A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

“PER UNA TRANSIZIONE ENERGETICA ECO-RAZIONALE DELLA MOBILITÀ AUTOMOBILISTICA. VALUTAZIONE DEL CASO ITALIANO”.

 

Studio pubblicato nel novembre 2019 e realizzato in collaborazione tra CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ENEA (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente) e ACI (Automobile Club d’Italia, attraverso la Fondazione Filippo Caracciolo).

Illustrazione dello Studio da parte del Presidente della Fondazione, Dottoressa Giuseppina Fusco, alla 74^ Conferenza del Traffico e della Circolazione, tenutasi in Roma presso l’ACI il 26 novembre 2019.

Presentazione di Foroeuropa:

Siamo grati alla Dottoressa Fusco di averci consentito di pubblicare lo studio, l’Executive Summary dello stesso ed il testo del suo intervento illustrativo. Lo studio, in estrema sintesi, costituisce una validissima risposta tecnico-scientifica alla sfida ambientale lanciata dall’Unione europea nell’intento di pervenire entro il 2030 ad una riduzione delle emissioni di CO2 in limiti eco-sostenibili. E’ un risultato conseguibile solo attraverso un consapevole e dedicato impegno di tutti i settori a cui le emissioni sono riconducibili e tra questi un rilievo particolare ha indubbiamente quello dell’automobile, con i suoi annessi e connessi, che vanno dalle tecnologie realizzative dell’auto alle produzioni energetiche che la fanno funzionare, dalle esigenze di mobilità della popolazione alle relative regole socio-economiche, di mercato e di disciplina del traffico. Lo studio si dà carico di questa complessa realtà e di come incidere sulla stessa in vista dell’obiettivo europeo, con particolare riferimento all’Italia.

 

Qui di seguito il testo del discorso illustrativo della Dottoressa Giuseppina Fusco ed i Link di accesso allo studio e al relativo Executive Summary.

 

 

74^ Conferenza del Traffico e della Circolazione

“Quali energie muoveranno l’automobile

Una sfida ambientale, economica e sociale”

Intervento del Presidente della Fondazione Caracciolo

 

L’ambiziosa sfida ambientale lanciata dall’Unione Europea e, prima ancora, l’attenzione che l’ACI rivolge alla sostenibilità della mobilità nelle sue diverse declinazioni, sicurezza, tutela dell’ambiente, efficienza, accessibilità, hanno indotto l’Ente, già nel 2017, a dedicare il più importante appuntamento scientifico annuale, la Conferenza del Traffico e della Circolazione, all’analisi della evoluzione del sistema dei trasporti, e dell’automobile in particolare, alla luce degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti nel nostro Paese.

Un tema divenuto oggi centrale, che condizionerà le strategie e le politiche ambientali, energetiche e industriali dei prossimi anni, con effetti potenzialmente assai rilevanti sul nostro sistema economico e sociale.

Nel corso di quella Conferenza del 2017, cui presero parte autorevoli esponenti del mondo istituzionale, accademico e imprenditoriale, emerse fortemente l’istanza, vista la complessità e la rilevanza delle tematiche affrontate, di ampliare le analisi e il confronto sulle prospettive di sviluppo delle fonti energetiche che alimentano il settore dei trasporti, al fine di approfondire e, se possibile, delineare il contributo prospettico che i diversi sistemi di propulsione e i diversi vettori energetici avrebbero potuto apportare al raggiungimento degli obiettivi ambientali. In quella sede, si condivise, inoltre, che fosse l’ACI a farsi carico del complesso compito di stimolo e coordinamento, in quanto ente terzo rispetto ai diversi attori coinvolti nella transizione, impegnato a tutto tondo nel settore della mobilità, capace quindi di guidare un percorso di analisi in modo oggettivo e neutrale, scevro da preconcetti di parte, ideologici o demagogici.

Nel 2018, è nato così l’Osservatorio “Muoversi con energia”, coordinato e supportato scientificamente dalla Fondazione Caracciolo - il centro studi e ricerche dell’ACI -, al quale partecipano, in via permanente, oltre 60 tra istituzioni, esperti, operatori dell’industria energetica e automobilistica, rappresentanti delle associazioni di categoria.

Nei due anni trascorsi, l’Osservatorio ha approfondito, in successivi tavoli tematici “a porte chiuse”, lo stato dell’arte, le strategie, le politiche in atto e in programma dei principali operatori dei settori industriali coinvolti. Il confronto diretto tra questi, spesso portatori di interessi non convergenti, e i serrati dibattiti che ne sono scaturiti, anche con e tra gli esperti del mondo accademico e della ricerca, a loro volta portatori di posizioni scientifiche non necessariamente coincidenti, hanno avuto il pregio, proprio per l’ampiezza e la diversità dei punti di vista espressi, di far emergere aspetti incoraggianti sul futuro della mobilità, ma anche fattori critici che necessitano di adeguati approfondimenti.

In estrema sintesi, dai tavoli dell’Osservatorio è emerso che:

  • tutti gli operatori dell’industria automobilistica ed energetica sono impegnati a 360 gradi nella ricerca, sperimentazione e sviluppo di tecnologie atte a ridurre gli impatti ambientali nel campo dei trasporti, dell’automobile in particolare, investendo risorse finanziarie importanti, non da oggi, ma già da alcuni o molti anni. Altrettanto, se non più rilevante, è lo sforzo finanziario e l’impegno in risorse umane programmato per i prossimi anni;
  • vi è quindi la fondata aspettativa, dei diversi operatori, che ciascun vettore energetico (petrolio, metano, elettricità, fonti rinnovabili) possa contribuire efficacemente, in virtù dei risultati già raggiunti e degli investimenti in atto, al processo di decarbonizzazione del Paese, da qui agli anni a venire.
  • tutti, operatori ed esperti,convengono, infatti,che non esista, allo stato attuale delle tecnologie, una soluzione energetica che, da sola, possa essere in grado di far fronte alle diverse esigenze del sistema dei trasporti e dello stesso settore dell’automobile.

Nel 2019, mentre andavano delineandosi, attraverso l’Osservatorio, prospettive, pur con luci e ombre, nel complesso positive circa la capacità del settore dell’automobile di traguardare gli obiettivi ambientali, l’ACI riteneva utile supportare e integrare i lavori dei tavoli tematici, mediante uno studio che consentisse, su basi rigorosamente scientifiche, oltre che oggettive e neutrali di:

  • colmare taluni gap conoscitivi, più volte lamentati e sottolineati, in particolare per quanto concerne la corretta misurazione delle emissioni di CO2 dei veicoli;
  • tradurre in valutazioni quantitative i risultati, soprattutto qualitativi, emersi nel corso dei dibattiti, al fine di simulare i possibili scenari evolutivi del parco automobilistico, misurare il contributo di ciascun vettore energetico al soddisfacimento della domanda di mobilità privata e quantificare così le emissioni di CO2 del settore automobilistico all’orizzonte temporale target del 2030.

Lo studio “Per una transizione energetica eco-razionale della mobilità automobilistica. Valutazione del caso italiano”, che presentiamo in questa Conferenza, è il frutto di un complesso lavoro di ricerca, reso possibile grazie alla collaborazione scientifica tra tre enti pubblici, CNR, ENEA e ACI, mossi dal comune obiettivo, coerente con i rispettivi fini istituzionali, di acquisire elementi scientifici di valutazione, utili a informare l’opinione pubblica, ma soprattutto utili, auspicabilmente, a supportare scelte di policy ecorazionali nel campo della mobilità, cioè in grado di coniugare le esigenze ambientali con quelle economiche e sociali del Paese, in modo da minimizzare i costi della transizione a parità di risultato ambientale.                                                              

In questa ottica, lo studio ha anche avviato primi approfondimenti sugli impatti che la transizione energetica potrà produrre sul sistema industriale, in particolare sul settore dell’automotive, e sul contesto economico-sociale, soprattutto per quanto concerne l’accessibilità della mobilità per tutti gli utenti della strada.

 

I risultati dello studio

Lo studio prende le mosse da una analisi degli scenari emissivi di CO2, da qui al 2050, elaborati da enti di ricerca nazionali e internazionali, da cui risulta che, a livello mondiale, le emissioni di anidride carbonica continueranno a crescere, in modo esponenziale, se non interverranno fattori correttivi.

A livello europeo e italiano le emissioni di CO2 sono previste in calo, più o meno accentuato e rapido, in funzione delle politiche ipotizzate di contenimento dei consumi globali di energia e/o di spinta verso l’introduzione di tecnologie più performanti sotto il profilo ambientale. I risultati sono molto diversi da uno studio all’altro e, all’interno di ciascuno di essi, da una proiezione di policy all’altra; come è ovvio, in ragione delle tante variabili in gioco e delle loro interdipendenze.

La nostra ricerca ha focalizzato l’attenzione sul possibile andamento nel nostro Paese delle emissioni di CO2 del settore dell’automobile da qui al 2030, al fine di valutare se, a quella data, lo sforzo combinato dell’industria dei motori e dei vettori energetici sarà stato in grado di immettere sul mercato veicoli a emissioni allineate con gli obiettivi indicati dall’Unione Europea.

Per rispondere alle domande saremo in grado? E con quali veicoli? É stato sviluppato un insieme di analisi propedeutiche: composizione del parco circolante automobilistico e suo andamento storico, anche in rapporto all’andamento della domanda interna e del PIL pro-capite; progressi già realizzati e attesi nelle tecnologie di propulsione e di alimentazione dei veicoli; corretta misurazione delle emissioni di CO2, un tema quest’ultimo, di assoluto rilievo su cui è opportuna una breve riflessione.

Lo studio dimostra che risultati emissivi accurati possono ottenersi soltanto attraverso l’applicazione del metodo LCA, che considera la CO2 emessa durante l’intero ciclo di vita del veicolo(dalla costruzione allo smaltimento/riciclo del mezzo; della generazione della fonte energetica al suo uso su strada).

A mero titolo esemplificativo, va rilevato che, dallo studio, risulta che la fabbricazione di un veicolo BEV (elettrico) comporta ben l’82% di emissione di CO2 in più rispetto a un veicolo ICE a benzina, di pari cilindrata. Questo differenziale si riduce man mano che l’automobile si muove; il punto di pareggio si ha a 45.000 Km di percorrenza. Il punto di pareggio si sposta in avanti per le auto diesel; ancor di più per le auto a metano, che raggiungono la parità emissiva con l’auto elettrica dopo 150.000 km di percorrenza.

 

Scenario di programma

Sulla base dei dati e delle informazioni acquisite e sviluppate nel percorso di analisi propedeutica, è stato costruito lo scenario previsionale, definito “Scenario di programma”, che ipotizza un andamento delle immatricolazioni delle nuove autovetture, da qui al 2030, influenzato soltanto dai provvedimenti già in atto, che spingono, fin da ora, l’industria energetica e automobilistica a programmare la produzione e la commercializzazione di veicoli dotati di tecnologie sempre più performanti sotto il profilo ambientale. Per la valutazione delle emissioni di gas serra, al venduto è stato applicato il livello emissivo di CO2 di ciascuna tipologia di vettore energetico, stimato tenendo conto delle emissioni dal “pozzo alla ruota” dei carburanti e dell’energia elettrica; non si è ritenuto di tener conto, invece, in questa fase, poiché troppe e troppo complesse le variabili in gioco, delle emissioni di CO2 prodotte nella costruzione delle diverse tipologie di autovetture, né nella fase di smaltimento dei veicoli, in particolare delle batterie, in assenza di dati scientifici sufficientemente attendibili.

Lo “scenario di programma” fornisce un risultato di estremo interesse:in virtù degli investimenti in atto e in programma dei diversi operatori, al 2030 il settore dell’automobile emetterà complessivamente 54,5 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, a fronte di 49 milioni di tonnellate attese dall’agenda Europea.

Una eccedenza di CO2 estremamente contenuta: superiore dell’11% soltanto all’obiettivo traguardato.

Un risultato davvero importante poiché ottenuto:

  • senza ipotizzare politiche di incentivazione o misure di intervento, ma realizzato assumendo i programmi, in qualche modo tendenziali, dell’industria, fondati sulle normative già in essere, e non considerando i nuovi obiettivi del PNIEC, né gli incentivi di recente varati dal governo italiano;
  • senza considerare gli ulteriori miglioramenti emissivi che potrebbero realizzarsi “lungo strada”, nei prossimi anni, grazie alla evoluzione delle tecnologie, che progrediscono molto più rapidamente delle previsioni.

Si è ipotizzato, sulla base delle previsioni UNRAE, che da qui al 2030, vengano immesse sul mercato 23 milioni di autovetture, che vanno idealmente a sostituire le auto immatricolate prima del 2011; il parco auto al 2030 sarà quindi costituito dalle auto immatricolate tra il 2011 e il 2018 (13 milioni) e dalle nuove immatricolazioni, per un parco circolante finale di 36 milioni di auto, sostanzialmente in linea con il parco attualmente in essere.

Le autovetture alimentate con fonti fossili, integrate con biocarburanti e biometano, rappresenteranno l’81,6% del totale (oggi 99,3%); le ibride HEV (a benzina e metano) copriranno il 9,8% (oggi 0,7%); le auto elettriche (BEV e PHEV) l’8,6%, per un totale di 3 milioni di veicoli; si affacciano sul mercato le auto a idrogeno (0,1%).

 

Scenari alternativi

Nello studio sono stati ipotizzati due scenari alternativi, in cui, attraverso l’adozione di misure mirate, fosse possibile ridurre ulteriormente le emissioni di CO2, per allinearle agli obiettivi europei del 2030.

Il primo scenario, definito di “accelerazione tecnologica”, presuppone meccanismi di accelerazione della diffusione delle autovetture a più basse emissioni. In particolare, le auto elettriche (BEV e Plug- in), immatricolate nei prossimi 11 anni, passano da 3 milioni a 5 milioni e rappresentano quasi il 15% del parco circolante al 2030. Aumentano le auto a idrogeno (0,6%) e le quote di biocarburante e di biometano miscelate con i combustibili tradizionali. La quota di autovetture a motori termici si riduce al 74%.

Ne deriva il pieno raggiungimento degli obiettivi comunitari: 68,4g/Km le emissione medie di CO2 del venduto al 2030, per una emissione totale di anidride carbonica del parco circolante, alla stesse data, pari a 48,9 milioni di tonnellate.

Il secondo scenario, definito di “sostenibilità della mobilità”, presuppone di realizzare la riduzione delle emissioni di CO2 mediante interventi volti a migliorare il mix modale: efficientamento del trasporto pubblico, tra cui sostituzione degli autobus diesel euro 3 con autobus a trazione elettrica, a metano o a idrogeno; promozione e maggiore utilizzo del trasporto condiviso; promozione della ciclopedonalità; minore utilizzo delle auto private.

Anche in questo scenario si raggiungono pienamente gli obiettivi emissivi fissati dall’Unione Europea (49 milioni di tonnellate), con benefici in termini di riduzione del traffico, tanto auspicato nei centri urbani, di miglioramento della salute e della qualità della vita per i cittadini.

Le misure previste da questo scenario sarebbero comunque da perseguirsi quali misure integrative o di sostegno all’evoluzione “tendenziale” o “accelerata” di scenario, che potrebbe non realizzarsi compiutamente o nei tempi ipotizzati, vuoi per slittamenti nei programmi dell’industria, vuoi per una non adeguata capacità di risposta del mercato all’offerta di nuovi veicoli.

  

Conclusioni

Lo studio ha dimostrato che, attraverso lo sforzo congiunto dell’industria dei motori e dei vettori energetici, sarà possibile raggiungere gli obiettivi di miglioramento della qualità dell’ambiente, che stanno a cuore a tutta la collettività.

Uno sforzo, quello dell’industria, che non va tuttavia sottovalutato: si tratta di aggiungere ulteriori investimenti agli investimenti già effettuati nel tempo, ma anche di realizzare, se necessario, riconversioni o riassetti produttivi; di difendere, in una economia globalizzata, posizioni competitive faticosamente conquistate nel tempo; di evitare sacrifici occupazionali; di evitare perdite di valore per gli azionisti/risparmiatori.

È necessario, quindi, per dare fiducia all’industria e far siche gli investimenti proseguano, e siano eventualmente implementati, che:

  • venga definito un quadro regolatorio chiaro e certo, che consenta a tutti gli operatori di sviluppare le proprie strategie potendo contare su una prospettiva di lungo termine definita;
  • che eventuali politiche di orientamento della transizione energetica siano ispirate a criteri di neutralità tecnologica, che tengano conto del contributo effettivo che ciascuna  fonte può arrecare al processo di decarbonizzazione; in questa ottica, una pianificazione accurata non può non tenere conto, anzi deve fondarsi sulla corretta e completa valutazione delle emissioni di CO2 dalla “culla alla tomba”;
  • che sia tenuta in adeguata considerazione l’importanza degli investimenti nella ricerca e nella innovazione, la leva centrale su cui si fonda il processo di decarbonizzazione del nostro Paese; eventuali risorse finanziarie che si volessero mettere a disposizione per favorire la transizione energetica, potrebbero quindi essere orientate a sostenere il progresso tecnologico, anche al fine di evitare che gli ingenti costi del processo evolutivo abbiano a tradursi in maggiori costi della mobilità per i cittadini. È auspicabile, anzi, che il progresso,associato all’efficientamento del trasporto pubblico e delle altre forme di mobilità, consenta di realizzare benefici in termini di economicità per l’utenza. È questo un altro aspetto di particolare rilievo che va sottolineato.

Le disponibilità finanziarie, da un lato, e i costi di acquisto dei veicoli, dall’altro, possono infatti rappresentare una barriera di accesso per il cittadino verso il rinnovo della propria autovettura, con l’effetto di ritardare la penetrazione delle vetture più performanti, sotto il profilo ambientale, e, al tempo stesso, di creare situazioni di disparità sociale tra chi può o non può permettersi un nuovo mezzo, con il rischio di pregiudicare il diritto alla mobilità.

In questa ottica,sarebbe auspicabile l’adozione di incentivi volti a favorire il ricambio delle auto più vecchie con le auto usate più recenti; una misura che può arrecare benefici immediati, in termini di disinquinamento urbano, ma anche di sicurezza. È dimostrato che un’auto di più recente immatricolazione ha quasi il 50% di probabilità in meno di essere coinvolta in un incidente stradale grave.

In ogni caso è necessario scongiurare il paradosso di una transizione energetica nel settore dell’automobile che avvantaggi le fasce più abbienti della popolazione a spese delle fasce sociali più deboli. Oggi, in alcune regioni, grazie agli incentivi per l’acquisto di un veicolo elettrico, si può arrivare fino ad un risparmio di 16.000 euro per le auto di più alta gamma, che non sono, tuttavia, alla portata di un’ampia parte della popolazione.

In questa logica e nella prospettiva di una ricomposizione del parco circolante, andrà pertanto attentamente riesaminata anche la politica della fiscalità e redistribuita sui diversi vettori energetici.

 

I link ai documenti:

PER UNA TRANSIZIONE ENERGETICA ECO-RAZIONALE DELLA MOBILITÀ AUTOMOBILISTICA. VALUTAZIONE DEL CASO ITALIANO.

EXECUTIVE SUMMARY