A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

LA PROTESTA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA ITALIANA ARRIVA IN EUROPA

Autore: Avv. Teresa Aloi

 

La giurisprudenza delle Corti europee, molto spesso diretta al riconoscimento/ampliamento di diritti e tutele nei confronti dei cittadini degli Stati membri (ad esempio, il diritto di informazione dei giornalisti, il diritto all’indennità di disoccupazione riconosciuto anche ai lavoratori autonomi, ecc.) ci impone una riflessione sulla posizione che alcune legislazioni nazionali assumono, invece, nel negare tale riconoscimento/ampliamento di diritti e tutele. 

In Italia si registra una forte protesta da parte di alcune categorie di lavoratori, si tratta dei Giudici di Pace e dei Giudici Onorari, i quali con una serie di astensioni dalle loro funzioni contestano la riforma posta in essere nei loro confronti dal Governo italiano.

La riforma della magistratura onoraria ha debuttato il 15 agosto 2017 con l’entrata in vigore del D.Lgs 13 luglio 2017, n. 116 di attuazione della legge delega 28 aprile 2016, n. 57, con l’obiettivo di mettere ordine in una situazione che da anni va avanti a forze di proroghe. E’ la prima tappa di un lungo cronoprogramma che porterà il nuovo assetto di Giudici di Pace, Giudici Onorari di Tribunale e Vice Procuratori Onorari e che dovrà essere definitivamente operativo tra otto anni, nell’ottobre 2025, quando andranno a regime le nuove competenze dei Giudici di Pace.

Una riforma che non è stata ben accolta dai diretti interessati che stanno manifestando il loro malcontento con una serie di astensioni, l’ultima in ordine di tempo tra gennaio e febbraio 2018, che hanno portato al blocco delle udienze civili e penali. Una serie di scioperi che hanno coinvolto  le principali sigle sindacali dei Giudici non togati decisamente contrari alla riforma del Governo, perché non corrispondente “ai principi di salvaguardia ed indipendenza della magistratura onoraria”. Oggetto di critica è l’intero impianto, ma, in particolare, i temi legati ai nuovi carichi di lavoro (sarà richiesto un impegno di soli due giorni a settimana) ed alle retribuzioni, con una indennità lorda di poco più di 16 mila euro l’anno, da cui sottrarre i costi della previdenza (è prevista l’iscrizione alla gestione separata INPS) e il carico fiscale Irpef. Si prospetta, pertanto, uno “stipendio” tra i 600,00 ed i 700,00 euro netti al mese, contro le più ricche retribuzioni attuali che, per alcuni casi, soprattutto per i Giudici di Pace che percepiscono un fisso minimo ed una parte variabile legata al lavoro svolto, assomma ad alcune migliaia di euro mensili. Come ha sottolineato il Presidente dell’Unione Nazionale Magistrati Onorari, Rossana Ferrari, il Ministro della Giustizia ha dichiarato che secondo lui l’assegno di povertà dovrebbe ammontare a 800,00 euro quindi più di quanto viene offerto ai magistrati onorari.

Quella effettuata dal Governo italiano è una scelta fatta davanti alle richieste dell’Unione europea, la quale ha prospettato due ipotesi: stabilizzare i giudici onorari già in attività (entrati in magistratura con un incarico a tempo determinato, ma poi, per effetto di ripetute proroghe, rimasti in servizio per decenni) oppure rendere i magistrati “onorari”, effettivamente tali, con un mandato temporaneo ed un impegno delimitato che non impedisca loro di fare altro. E’ quest’ultima la soluzione scelta dal Legislatore italiano che però deve fare i conti con chi sta già dentro il sistema e che ormai da tanti anni vive grazie all’incarico di “onorario” che per molti non togati rappresenta l’unica professione. Per questo motivo la riforma ha previsto un doppio binario che consente a chi è già in servizio di conservare modalità di lavoro e retribuzione per i prossimi quattro anni e, per i successivi quattro, di lavorare per tre giorni la settimana, portando l’indennità fissa a 24 mila euro annui. Si potrà conservare l’incarico per quattro mandati, per un totale di 16 anni, contro gli otto (due mandati) riservati ai futuri nuovi ingressi. Ci vorrà chiaramente del tempo per tradurre in realtà tali propositi.

Per comprendere il ruolo cruciale che ha la magistratura onoraria nel funzionamento della macchina giudiziaria, l’Eurispes ha voluto indagare sui compiti che le sono stati attribuiti nel tempo, i livelli di retribuzione, le carenze di tutele previdenziali ed i limiti della possibile riforma individuata dal Legislatore.

In Italia è stato elaborato un progetto di riforma della magistratura onoraria che è rimasto giacente in Parlamento sino all’aprile 2016. Nel corso degli anni, nell’attesa dell’approvazione della legge di riforma, i GOT ed i VPO in servizio sono stati prorogati di anno in anno nell’esercizio delle loro funzioni, secondo una logica emergenziale, al fine di sopperire ai problemi connessi all’endemica carenza di personale nei Tribunali italiani.

La Legge sull’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, come modificata dal D.Lgs. 51/1998) ha previsto espressamente che l’assegnazione degli affari ai singoli Giudici Onorari fosse effettuata dal Dirigente dell’ufficio e dal Presidente di Sezione secondo criteri obiettivi predeterminati, indicati in via generale dal Consiglio Superiore della Magistratura. In attesa della normativa primaria, il CSM, nel 2012, era intervenuto con una normativa secondaria che, prendendo atto del contrasto con le previsioni normative che assegnavano ai GOT soltanto una funzione sostitutiva dei giudici impediti o assenti, ha introdotto tre possibili modelli organizzativi: affiancamento al giudice togato, supplenza e ruolo autonomo.

Attualmente in gran parte dei Tribunali prevale il modello organizzativo che assegna ai GOT un ruolo autonomo. Questo comporta che essi si occupino di gran parte delle materie di competenza del Tribunale Monocratico sia in materia civile (con esclusione  dei procedimenti cautelari e dei procedimenti in materia di famiglia, di società e di fallimento) con limiti per valore diversi a secondo dei Tribunali, sia in materia penale (con esclusione dei reati per i quali è prevista l’udienza preliminare). I GOT, inoltre, possono pronunciare sentenza.

Con riferimento ai Vice Procuratori Onorari, l’art. 71 della Legge sull’ordinamento giudiziario prevede che alle Procure della Repubblica presso il Tribunale ordinario possono essere addetti magistrati onorari per l’espletamento delle funzioni ad essi attribuite dalla legge. Il VPO, pertanto, è un magistrato inquirente che partecipa all’udienza penale, rappresentando l’ufficio del Pubblico Ministero, in tutte le udienze penali di competenza del Tribunale in composizione monocratica e del Giudice di Pace. Nel tempo, sempre per rispondere ad una logica emergenziale, è stato attribuito ai VPO anche lo svolgimento delle attività relative alle indagini preliminari (attività di esclusiva competenza del PM) in relazione a tutti i reati di competenza dei Giudici di Pace.

Ad oggi i magistrati onorari hanno basato la loro permanenza negli uffici giudiziari su proroghe annuali e su moduli organizzativi che li hanno di fatto precarizzati, creando una categoria sotto protetta. Dai dati pubblicati dal CSM nel 2016, complessivamente esistono 7.184 magistrati onorari in servizio di cui 1.784 requirenti e 5.400 giudicanti.

Sul piano della retribuzione, l’Eurispes registra diseguaglianze, scarse tutele e precariato. Mentre i Giudici di Pace percepiscono un’indennità mensile (258,23 euro), un’indennità di udienza (36,15 euro) ed un’indennità per sentenza o altro provvedimento di definizione del giudizio (56,81 euro), i GOT percepiscono solo un’indennità di udienza anche quando sono estensori di sentenza (98,00 euro se l’impegno lavorativo di udienza ha una durata di cinque ore, 196,00 euro se, invece, l’impegno supera le cinque ore); la medesima indennità di udienza è attribuita anche ai VPO e non è prevista una tutela previdenziale.

Si è, quindi, creato un sistema anomalo perché il funzionamento della giurisdizione si è venuto a fondare nel tempo su una significativa presenza dei Giudici Onorari in servizio presso lo stesso ufficio giudiziario da quasi vent’anni. Essi sono utilizzati stabilmente nella gestione di un ruolo autonomo per coprire l’endemica carenza di organico e senza i quali alcuni uffici rischierebbero la paralisi. L’eccessiva litigiosità, il progressivo aumento del contenzioso e la conseguente crescita delle materie attribuite alla giurisdizione dei Giudici Onorari, insieme all’incapacità politica di risolvere il problema strutturale del complessivo funzionamento della giustizia, hanno creato negli anni, come indicato, un sostanziale precariato. Tale situazione si è determinata a seguito di reiterate proroghe e si è caratterizzata, da una parte, dalla assenza delle previste verifiche di professionalità e, dall’altra, da un trattamento retributivo non adeguato, rispetto alle funzioni effettivamente svolte e dirette a garantire l’indipendenza e l’imparzialità secondo principi comunitari.

In Italia, ”l’onorarietà” è molto diversa da quella esistente nel resto d’Europa. La presenza dei Giudici Onorari rimane una caratteristica essenziale dei Paesi del Common Law e del Nord Europa. Nei Paesi nordici il numero dei Giudici non professionali è di gran lunga superiore a quello dei Giudici professionali: la percentuale massima si segnala in Norvegia, dove sono stati registrati 832 Lay Judges su 100.000 abitanti. 

In Italia il rapporto è di 5 Giudici non professionali su 100.000 abitanti. Inoltre, il rapporto non professionali/professionali (sempre su 100.000 abitanti) nel nostro Paese è di 5 su 11, mentre in Norvegia è di 832 su 559.

Nelle intenzioni, la legge di riforma della magistratura onoraria avrebbe voluto delineare una figura di “magistrato non professionale” vicina al modello esistente negli altri Paesi europei, riservando ai magistrati onorari, requirenti e giudicanti, tutta una serie di materie “minori” al fine di concentrare la magistratura togata sui processi di maggiore rilevanza che richiedono una particolare specializzazione e sui processi per i quali è prevista una composizione collegiale del Tribunale.

La riforma ha previsto anche una disciplina transitoria per i Giudici Onorari in servizio da decenni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 116/2017 tenendo conto delle conseguenze delle pluriennali proroghe in servizio che si sono determinate, al fine di garantire la continuità del servizio stesso e senza disconoscere la professionalità di coloro che per anni hanno operato per la giurisdizione. La disciplina transitoria adottata appare, tuttavia, incoerente ed ispirata ad un’incerta stabilizzazione, in contrasto con quella che è la normativa europea in materia di lavoro temporaneo, di tutela previdenziale e di retribuzione dei magistrati.

Questo ha trovato conferma nel parere pubblicato fatto il 16 novembre 2016 dal Comitato europeo dei diritti sociali (CEDS) con il quale è stato deciso il reclamo n. 102/2013 presentato da alcuni Giudici di Pace, Giudici Onorari di Tribunale e Vice Procuratori Onorari.

Il Comitato ha concluso, all’unanimità, che la normativa ed i comportamenti concreti posti in essere fino a quella data dalla Repubblica italiana nei confronti di queste figure professionali qualificate come magistrati onorari non sono conformi alle norme ed ai principi della Carta sociale europea e dei suoi Protocolli, quale il principio di non discriminazione dei lavoratori. In particolare, il Comitato ha rilevato che, rispetto all’applicazione dei Trattati, la denominazione di “onorario” fatta dalla legislazione italiana, non assume alcun rilievo, dato che le funzioni di fatto svolte dagli indicati magistrati onorari italiani sono pienamente equiparabili a quelle svolte dai magistrati professionali, a prescindere da come li definisca il diritto nazionale. Il Comitato ha, pertanto, ritenuto applicabile la Raccomandazione CM/Rec (2010) 12 nella parte in cui ingiunge agli Stati aderenti di assicurare ai giudici una remunerazione ragionevole in caso di malattia, di maternità o paternità, così come il pagamento di una pensione correlata al livello di remunerazione.

Si ricorda, inoltre, la Comunicazione DG EMPL/B2/DA-MAT/sk (2016), con cui la Commissione UE ha chiuso con esito negativo il caso EU Pilot 7779/15/EMPL, preannunciando la prossima apertura di una procedura di infrazione sulla compatibilità con il diritto dell’Unione europea della disciplina nazionale che regola il servizio prestato dai magistrati onorari, in materia di reiterazione abusiva di contratti a termine e di disparità di trattamento in materia di retribuzione (clausola 5 dell’Accordo Quadro recepito dalla Direttiva 1999/70/CE), di ferie (art. 7 Direttiva 2003/88 in combinato disposto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro recepito dalla Direttiva 1999/70/CE) e di congedo di maternità (art. 8 Direttiva 92/85 e art. 8 Direttiva 2010/41).

Con la Comunicazione del 23 marzo 2017, Prot. D304831, la Presidente della Commissione per le Petizioni del Parlamento europeo, On. Cecilia Wikstrom, all’esito della riunione del 28 febbraio 2017 in cui sono state discusse una serie di petizioni sullo Statuto dei Giudici di Pace in Italia, ha invitato il Ministro della Giustizia a trovare un equo compromesso sulla situazione lavorativa dei giudici di Pace, al fine di eliminare la “palese disparità di trattamento sul piano giuridico, economico e sociale tra magistrati togati e onorari, in caso contrario si aprirà una procedura di infrazione. Senza dimenticare la sentenza O’Brien  del 1 marzo 2012 (C- 393/10)[1] della Corte di Giustizia che si era pronunciata sulla situazione dei Giudici inglesi, rimarcando, anche qui, la mancanza di tutela previdenziale.

Alla situazione prospettata dalle istituzioni europee ha fatto seguito, da parte del Parlamento italiano, il D.Lgsl. 116/2017 emesso sulla base della Legge delega 57/2016 di riforma del settore dei Giudici Onorari. Così, lo stesso giorno di entrata in vigore della legge , la questione è stata rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, a seguito della prestazione di procedimento per decreto ingiuntivo, da parte di un collegio di difesa, composto da esperti di diritto del lavoro e previdenziale, che, inoltre, insieme alle organizzazioni sindacali dei Giudici di Pace, ha predisposto una serie di ricorsi davanti ai Giudici ordinari italiani per chiedere la stabilizzazione e la regolarizzazione retributiva e contributiva dei magistrati non togati.

L’Associazione Nazionali dei Giudici di Pace si è rivolta alla giustizia europea chiedendo l’avvio di una procedura d’infrazione contro l’Italia per sentirla condannare a provvedere alla stabilizzazione dei Giudici di Pace ed Onorari attualmente in servizio. Posizione assunta a seguito del parere negativo espresso dall’Associazione Nazionale dei Magistrati che ha ritenuto di dover allargare il tema anche all’assetto previsto dalla Legge 28 aprile 2016, n. 57, recante “Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace”; parere richiesto dal Ministro della Giustizia.

L’ANM, con tale parere, ha espresso apprezzamento per la previsione di uno Statuto unico della magistratura onoraria, applicabile indifferentemente ai Giudici di Pace, ai Giudici Onorari di Tribunale ed ai Vice Procuratori Onorari  e condivide la scelta del Legislatore di salvaguardare i caratteri essenziali della giurisdizione onoraria, caratterizzata da occasionalità, accessorietà e temporaneità dell’incarico. Il parere, però, è stato decisamente contrario alla stabilizzazione dei Giudici Onorari. L’ANM riconosce che da circa quindici anni, a causa della cronica carenza di organico e della sempre crescente domanda di giustizia, i magistrati onorari hanno fornito un significativo contributo alla giurisdizione, in assenza di una adeguata tutela previdenziale ed assistenziale. Le richieste di stabilizzazione, tuttavia, non possono trovare ingresso nel nostro ordinamento per ragioni di carattere costituzionale rappresentate nel parere del Consiglio di Stato del 7 aprile 2017, n. 854[2] e nella relazione del magistrato Cesare Trapuzzano, assistente di studio presso la Corte Costituzionale, redatta su richiesta della ANM.

In particolare, è di ostacolo al reclutamento dei magistrati onorari in servizio l’assenza di un concorso pubblico, elemento qualificante della struttura dell’ordine giudiziario, a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura togata, come disegnata dalla Costituzione (artt. 101, 104, 106 Cost.) e rigidamente interpretato dalla Corte Costituzionale. Un ulteriore profilo attiene alla compatibilità con il diritto dell’Unione europea, a seguito delle pronunce del Comitato europeo dei diritti sociali e della Comunicazione della Commissione europea del 16 novembre 2015 che ha aperto una procedura pre-infrazione nei confronti dell’Italia.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia è pacifica nel ritenere che l’illegittimo abuso del rinnovo dei contratti a tempo determinato, nel pubblico impiego, non comporta la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma il diritto del lavoratore al risarcimento dei danni subiti. Si tratta, per l’ANM, di una ricaduta del vincolo costituzionale del concorso pubblico, in  virtù del quale è riconosciuta legittima dal giudice sovranazionale una diversità di tutela tra rapporto pubblico e privato.

Anche nella decisione del Comitato Europeo dei Diritti Sociali presso il Consiglio d’Europa del 16 novembre 2016 non si rinviene alcun indice significativo della propensione alla stabilizzazione. Al Governo italiano si imputa la violazione del Codice europeo di sicurezza sociale e della Carta sociale europea in quanto, operando una discriminazione rispetto ai magistrati di ruolo, non riconosce ai Giudici di Pace le dovute ed obbligatorie tutele previdenziali ed assistenziali, comprensive del diritto alla pensione, alle ferie, ad una ragionevole retribuzione in caso di malattia, maternità o paternità. L’ANM si dichiara consapevole che la magistratura onoraria è una risorsa importante per il funzionamento della giustizia, garantito anche dalla possibilità di celebrare un congruo numero di udienze  e condivide le aspettative dei magistrati onorari in servizio riguardo ai diritti previdenziali ed assistenziali che devono essere adeguatamente riconosciuti.

La tutela previdenziale ed assistenziale deve tener conto della circostanza che il rapporto dei magistrati onorari con l’amministrazione della giustizia non è esclusivo ma compatibile con lo svolgimento di altre attività professionali e che il regime retributivo non è omogeneo per tutti i magistrati onorari. L’ANM conclude che pur alla luce degli aspetti esaminati, deve essere escluso che i magistrati onorari in servizio possano essere stabilizzati.

L’aspettativa della stabilizzazione si è, peraltro, creata per effetto di una errata politica di sistematiche e reiterate proroghe che, per il nuovo regime previsto dalla legge delega, è necessario evitare. Secondo l’ANM sarebbe, invece, necessaria la effettiva realizzazione dell’ “ufficio del processo”, nell’ambito del quale prevedere, previo concorso pubblico, aperto a tutti  cittadini in possesso dei requisiti e con possibili punteggi aggiuntivi per i magistrati onorari in servizio, una figura ausiliaria senza funzioni giudiziarie e di supporto alla giurisdizione.

Contro il parere negativo espresso dall’ANM, l’Associazione Nazionale Giudici di Pace ha sollecitato, con istanza del 24 aprile 2017, l’avvio di una procedura di infrazione contro l’Italia ai sensi degli artt. 258, 259, 260 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), per violazione  delle clausole 4 e 5 della Direttiva 1999/70/CE e per denunciare lo Stato italiano per violazione delle Direttive 2000/78/CE e 1999/70/CE affinchè venga condannato a provvedere alla stabilizzazione dei Giudici di Pace e dei Giudici Onorari.

L’Associazione Nazionale dei magistrati e le altre sigle rappresentative della magistratura onoraria e di pace hanno subito predisposto e diffuso una nota congiunta nella quale si legge: è singolare, tuttavia, che, nonostante la abbondanza e profusione argomentativa, il parere dell’associazione sindacale della magistratura professionale, che pur accetta le iscrizioni dei magistrati onorari senza conferire loro il diritto di voto, abbia omesso di esprimere una opinione sull’ipotesi prospettata dal parere del Consiglio di Stato, ossia il richiamo alla Legge 217/1994. Questa legge, che passò il vaglio di costituzionalità, non configura un ingresso nei ruoli della magistratura ordinaria, ma è volta a regolamentare la permanenza nelle funzioni dei Giudici di Pace ed Onorari con il riconoscimento di adeguate tutele previdenziali e retributive. L’Associazione sottolinea come l’ANM nel parere espresso su richiesta del Ministro della Giustizia, si sofferma su temi che non rappresentano affatto l’oggetto del parere richiesto e delle rivendicazioni della categoria, ossia la permanenza in servizio, con idonea retribuzione e tutele ma senza stabilizzazione nella magistratura di carriera, arrivando ad ipotizzare un concorso pubblico per accedere a funzioni “declassate”, senza considerare che tutti i magistrati onorari un concorso pubblico, in fase di accesso, lo hanno già superato ed in occasione dei rinnovi di mandato continuano ad essere sottoposti ad un vaglio analitico di professionalità e produttività.

Nessun accenno, invece, da parte dell’ANM, ai dettami delle istituzioni europee, in procinto di aprire la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia che si concluderà con una sentenza della Corte di Giustizia europea avente forza vincolante nei confronti del Governo e per tutte le autorità giurisdizionali italiane (Tribunali di merito, Cassazione, Consiglio di Stato e la stessa Corte Costituzionale).

Tale nota si conclude sottolineando come “l’ANM non avanza alcuna proposta alternativa ed il Governo non potrà che seguire la linea tracciata dall’unico organo consultivo deputato a fornire strumenti interpretativi della legge, il Consiglio di Stato, organo terzo che, con il suo parere del 7 aprile scorso, indica la via di una legge storicamente promulgata e costituzionalmente vagliata, risalente al 1974 e reiterata per ben due volte nel 1977 e nel 1984. Il Governo è, oggi, tenuto a riconoscere ai magistrati onorari e di pace in servizio le tutele previdenziali, assistenziali e stipendiali secondo i dettami costituzionali e nei termini indicati dalla pronuncia del Comitato Europeo dei Diritti Sociali presso il Consiglio d’Europa e dalla Commissione europea, non assumendo alcun rilievo giuridico o pratico il parere espresso dall’ANM”. L’Associazione nazionale dei giudici di pace  e le altre sigle rappresentative della magistratura onoraria e di pace, in una successiva nota hanno evidenziato come la richiesta da parte del Ministro della giustizia di un parere all’ANM in relazione all’ipotesi di stabilizzazione della magistratura onoraria e di pace costituisce una grave anomalia dell’assetto istituzionale, costituzionale e politico.

L’ANM costituisce una semplice associazione di natura privata e, quindi, un centro di poteri ed interessi di parte. Il Ministro, chiedendo il parere dell’ANM ha dimostrato di aver abdicato al proprio ruolo di responsabile politico del Ministero della Giustizia, facendosi dettare l’indirizzo politico da una mera associazione privatistica.

Si sottolinea, inoltre, l’erroneità con cui si afferma l’impossibilità di una stabilizzazione della magistratura onoraria per il mancato superamento di un concorso pubblico, necessario per poter accedere ai ruoli della magistratura. Ebbene, l’art. 106, comma 1, della Costituzione[3] stabilisce che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso e che l’ordinamento legislativo prevede e tutela il concorso per esame ed il concorso per titoli. E’ notorio che la magistratura onoraria ha superato il concorso per titoli; in particolare, ai sensi degli artt. 4 e 4 bis della Legge 374/91, i Giudici di Pace sono nominati per concorso per titoli. Tale legge prevede, infatti, per l’accesso alla magistratura di pace, la pubblicazione di un bando in Gazzetta Ufficiale, una selezione per titoli ed un tirocinio della durata di sei mesi sotto la direzione di un magistrato professionale che termina con una prova scritta. Sotto tale profilo, va ribadito l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui “il provvedimento di conferma nell’incarico di Giudice di Pace non si riduce ad una mera presa d’atto dell’esistenza dell’originaria nomina ed al semplice riscontro del servizio prestato e della mancanza di cause ostative al prosieguo dell’incarico stesso; al contrario, la conferma nell’incarico rappresenta l’atto finale di un vero e proprio nuovo procedimento paraconcorsuale (Consiglio di Stato 3970/2007 e  270/2008)”.

In conformità con il proprio orientamento, infatti, il Consiglio di Stato, organo istituzionale, nel proprio parere ha indicato la strada della stabilizzazione dell’intera magistratura onoraria indicando il modello della Legge 217/74 che ha stabilizzato i Vice Pretori Onorari, superando anche il vaglio di costituzionalità. Questo non significa che la stabilizzazione presupponga l’ingresso nei ruoli della magistratura professionale, ipotesi mai indicata dalle associazioni di categoria, ma più semplicemente stabilizzazione significa continuità nelle funzioni giurisdizionali fino all’età pensionabile (tali funzioni sono esercitate da circa venti anni dalla magistratura onoraria), il riconoscimento del diritto previdenziale ed un equo riconoscimento stipendiale in ragione delle funzioni svolte.

Nel parere dell’ANM si evince un arroccamento di posizioni preconcette e la mancata volontà di confrontarsi con l’evoluzione giuridica, politica ed europea. Il Parlamento europeo, la Commissione europea ed il Comitato europeo, organo giurisdizionale al pari della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno preso una netta posizione in favore della magistratura onoraria invitando il Governo italiano a provvedere alla risoluzione del problema attraverso una condivisione con la stessa magistratura onoraria e sulla base dei dettami e dei principi europei, peraltro già sanciti nella sentenza del Comitato europeo ANGdP 102/2013 contro l’Italia; si ricorda, inoltre, la lettera con cui la Presidente della Commissione Petizioni On. Cecilia Wikstrom ha invitato il Ministro della Giustizia ad agire in tempi brevi, in caso contrario si aprirà la procedura di infrazione. L’ANGdP ha già provveduto, così come fatto dall’Unagipa, a sollecitare la Commissione europea ad aprire tale procedura.

Sulla questione della stabilizzazione dei Giudici di Pace ed Onorari è intervenuto anche il Procuratore della Repubblica, Dott. Armando Spataro, il quale con profonda amarezza, ha stigmatizzato la posizione dell’ANM nell’avere trascurato le richieste formulate dalla quasi totalità dei Procuratori della Repubblica a sostegno della magistratura onoraria e di avere trascurato i principi giuridici su cui la magistratura onoraria fonda le rivendicazioni dei propri diritti, chiedendo un parere ad un magistrato assistente di studio presso la Corte  Costituzionale ed evitando di convocare i dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti che avrebbero potuto illustrare la situazione in cui la giustizia italiana si trova, integrando le motivazioni a sostegno della magistratura onoraria, peraltro, già espresse nelle sedi istituzionali. Il Procuratore conclude con un appello ai magistrati italiani affinchè dimostrino sostegno alle rivendicazioni della magistratura onoraria che lavora quotidianamente al loro fianco.

Dopo avere delineato le diverse posizioni sul tema rimaniamo in attesa della decisione europea. Se l’Unione europea deciderà di deliberare l’avvenuta infrazione l’Italia avrà il dovere di provvedere alla stabilizzazione dei Giudici di Pace ed Onorari, se non lo farà il rischio è quello di una frattura in materia con l’Unione europea e con la Commissione per le Petizioni.

In ragione del momento politico italiano che vede l’approssimarsi delle elezioni per il rinnovo del Parlamento ci si augura che il nuovo Governo che uscirà dalle urne assuma posizioni più concilianti per la soluzione del problema.

 

Avv. Teresa Aloi,  Foro di Catanzaro

 

[1] Corte di Giustizia, sentenza 1 marzo 2012, C-393/10, O’Brien contro Ministry of giustice. La questione pregiudiziale è stata sollevata dalla Supreme Court of the United Kingdom che, nonostante la Brexit, continua  a dialogare con la Corte di Giustizia sollevando nella stessa causa O’Brien la nuova pregiudiziale C-437/17 per estendere la tutela previdenziale dei Giudici Onorari impiegati part-time per il periodo di servizio antecedente alla data di entrata in vigore della Direttiva 97/81/CE.

[2] Cons. di Stato 28 aprile 2017, n. 854, parere espresso su richiesta del Ministro della Giustizia. La stabilizzazione senza concorso, in assenza di comprovate ed insuperabili esigenze dell’ente pubblico, non è costituzionalmente legittima. Il Governo dovrà, pertanto, prudentemente verificare se la prospettata deroga al principio del pubblico concorso possa rientrare nell’area delle eccezioni consentite dall’art. 97 Cost. La massima cautela si impone a maggior ragione nel caso in esame, in cui la prospettata stabilizzazione sembra muovere, non dalle peculiari necessità funzionali al buon andamento dell’amministrazione richiesta dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, bensì dalla preoccupazione di tutelare le aspettative della continuità del reddito dei “Giudici onorari prorogati”. Ha, ancora, rilevato il parere che la stabilizzazione dei Giudici onorari prorogati potrebbe significarne la loro professionalizzazione, in una duplice ed alternativa direzione: attraverso l’incardinamento nei ruoli della magistratura togata ovvero con l’istituzione di un contingente (sia pure straordinario) di magistrati onorari assunti a tempo indeterminato. Il Consiglio di Stato ha chiarito che “in un modello costituzionale ispirato al principio di stretta legalità, dove il magistrato è estraneo al circuito della formazione dell’indirizzo politico, l’accertamento della capacità tecnica del magistrato (art. 106, comma 1, Cost.) è il presupposto indefettibile per attuare la soggezione del Giudice soltanto alla legge (art. 101, comma 2, Cost.) la quale, a sua volta, si realizza attraverso l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario (art. 104, comma 1, Cost.). In altri termini, il giudice è e deve essere prevalentemente un tecnico della legge, in quanto nell’esercizio della giurisdizione la sovranità popolare si esprime attraverso la mediazione della legge in cui tipicamente quella  sovranità si esplica”.

Nel quadro dei principi che derivano dalla scelta del concorso come criterio di assunzione dei magistrati, la “professionalizzazione del Giudice onorario prorogato” appare preclusa in via assoluta, in quanto si verrebbe altrimenti ad alterare la configurazione tipica della struttura dell’ordine giudiziario. Tale preclusione sussiste sia per l’ipotesi di collocamento nei ruoli dei Giudici togati, sia vie più per l’ipotesi dell’assunzione a tempo indeterminato nella qualifica di “Giudice onorario”.

Muovendo dal quadro dei principi generali sopra tratteggiati il Consiglio di Stato ha escluso che alla “stabilizzazione” dei magistrati onorari possa provvedersi in sede di attuazione della legge delega, precludendo l’art. 76 Cost. al Governo-Legislatore delegato disciplinare “oggetti” diversi da quelli definiti nella delega, anche quando tali oggetti possano considerarsi rientranti nell’alveo della stessa materia. Nella specie, non solo la legge delega non accenna in alcuna previsione a stabilizzazioni di sorta, ma l’intero impianto della delega, ivi inclusi gli artt.1, comma 1, lett. r) e 2, comma 17, nn. 2 e 3, poggia inequivocabilmente su una chiara enunciazione del carattere di temporaneità degli incarichi dei magistrati onorari, temporaneità che tradizionalmente connota l’attività svolta ed il ruolo assolto da tale magistratura. 

[3] La Corte di Cassazione nella sentenza 19741/2014 osserva: è evidente che l’istituzione dei giudici onorari aggregati di cui alla Legge 276/1997 (regola la nomina di giudici onorari aggregati che presentano modalità di reclutamento  non dissimili dai giudici di pace) non può, in alcun modo, ritenersi creazione di un giudice speciale vietato dall’art. 102 Cost., quanto, piuttosto, affermazione del principio di cui all’art. 106, comma 2, Cost., secondo cui la legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli. Questo si verifica, ad esempio, per i giudici di pace i quali, pur non essendo magistrati di carriera, sono, tuttavia, inseriti a pieno titolo nella giurisdizione ordinaria.

 

Fonti: www.associazionemagistrati.itwww.eurispes.eu