello stato di diritto comporterebbe di conseguenza un salto di qualità condiviso dell’assetto istituzionale dell’Unione.

 

 

[1]Questo articolo è una sintesi della tesi del Master di specializzazione in studi europei dell’Istituto di Studi Europei "Alcide De Gasperi" (sessione autunnale - anno accademico 2016-2017); Relatore: Presidente Prof. Antonio SABBATELLA, Candidato: dott. Dario PORTA: “Strumenti per la tutela della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti fondamentali nell’Unione europea norme e prassi nell’UE, verso un nuovo meccanismo di garanzia - sistema multilivello di protezione dei diritti fondamentali”.

[2]Camera dei deputati, XVIII Legislatura, Discussione della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea riferita all’anno 2017 e sul Programma di lavoro della Commissione per il 2017 (Doc LXXXVIII-bis, n. 5-A) – Discussioni – Seduta di Lunedì 19 giugno 2017 –n. 816. Camera dei deputati, I Commissione Permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni), 26 gennaio 2017 - Doc. XII, n. 1070 (Seguito dell’esame, ai sensi dell’articolo 127, comma 1, del regolamento, e conclusione – Approvazione di un documento finale) Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2016 recante raccomandazioni alla Commissione sull’istituzione di un meccanismo dell’UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali (2015/2254(INL)) (Doc. XII, n. 1070).

[3] Art 6 e art. 7 Trattato UE introdotti dal Trattato di Amsterdam e art. 7 modificato dal Trattato di Nizza.

L'articolo 7 del TUE riprende una disposizione del precedente trattato di Nizza che stabiliva al tempo stesso un meccanismo di prevenzione laddove esista «un evidente rischio di violazione grave», da parte di uno Stato membro, dei valori di cui all'articolo 2 e un meccanismo di sanzioni in caso di constatazione «di una violazione grave e persistente» di questi stessi valori da parte di uno Stato membro. Il Parlamento europeo dispone sia di un diritto d'iniziativa, che consente l'attuazione del primo di questi meccanismi, sia di un diritto di controllo democratico in quanto la sua approvazione è necessaria per l'attuazione degli stessi.

[4] Preambolo del Trattato dell’Unione Europea (TUE) versione consolidata – Trattato di Lisbona.

[5] L’art. 2 del TUE non contiene gli stessi limiti dell’ambito della sua applicazione uguali a quelli posti dall’art. 51 della Carta dei diritti fondamentali.

Wouter van Ballegooij, TatjanaEvas, European Added Value Unit, in depth analysis,Interim European Added Value Assessment accompanying the Legislative initiative Report (Rapporteur Sophie in 't Veld), An EU mechanism on democracy, the rule of law and fundamental rights, European Parliamentary Research ServiceBrussels European Union, 2016.

Laurent Pech, Erik Wennerström, Vanessa Leigh, AgnieszkaMarkowska, Linda De Keyser, Ana Gómez Rojo and Hana SpanikovaAn EU mechanism on democracy the rule of law and fundamental rights’(annex I) European Parliamentary Research Service, Brussels European Union, 2016.

[6] Attualmente la bozza di accordo sull’adesione dell’UE alla Convenzione è stata considerata incompatibile con l’ordinamento dell’Unione dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo che ha sollevato eccezioni rispetto all’autonomia del diritto dell’Unione ed al principio di reciproco riconoscimento su cui si basa la cooperazione intra UE. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Parere 2/13 DELLA CORTE (Seduta Plenaria) 18 dicembre 2014. Parere emesso ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE — Progetto di accordo internazionale — Adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali — Compatibilità di detto progetto con i Trattati UE e FUE.

[7] Petra Bárd, Sergio Carrera, Elspeth Guild and DimitryKochenov, with a thematic contribution by WimMarneffe. ‘Assessing the need and possibilities for the establishment of an EU scoreboard on democracy, the rule of law and fundamental rights’; European Parliamentary Research Service, Brussels 2016

Carrera Sergio Guild Elspeth and Hernanz Nicholas, The Triangular Relationship between Fundamental Rights, Democracy and the Rule of Law in the EU Towards an EU Copenhagen Mechanism, Study for Directorate General For Internal Policies Policy Department C: Citizens' Rights And Constitutional Affairs Civil Liberties, Justice And Home Affairs CEPS November 2013.

[8] Ibidem.

[9] Roberto Mastroianni, Stato di diritto o ragion di stato? La difficile rotta verso un controllo europeo del rispetto dei valori dell’unione negli stati membri (dialogo con Ugo villani), Pubblicato il: 13/02/2017 Autore: Categorie: articoli , Tag: diritti fondamentali, Stato di diritto. EuroJus.it.

Carrera Sergio Guild Elspeth and Hernanz Nicholas, The Triangular Relationship between Fundamental Rights, Democracy  and the Rule of Law in the EU Towards an EU Copenhagen Mechanism, Study for Directorate General For Internal Policies Policy Department C: Citizens' Rights And Constitutional Affairs Civil Liberties, Justice And Home Affairs CEPS November 2013.

[10] Camera dei deputati, Ufficio Rapporti con l'Unione Europea, ­ XVII Legislatura ­ Dossier di documentazione. Meccanismo UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali, Documentazione per le Commissioni­ Esame di atti e documenti dell'UE. Numero:72, 12/01/2017

[11] “Devono cioè essere minacciati l'ordinamento politico, istituzionale e/o giuridico di uno Stato membro in quanto tale, la sua struttura costituzionale, la separazione dei poteri, l'indipendenza o l'imparzialità della magistratura, ovvero il suo sistema di controllo giurisdizionale compresa, ove prevista, la giustizia costituzionale – ad esempio in seguito all'adozione di nuove misure oppure di prassi diffuse delle autorità pubbliche e alla mancanza di mezzi di ricorso a livello nazionale”. Commissione europea, COM (2014) 158/final 2 Comunicazione della Commissione europea al Consiglio dell’Unione europea e al Parlamento europeo su Un nuovo framework per il rafforzamento dello stato di diritto nell’Unione europea”.

[12]Il 16 maggio 2017 la Commissione ha informato il Consiglio Affari generali della situazione in Polonia. Una maggioranza molto ampia di Stati membri ha sostenuto il ruolo della Commissione e gli sforzi per risolvere tale questione e ha invitato il governo polacco a riprendere il dialogo con la Commissione.

[13]Opinion of the Legal Service, Council of The European Union, Brussels,  27 May 2014. “The Council Legal Service is of the opinion that the new EU Framework for the Rule of Law as set out in the Commission's communication is not compatible with the principle of conferral which governs the competences of the institutions of the Union”.

[14] Conclusioni del Consiglio Affari Generali UE, Bruxelles 16 dicembre 2014 sotto la presidenza italiana del Sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi. “The Council and the member states meeting within the Council adopted conclusions on respect for the rule of law, establishing a political dialogue among member states to promote and safeguard the rule of law within the EU. This new instrument complements the infringement procedure - in the case of a breach of EU law - and the so-called article 7 procedure of the Lisbon Treaty, which allows for the suspension of voting rights in the case of a serious and persistent breach of EU values”.

[15]J. Habermas (2001), The Postnational Constellation – Political Essays, Cambridge, MA: MIT Press in Directorate General For Internal Policies Policy Department C: Citizens' Rights And Constitutional Affairs Civil Liberties, Justice And Home Affairs, The Triangular Relationship Between Fundamental Rights, Democracy And Rule Of Law In The Eu Towards An Eu Copenhagen Mechanism- Study, October 2013.

[16] Commission Recommendation of 27.7.2016 regarding the rule of law in Poland, C(2016) 5703 final complementary to Commission Recommendations (EU) 2016/1374 and (EU) 2017/146, C(2017) 5320 final; Recommendation Commission of 21.12.2016 regarding the rule of law in Poland complementary to Commission Recommendation (EU) 2016/1374.

[17]Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2017 sulla situazione dello Stato di diritto e della democrazia in Polonia (2017/2931(RSP)). Il Parlamento europeo ha sempre sostenuto le preoccupazioni della Commissione, anche nelle due risoluzioni del 13 aprile 2015 (2015/3031(RSP)) e del 14 settembre 2016 (2016/2774(RSP)). 

[18] Risoluzione del Parlamento europeo del 3 luglio 2013 sulla situazione dei diritti fondamentali: norme e pratiche in Ungheria (in applicazione della risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2012) (2012/2130(INI))

[19]Risoluzione del Parlamento europeo del 10 giugno 2015 sulla situazione in Ungheria (2015/2700(RSP)), Risoluzione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2015 sulla situazione in Ungheria (2015/2935(RSP)); Risoluzione del Parlamento europeo del 17 maggio 2017 sulla situazione in Ungheria (2017/2656(RSP))

[20] Sentenza della Corte di Giustizia UE (Prima Sezione) del 6 novembre 2012.Commissione europea contro Ungheria. Inadempimento di uno Stato — Politica sociale — Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro — Direttiva 2000/78/CE — Articoli 2 e 6, paragrafo 1 — Regime nazionale che impone la cessazione dell’attività professionale dei giudici, dei procuratori e dei notai che abbiano compiuto 62 anni di età — Finalità legittime che giustificano una disparità di trattamento con i lavoratori di età inferiore a 62 anni — Proporzionalità della durata del periodo transitorio. Causa C‑286/12.

[21] Sentenza della Corte di Giustizia UE (Grande Sezione) del 8 aprile 2014 Nella causa C‑288/12, «Inadempimento di uno Stato – Direttiva 95/46/CE– Tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e libera circolazione di tali dati– Articolo 28, paragrafo 1– Autorità nazionali di controllo – Indipendenza– Normativa nazionale che pone fine anticipatamente al mandato dell’autorità di controllo– Creazione di una nuova autorità di controllo e nomina di un’altra persona in qualità di presidente».

[22]Risoluzione del Parlamento europeo del 17 maggio 2017 sulla situazione in Ungheria (2017/2656(RSP)).

[23]Bugarič Bojan, Protecting Democracy and the Rule of Law in the European Union: The Hungarian Challenge, LSE ‘Europe in Question’ Discussion Paper Series, July 2014.

[24] Sentenza della Corte di Giustizia UE (Grande Sezione) del 6 settembre 2017, cause riunite C-643/15 e C-647/15 Repubblica slovacca, (C-643/15), e Ungheria, (C-647/15).

[25] Sentenza della Corte Costituzionale italiana, del 18 dicembre 1973, n. 83, (Frontini); Sentenza 232/1975 (Società industrie chimiche Italia centrale); Sentenza della Corte Costituzionale del 5 giugno 1984, n. 170 n. 170/1984 (Granital). Sentenza Corte Costituzionale 21 aprile 1989, n. 232, (c.d. Fragd).

Sentenza c.d. Granital al punto 4 della motivazione: “Vi è un punto fermo nella costruzione giurisprudenziale dei rapporti fra diritto comunitario e diritto interno: i due sistemi sono configurati come autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dal Trattato”.

“La creazione di questa sorta di riserva di giurisdizione ha avuto sì come obiettivo quello di garantire l’inviolabilità da parte del diritto comunitario del cuore della costituzione italiana, di quell’insieme di principi e diritti che rappresentano il nucleo intangibile della Carta costituzionale, ma anche, contestualmente, quello di esaltare il ruolo della Corte costituzionale come soggetto legittimato a difendere ad oltranza la Costituzione e i diritti dei singoli, in quanto organo di chiusura del sistema” F. Salmoni, La Corte Costituzionale, la Corte di giustizia CE e la tutela dei diritti fondamentali, in P. Falzea, A Spadaro, L. Ventura (a cura di), La Corte Costituzionale e le Corti d’Europa, Torino, 2003.

La Corte Costituzionale tedesca si è occupata come quella italiana della salvaguardia dei valori fondamentali dell’ordinamento costituzionale nei confronti dell’ordinamento comunitario con pronunce di affermazione dell’esistenza di contro limiti ed orientate comunque ad un dialogo al fine di un coordinamento tra i due ordinamenti giuridici. Bundesverfassungsgevicht, sentenza del 29 maggio 1974 (2BvL 52/71) (c.d. Solange I); Bundesverfassungsgevicht, sentenza del 22 ottobre 1986 (2BvR 197/83) (c.d. Solange II); Bundesverfassungsgevicht, sentenza del 12 ottobre 1993 (2BvR 2134/92 e 2BvR 2159/92) (c.d. Maastricht); Bundesverfassungsgevicht, sentenza del giugno 2002 (2BvL 1/97) (c.d. Bananen).

[26] Sentenza della Corte di Giustizia UE del 12 novembre 1969.12 novembre 1969, C-29/69, Stauder c. StadtUlm, in Racc., 1969, p. 419

[27] Sentenza della Corte di Giustizia UE 17 dicembre 1970, C-11/70, Internationale Handelsgesellscaft, in Racc., 1970, p. 1125. La Corte dichiara che le questioni relative alla violazione dei diritti fondamentali possono essere valutate solo alla stregua del diritto comunitario e che, d’altra parte, questi costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto di cui essa garantisce l’osservanza. Nel garantire la suddetta tutela la Corte afferma innanzitutto di doversi ispirare alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e poi che i trattati internazionali in materia di diritti umani cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito possono fornire elementi di cui occorre tenere conto nell’ambito del diritto comunitario.

[28] Sentenza 12 giugno 2003, Schmidberger, causa C-112/00, Raccolta p. I-5659; Sentenza 14 ottobre 2004, Omega, causa C-36/02, Raccolta p. I-9609; Sentenza 12 giugno 2003, Schmidberger, causa C-112/00, Raccolta p. I-5659; Sentenza della Corte di Giustizia UE (Terza Sezione) del 14 febbraio 2008 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal LandgerichtKoblenz — Germania)  DynamicMedien, causa C-244/06.

[29]Nella sentenza Omega la Cortesancisceche la dignità umana, integrando il concetto di ordine pubblico di cui all’art. 30 TCE, può limitare la libera prestazione dei servizi. “L’ordinamento comunitario è diretto innegabilmente ad assicurare il rispetto della dignità umana quale principio generale del diritto” e specifica che “poiché il rispetto dei diritti fondamentali si impone sia alla Comunità che ai suoi Stati membri, la tutela di tali diritti rappresenta un legittimo interesse che giustifica, in linea di principio, una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario, ancorché derivanti da una libertà fondamentale garantita dal Trattato quale la libera prestazione dei servizi”.

[30] Sentenza della Corte UE dell'8 marzo 2011, in C-34/09.

[31]“La tutela di tali diritti rappresenta un legittimo interesse che giustifica, in linea di principio, una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario, ancorché derivanti da una libertà fondamentale garantita dal Trattato quale la libera prestazione dei servizi”. Sentenza della Corte di Giustizia UE c.d Omega, Sentenza 14 ottobre 2004, Omega, causa C-36/02, Raccolta p. I-9609.

[32]Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2016 recante raccomandazioni alla Commissione sull'istituzione di un meccanismo dell'UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali (2015/2254(INL)). La risoluzione si caratterizza per i seguenti elementi: la proposta di risoluzione e un allegato, il Patto (“Accordo”) interistituzionale. Nella seduta plenaria a Strasburgo del Parlamento Europeo del 25 ottobre nella quale è intervenuta la relatrice Sophia in 't Veld (gruppo ALD - dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa) è stato effettuato il dibattito e la votazione finale.

Al momento della stesura di tale Tesi non è stata ancora presentato un tale Documento dalla Commissione europea.

[33] Laurent Pech, Erik Wennerström, Vanessa Leigh, AgnieszkaMarkowska, Linda De Keyser, Ana Gómez Rojo and Hana SpanikovaAn EU mechanism on democracy the rule of law and fundamental rights, (annex I), European Parliamentary Research Service, Brussels 2016.

[34]Ibidem.

[35] Art.70 del TFUE: “Fatti salvi gli articoli 258, 259 e 260, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure che definiscono le modalità secondo le quali gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, procedono a una valutazione oggettiva e imparziale dell'attuazione, da parte delle autorità degli Stati membri, delle politiche dell'Unione di cui al presente titolo, in particolare al fine di favorire la piena applicazione del principio di riconoscimento reciproco. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sono informati dei contenuti e dei risultati di tale valutazione”.

[36] Camera dei deputati, Ufficio Rapporti con l'Unione Europea, ­ XVII Legislatura ­ Dossier di documentazione. Meccanismo UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali, Documentazione per le Commissioni­ Esame di atti e documenti dell'UE. Numero:72, 12/01/2017.

[37] Laurent Pech, Erik Wennerström, Vanessa Leigh, Agnieszka Markowska, Linda De Keyser, Ana Gómez Rojo and Hana Spanikova, op.cit.

[38]La Corte di Lussemburgo, nel corso degli stessi anni settanta, ha elaborato in parallelo alle pronunce delle Corte costituzionali nazionali sui “controlimiti” un nucleo di diritti e principi anche in riferimento alle disposizioni della CEDU e risultanti dalle tradizioni comuni agli Stati membri come principi generali del diritto comunitario.

[39] R. Toniatti, Il principio di Rule of law e la formazione giurisprudenziale del diritto costituzionale dell'Unione Europea, in S. Gambino (a cura di), Costituzione italiana e diritto comunitario, Milano, 2002, p. 506.

[40] Nel caso non si voglia modificare il Trattato consentendo alle persone fisiche e giuridiche interessate all’azione di promuovere ricorsi dinanzi alla Corte UE, un utile “suggerimento” potrebbe venire dal Progetto di Trattato sull’Unione Europea, elaborato con il contributo determinante di Altiero Spinelli, nel 14 febbraio 1984. In tale progetto, in caso di violazione grave e persistente di uno Stato membro dei principi democratici o fondamentali, la decisione sulle sanzioni rimaneva in capo al Consiglio, mentre spettava alla Corte di Giustizia la constatazione della violazione, su proposta della Commissione o del Parlamento. Ciò nel rispetto delle regole dello Stato di diritto, assegnando questo compito ad un giudice, e, non ad altri organi, tantomeno al Consiglio rappresentativo degli Stati membri. Cfr. Mastroianni Roberto, Stato di diritto o Ragion di Stato? La difficile rotta verso un controllo europeo del rispetto dei valori dell’Unione negli Stati membri (dialogo con Ugo Villani), Eurojius.it, articolo on line del 13/12/2017.

 

Progetto di Trattato che istituisce L'Unione Europea, Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. N. C 77/33. Martedì 14 febbraio 1984.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Bugarič B., Protecting Democracy and the Rule of Law in the European Union: The Hungarian Challenge, LSE ‘Europe in Question’ Discussion Paper Series, July 2014.

Camera dei deputati, Ufficio Rapporti con l'Unione Europea, ­ XVII Legislatura ­ Dossier di documentazione. Meccanismo UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali, Documentazione per le Commissioni ­ Esame di atti e documenti dell'UE. Numero:72, 12/01/2017.

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Progetto Di Trattato che istituisce L'unione Europea Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. N. C 77/33. Martedì 14 febbraio 1984.

Camera dei deputati, I Commissione Permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni), 26 gennaio 2017 - Doc. XII, n. 1070 (Seguito dell’esame, ai sensi dell’articolo 127, comma 1, del regolamento, e conclusione – Approvazione di un documento finale) Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2016 recante raccomandazioni alla Commissione sull’istituzione di un meccanismo dell’UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali (2015/2254(INL)) (Doc. XII, n. 1070).

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Istituzioni dell’Unione Europea

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Comunicazione della Commissione europea al Consiglio dell’Unione europea e al Parlamento europeo in merito all’art. 7 TUE “Rispettare e promuovere i valori sui quali l’Unione europea è fondata” COM (2003) 606 def.

Comunicazione della Commissione europea al Consiglio dell’Unione europea e al Parlamento europeo su “Un nuovo quadro per il rafforzamento dello stato di diritto nell’Unione europea” COM (2014) 158/final.

Recommendation Commission of 27.7.2016 regarding the rule of law in Poland, C(2016) 5703 final complementary to Commission Recommendations (EU) 2016/1374 and (EU) 2017/146, C(2017) 5320 final;

Recommendation Commission of 21.12.2016 regarding the rule of law in Poland complementary to Commission Recommendation (EU) 2016/1374.

Annual Reports on the Application of the EU Charter of Fundamental Rights, European Commission, 2010-2016.

Regolamento (CE) N. 168/2007 del Consiglio del 15 febbraio 2007 che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali.

Regolamento (UE) N. 211/2011 del Parlamento Europeo E del Consiglio del 16 febbraio 2011 riguardante l’iniziativa dei cittadini.

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Parlamento europeo

Relazione del 1 aprile 2004, sulla comunicazione della Commissione in merito all'articolo 7 del trattato sull'Unione europea: Rispettare e promuovere i valori sui quali è fondata l'Unione (COM(2003) 606 – C5‑0594/2003 – 2003/2249(INI)), Commissione per gli affari costituzionali. Relatore: Johannes Voggenhuber.

Risoluzione del Parlamento europeo del 9 settembre 2010 sulla situazione dei rom e la libertà di circolazione nell'Unione europea (P7_TA(2010)0312).

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2012 sui recenti sviluppi politici in Ungheria (2012/2511(RSP)). Risoluzione del Parlamento europeo del 10 giugno 2015 sulla situazione in Ungheria (2015/2700(RSP)).

Relazione del 25 giugno 2013 sulla situazione dei diritti fondamentali: norme e pratiche in Ungheria (in applicazione della risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2012) (2012/2130(INI)) Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni Relatore: Rui Tavares.

Risoluzione del Parlamento europeo del 3 luglio 2013 sulla situazione dei diritti fondamentali: norme e pratiche in Ungheria (in applicazione della risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2012) (2012/2130(INI)).

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 aprile 2015 (2015/3031(RSP)).

Risoluzione del Parlamento europeo del 10 giugno 2015 sulla situazione in Ungheria (2015/2700(RSP)),

Risoluzione del Parlamento europeo dell'8 settembre 2015 sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2016/2009(INI)).

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2015 sulla situazione in Ungheria (2015/2935(RSP)).

Risoluzione del Parlamento europeo del 14 settembre 2016 (2016/2774(RSP)).

Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2016 recante raccomandazioni alla Commissione sull'istituzione di un meccanismo dell'UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali (2015/2254(INL)).

Risoluzione del Parlamento europeo del 17 maggio 2017 sulla situazione in Ungheria (2017/2656(RSP))

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2017 sulla situazione dello Stato di diritto e della democrazia in Polonia (2017/2931(RSP)).

 

Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Sentenza della Corte di Giustizia UE del 12 novembre 1969. Erich Stauder contro StadtUlm - Sozialamt., Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgericht Stuttgart - Germania. Causa 29-69.

Sentenza della Corte di Giustizia UE del 17 dicembre 1970. Internationale Handels gesellschaftmbH contro Einfuhr - und Vorrats stelle für Getreide und Futtermittel. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgericht Frankfurt amMain - Germania. Causa 11-70.

Sentenza della Corte di Giustizia UE del 12 giugno 2003. Eugen Schmidberger, Internationale Transporte und Planzüge contro Republik Österreich. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht Innsbruck - Austria. Causa C-112/00.

Sentenza della Corte di Giustizia UE (Prima Sezione) del 14 ottobre 2004. Omega Spielhallen- und Automatenaufstellungs-GmbH contro Oberbürgermeisterinder Bundesstadt Bonn. Domanda di pronuncia pregiudiziale. Causa C-36/02.

Sentenza della Corte di Giustizia UE (Terza Sezione) del 14 febbraio 2008 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Koblenz — Germania) — Dynamic Medien VertriebsGmbH/Avides Media AG. Causa C-244/06.

Sentenza della Corte (grande sezione) dell'8 marzo 2011.Gerardo Ruiz Zambrano contro Office national de l’emploi (ONEm).Domanda di pronuncia pregiudiziale: tribunal du travail de Bruxelles - Belgio.

Sentenza della Corte di Giustizia UE (Prima Sezione) del 6 novembre 2012. Commissione europea contro Ungheria. Causa C‑286/12.

Sentenza della Corte di Giustizia UE (Grande Sezione) del 8 aprile 2014 Nella causa C‑288/12. Inadempimento di uno Stato – Direttiva 95/46/CE. Causa C‑288/12.

Sentenza della Corte di Giustizia UE (Grande Sezione) del 6 settembre 2017. Repubblica slovacca e Ungheria contro Consiglio dell'Unione europea. Ricorso di annullamento – Decisione (UE) 2015/1601 Cause riunite C-643/15e C-647/15.

Parere della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 2/13 della Corte (Seduta Plenaria) 18 dicembre 2014. Parere emesso ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE — Progetto di accordo internazionale — Adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali — Compatibilità di detto progetto con i Trattati UE e FUE.

 

Corti Costituzionali italiana e tedesca

Sentenza della Corte Costituzionale, del 18 dicembre 1973, n. 83, (c.d. Frontini).

Sentenza Corte Costituzionale 21 aprile 1989, n. 232, (c.d. Fragd).

Sentenza Corte Costituzionale del 5 giugno 1984 n. 170, (c.d. Granital).

Sentenza della Corte Costituzionale del 23 novembre 2006 n. 393

Sentenza della Corte Costituzionale del 2 ottobre 2007, n. 349.

Bundesverfassungsgevicht, sentenza del 29 maggio 1974 (2BvL 52/71)

(c.d. Solange I).

Bundesverfassungsgevicht, sentenza del 22 ottobre 1986 (2BvR 197/83)

(c.d. Solange II).

Bundesverfassungsgevicht, sentenza del 12 ottobre 1993 (2BvR 2134/92 e 2BvR 2159/92) (c.d. Maastricht).

Bundesverfassungsgevicht, sentenza del giugno 2002 (2BvL 1/97) (c.d. Bananen).