A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

“LE IPOTESI DI RIFORMA DEL REGOLAMENTO DI DUBLINO E LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI NEL SISTEMA DI ASILO DELL’UNIONE EUROPEA”

 Autore: Dott. Dario Porta

 

L’Europa negli ultimi anni sta affrontando un flusso migratorio con una crisi senza precedenti del suo sistema di governance delle migrazioni basato sulle fondamenta politiche e normative strutturalmente connesse di Schengen e delle Convenzioni di Dublino dal 1990 in poi. In questo quadro, la questione dell’asilo assume sempre più grande rilievo e rappresenta una sfida per il futuro stesso dell’Unione Europea. Diversi Paesi da cui provengono i richiedenti asilo, situati in prossimità dei confini dell’Unione Europea, stanno subendo conflitti di varia natura – a partire dal due guerre civili in Siria dal 2012 e in Libia dal 2014 - con violenze e persecuzioni nei confronti dei civili, i quali sono costretti a fuggire e a richiedere lo status di rifugiato, secondo le norme internazionali, in primo luogo la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati[1]. Dal 2015 l’Europa si confronta con un fenomeno senza dubbio epocale, quello del flusso migratorio continuo di masse di popolazioni che si spostano dall’Africa, dal Medio oriente in Europa, e, che si riversano, in particolare, sulle coste meridionali dell’Europa, coinvolgendo in modo crescente, anche se non in proporzione eguale, tutti gli Stati europei. Bisogna considerare infatti che tali flussi improvvisi di migranti e di richieste di asilo è stato non uniforme nei Paesi europei. Secondo i dati delle più importanti organizzazioni internazionali (IOM e UNHCR), in particolare dal 2011 in poi, il flusso delle migrazioni ha assunto verso l’Europa - in particolare attraverso il Mediterraneo - cifre senza precedenti dalla fine della seconda guerra mondiale. Nel 2015 più di un milione di migranti ha raggiunto l’Europa, con un decremento solo nel corso degli ultimi anni[2]. Nel 2017 sono arrivati in Europa sulle rotte del Mediterraneo 186.000 migranti (92% via mare e 8% via terra). L’Italia ha avuto il maggior numero di migranti e richiedenti asilo, per un 64% del totale degli arrivi registrati[3], senza dimenticare i morti nel Mediterraneo, più di cinquemila nel 2016[4]. Il 19 ottobre 2017 il Parlamento Europeo ha approvato la proposta di riforma delle norme di Dublino III, presentata dalla Commissione LIBE (Commissione libertà civili, giustizia e affari interni) dell’Assemblea di Strasburgo, al fine di costituire un sistema efficiente e solidale sulla protezione internazionale. La relazione della parlamentare europea, Cecilia Wikström (gruppo ALDE, Svezia), costituisce la base di una discussione aperta e complessa tra le Istituzioni UE, con e tra gli Stati membri in sede di Consiglio UE[5].

 

  1. Il sistema di Dublino nell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea

I singoli Stati membri dell’Unione per molti anni hanno conservato esclusivamente il controllo sui movimenti delle persone, attraverso le frontiere esterne all’UE, sulle relazioni diplomatiche con i Paesi terzi di origine e di transito dei flussi migratori. Il processo di integrazione europea e l’evoluzione delle migrazioni internazionali hanno, tuttavia, portato ad un cambiamento nell’approccio a tali politiche. Da una parte, l’attuazione di uno spazio senza frontiere interne che garantisse la libera circolazione delle persone, dall’altra, l’afflusso sempre più rilevante dei cittadini stranieri hanno posto l’esigenza di introdurre regole comuni in Europa in materia di ingresso e di circolazione, avviando la cooperazione intergovernativa dagli accordi di Schengen al Trattato di Maastricht, e, di coordinamento interstatale delle azioni politiche al fine di garantire la sicurezza interna dell’Unione[6]. Si è assistito ad una progressiva evoluzione nel tempo dell’ordinamento giuridico dell’UE e della sua politica migratoria e di asilo che pone interrogativi sul rispetto uniforme dei diritti fondamentali dei cittadini dei Paesi terzi in Europa[7]. Il sistema di Dublino stesso costituirebbe un tentativo di uniformare diverse normative nazionali sul diritto di asilo in un processo di europeizzazione che si trova di fronte alle sfide della crisi migratoria e all’esigenza di sicurezza dei cittadini europei. Nel Trattato CEE del 1957 il trattamento dei cittadini dei Paesi terzi era estraneo alla finalità di integrazione economica e e della creazione di un mercato comune. La materia dell’asilo era una competenza riservata esclusivamente agli Stati membri, e, quindi si differenziava secondo le diverse discipline degli Stati di residenza. Da considerare che il fenomeno migratorio riguardava i flussi di manodopera tra i vari Paesi europei e, pertanto, solo successivamente si è avvertita la necessità di politiche comuni europee in materia di visti, asilo ed immigrazione, allo scopo di realizzare uno spazio senza frontiere interne nel quale fosse assicurata la libertà di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali rafforzando nello stesso tempo i controlli alle frontiere esterne. Per iniziativa del Consiglio europeo dopo l’accordo Schengen (1985), firmato da Germania, Francia e Benelux, si costituì un gruppo ad hoc sulla politica migratoria che riuniva dal 1986 i ministri responsabili dell'Immigrazione. La riunificazione della Germania e l’applicazione della Convenzione di Schengen hanno rappresentato una forte spinta verso una comunitarizzazione della politica migratoria e di asilo. Nell’ambito dei tale gruppo ad hoc fu elaborata la Convenzione di Dublino del 1990 con lo scopo di identificare lo Stato responsabile per l’esame delle domande di asilo[8]. Con il Trattato di Maastricht sull’Unione europea (1992) per la prima volta si prevede una politica comune in materia di asilo, qualificata come un settore di interesse da trattare con il metodo tradizionale della cooperazione intergovernativa.

L’attribuzione della competenza migratoria, interna ed esterna, al livello dell’Unione ha rappresentato con il Trattato di Lisbona la condizione essenziale per garantire contestualmente l’effettività della libertà di circolazione dei cittadini europei e l’efficacia dell’azione per garantire la sicurezza nell’area dell’Unione[9]. La politica migratoria nella sua duplice dimensione, sia interna che esterna, deve essere realizzata garantendo la tutela dei diritti fondamentali, in particolare delle persone protagoniste dei fenomeni migratori, migranti economici e richiedenti protezione internazionale, in conformità all’art. 67 par. 1, del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) e all’art. 2 e 21, par. 1 del TUE (Trattato sull’Unione Europea). La tutela dei diritti fondamentali si inscrive in un quadro normativo complesso, costituito dal diritto primario e derivato dell’UE, in stretto rapporto con la normativa dei singoli Stati membri. In particolare nell’ordinamento giuridico dell’Unione le fonti principali relative alla tutela dei diritti fondamentali dei migranti, di cui sono parte i richiedenti protezione internazionale, sono rappresentate dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, parte integrante della normativa dell’Unione, e, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), in quanto fonte di principi generali del diritto dell’UE[10].

Il sistema di Dublino, dalla Convezione di Dublino del 1990, non è certo nato come un meccanismo di solidarietà tra gli Stati membri, finalizzato ad un equa distribuzione di responsabilità ed un giusto controllo delle frontiere dell’UE, né a correggere le incapacità nazionali, per garantire gli stessi diritti ai richiedenti asilo in Europa. Cionondimeno, con il Trattato di Lisbona l’Unione ha sancito che tale area è governata dal principio di solidarietà ed equa condivisione di responsabilità con l’applicazione delle direttive sulle procedure e condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo (ex artt. 78 e 80 del TFUE)[11]. Il CEAS - Il sistema europeo comune di asilo - dal 2013 ha cercato di rispondere sin dalla sua nascita ai suddetti principi. Nell’Unione Europea si è proceduto dal 1990 alla revisione del sistema di Dublino, anche sulla base della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della la Corte di Giustizia UE, nonché della posizione delle principali organizzazioni internazionali, in particolare il Consiglio d’Europa[12]. Nel 2003 la revisione del Regolamento di Dublino (c d. Dublino II) - Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003 - ha portato il sistema di Dublino nel quadro dell’ordinamento dell’Unione in un processo di comunitarizzazione delle politiche dell’immigrazione e dell’asilo conclusosi con il Trattato di Lisbona (in vigore dal 2009) (artt. 78-80 TFUE), che lascia agli Stati la competenza sul controllo delle frontiere esterne e il rilascio dei documenti di ingresso e di permanenza[13]. Il Regolamento di Dublino, adottato nel 2003 (Regolamento CE n. 343/2003, c.d. Dublino II), pilastro del CEAS (Sistema Europeo Comune di Asilo - Common European Asylum System) e modificato nel 2013 in vigore dal 2014, (Regolamento UE n 604/2013 c.d. Dublino III) è uno strumento normativo dell’Unione Europea che determina la responsabilità di un solo Stato membro delle richieste di protezione internazionale per mezzo di una serie di criteri. Le norme del Regolamento di Dublino sono state emanate al fine di evitare fenomeni come quello del richiedente asilo, “in orbita” e/o nell’asylum shopping, nella ricerca sia delle norme che delle prassi più favorevoli, e di evitare i c.d. movimenti secondari, in un sistema comune di norme, anche se non uniformi, sullo status di protezione internazionale tra i Paesi membri. In verità, differenti sistemi di asilo permangono in un’area di libera circolazione e di frontiere esterne comuni. Infatti, nonostante le norme dell’Unione, che costituiscono un sistema europeo comune di asilo, permangono rilevanti differenze sia nelle procedure di asilo che nelle condizioni di accoglienza e nella capacità di integrazione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri. Queste differenze mettono in discussione l’assunto del sistema di Dublino di un eguale trattamento dei soggetti bisognosi di protezione internazionale in Europa, basato sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri, e, al tempo stesso non garantiscono una distribuzione equa tra i Paesi membri del compito di esaminare le domande, al fine di accogliere chi ha diritto, garantendo altresì la sicurezza dei cittadini europei[14]. Inoltre, le preferenze dei richiedenti asilo (legami familiari, opportunità di lavoro, altre preferenze di lingua e di reti di integrazione), sia dal punto di vista delle norme che della prassi del sistema di Dublino, ricevono scarsa considerazione, favorendo i “movimenti secondari” e quindi, i fenomeni di irregolarità dei cittadini dei Paesi terzi, che hanno fatto ingresso e transitano nell’area dell’Unione, come conseguenza della libertà di movimento nell’area Schengen. I richiedenti asilo sono soggetti vulnerabili che in assenza di canali legali di accesso all’UE utilizzano, infatti, accessi illegali e sono soggetti allo sfruttamento di trafficanti di esseri umani[15].

Il sistema di Dublino è basato sulla presunzione implicita dell’accesso a uguali standard di diritti e di trattamento in tutti gli Stati dell’Unione, ma questo obiettivo del CEAS è lungi dall’essere attuato permanendo differenti condizioni di accoglienza di chi arriva in Europa e chiede protezione internazionale. Rilevanti differenze nelle condizioni di accoglienza sia qualitative che quantitative finiscono inevitabilmente per favorire inevitabilmente i movimenti secondari[16]. L’applicazione delle norme di Dublino dipende non solo dall’attuazione del Regolamento di Dublino, ma anche da quella delle direttive sulle procedure di accoglienza e sull’asilo, che lasciano ampia discrezionalità a ciascun Stato membro dal punto di vista delle procedure. In effetti, sia la registrazione dei richiedenti asilo - con le impronte digitali EURODAC – sia i trasferimenti sono regolati da differenti norme e strumenti nazionali[17]. Nell’attuazione del Regolamento di Dublino III si rileva sostanzialmente non solo una diseguale applicazione della gerarchia dei criteri stabiliti, con una rilevante scarsa considerazione della capacità di accoglienza dei singoli Paesi europei, ma anche uno scarso utilizzo delle “clausole discrezionali” come quella “umanitaria” e quella di “sovranità” (art. 3 par. 2 del Regolamento Dublino II, art. 17 par. 1 del Regolamento Dublino III), insieme alla la restrittiva applicazione del criterio che privilegia l’unità familiare. La conseguenza è quella di respingere le richieste di trasferimento ricevute, e, con il dare, invece, priorità al criterio del Paese di ingresso senza nessuna considerazione delle capacità organizzative relative alle procedure sull’attribuzione della protezione internazionale, e, su adeguate condizioni di accoglienza nei singoli Paesi dell’UE[18].

 

  1. L’evoluzione della giurisprudenza della Corte Ue e della Corte europea dei diritti dell’uomo e il sistema di Dublino

Le pronunce della Corte di Giustizia UE e della Corte di Strasburgo hanno favorito un’applicazione più uniforme a livello degli Stati membri, a questo proposito, in particolare delle c.d. “clausole discrezionali”: la clausola di sovranità e la clausola umanitaria[19]. Inoltre, l’intervento giurisprudenziale della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha svolto un ruolo essenziale nell’evoluzione delle norme del sistema di Dublino con interpretazioni non sempre uniformi delle norme giuridiche più rilevanti e nella condanna delle violazione dei diritti umani dei cittadini dei Paesi terzi richiedenti la protezione internazionale negli Stati membri. Bisogna rilevare che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha costituito e continua a svolgere un ruolo fondamentale come fonte di ispirazione nell’ordinamento giuridico dell’Unione, consacrato dall’art. 52 della Carta dell’UE[20].

Nelle due sentenze del 2011, M.S.S. della Corte europea dei diritti dell’uomo e N.S. della Corte di Giustizia UE, le Corti europee hanno respinto per la prima volta la presunzione assoluta che le condizioni di accoglienza nello Stato in cui si intende trasferire il richiedente la protezione internazionale da un altro Stato membro siano idonee ad assicurare l’effettiva protezione dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, come valore primario cui sono chiamati a tutelare[21]. Il Sistema di Dublino poggia, invero, come abbiamo sottolineato, sul principio di mutua fiducia tra gli Stati membri che si considerano “sicuri” e sull’esistenza di norme uniformi tra gli stessi, anche se ciò è contraddetto da una diversa applicazione delle direttive europee, per garantire l’effettivo e rapido accesso alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria ed evitare il rischio della violazione dei diritti fondamentali del richiedente, qualora esso venga trasferito in uno Stato competente che si rilevi “non sicuro”. Nelle due pronunce citate si fa riferimento alle carenze del sistema di asilo in Grecia, rilevate dall’Alto Commissariato per i rifugiati e da Ong internazionali, oltre che da procedure di infrazione ex artt. 258-260 del TFUE[22].

La Corte di Giustizia UE nella sentenza N.S., facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani - conformemente all’art. 52 par. 3 - afferma che l’applicazione del principio della mutua fiducia non possa risolversi in una fiducia reciproca assoluta nella tutela dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati, ma in una fiducia relativa. Nella misura in cui il rispetto dei diritti sia effettivo, gli Stati membri possono considerarsi reciprocamente sicuri, e, in questo caso, di conseguenza, il trasferimento non rischia di violare i diritti dei richiedenti asilo, sanciti nella Convenzione di Ginevra, nella CEDU e nella Carta di Nizza (Carta dei diritti fondamentali dell’UE)[23]. La Corte UE pur non pronunciandosi sulla questione specifica relativa alla “clausola di sovranità”, sollevata dal giudice inglese, relativa alla più ampia tutela accordata con l’eventuale applicazione di altre disposizioni della Carta, quali gli articoli: 1 (dignità umana), 18 (diritto di asilo) e 47 (diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale), rispetto a quella fornita dall’art. 3 CEDU, riconosce, peraltro, che dall’esercizio di tale facoltà - parte integrante del sistema di Dublino - discendono conseguenze a carico dello Stato, quali la determinazione dello Stato competente ad esaminare la domanda, e, quindi, a determinare le procedure di accoglienza e di attribuzione dello status di protezione internazionale. Tale discrezionalità dell’applicazione della clausola trova il limite di applicazione nel rispetto dei diritti fondamentali dell’Unione. Gli Stati possono esercitare la “clausola di sovranità” o proseguire l’esame dei criteri per l’identificazione dello Stato competente; nel caso tale procedura rischia di essere di durata irragionevole, l’esercizio di tale clausola è obbligatorio. La Corte afferma, inoltre, che gli Stati non devono trasferire, ai sensi dell’art. 4 della Carta UE[24], un richiedente quando gli Stati membri non possono ignorare che le “carenze sistemiche” nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo […] costituiscono “motivi seri e comprovati “di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti” (par. 94). In questi casi, gli Stati membri, al fine di rispettare i loro obblighi di tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, sono tenuti a non trasferire un richiedente asilo verso lo Stato membro competente[25]. Il trasferimento del richiedente, secondo la Corte, va impedito solamente nel caso di “violazioni sistemiche” e non di “violazioni minime” delle direttive in materia di asilo di uno Stato membro, in quanto un’altra conclusione pregiudicherebbe il funzionamento del Regolamento di Dublino, con l’effetto di esonerare lo Stato interessato dagli obblighi derivanti dalle stesse norme di Dublino II (par. 85). Relativamente all’individuazione di “motivi seri e comprovati” di rischio di violazione dell’art. 4 della Carta, per il richiedente asilo, la Corte fa riferimento alla giurisprudenza della Corte CEDU in materia di espulsione, estradizione e allontanamento dei cittadini dei Paesi terzi, compresi i richiedenti asilo (ex art. 52, par. 3, della Carta UE). La Corte afferma che lo Stato in cui viene presentata la domanda ha un generale dovere di vigilanza per la tutela dei diritti fondamentali, nell’ambito della presunzione relativa del rispetto dei diritti fondamentali. Ciò è conforme ai principi sanciti dall’art. 2 del TUE sui valori dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani e dall’art. 80 del TFUE, espressione del principio di solidarietà anche finanziaria, su cui si basano la politiche dell’asilo e dell’immigrazione. Infine, la sentenza stabilisce chiaramente che violazioni della legislazione dell’Unione, che siano inferiori al limite dell’art. 4 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione europea – violazioni minime - non possono avere la conseguenza di bloccare i trasferimenti; “ciò avrebbe l’effetto di aggiungere ai criteri di determinazione dello Stato membro […] un criterio supplementare di esclusione, e, che “comprometterebbe la realizzazione dell’obiettivo di designare rapidamente lo Stato membro competente” (par. 85); nell’ottica di Sistema prefigurato dall’art. 78 del TFUE, volto a “offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale”. La deroga al Sistema di Dublino per violazioni in assenza di “carenze sistemiche” avrebbe comportato secondo il suo giudizio il venir meno della “ragion d’essere dell’Unione e della realizzazione dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia e, più in particolare, del sistema europeo comune di asilo, fondato sulla fiducia reciproca e su una presunzione di osservanza, da parte degli altri Stati membri, del diritto dell’Unione, segnatamente dei diritti fondamentali” (par. 83)[26].

In continuità con questa sentenza si delinea la giurisprudenza della Corte UE, dal 2013 in poi, nel ribadire che la presunzione della mutua fiducia non può essere ribaltata, in quanto pregiudicherebbe il funzionamento del sistema europeo comune di asilo, nonché gli obiettivi e il sistema Dublino, ma al tempo stesso è superata la presunzione assoluta di sicurezza degli Stati membri dell’Unione. Infatti, il trasferimento può essere concesso nella misura in cui gli Stati membri non possono ignorare che le “carenze sistemiche” nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo - nello Stato membro competente - costituiscono “motivi seri e comprovati” di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’art. 4 della Carta UE[27]. Per mezzo di tali pronunce, la Corte di Giustizia UE ha individuato nella “carenza sistemica” il punto di equilibrio tra due esigenze contrapposte: da un lato, la necessità di preservare il principio della reciproca fiducia tra gli Stati sul quale si fonda la presunzione di sicurezza degli stessi; dall’altro, l’obbligo di tutela dei diritti fondamentali, e, di conseguenza il divieto di trasferimento della persona verso uno Stato che presenti tali carenze, in deroga all’applicazione del sistema di Dublino; in caso contrario il trasferimento del richiedente asilo è legittimo.

L’adozione del Regolamento di Dublino III ha cercato di correggere le criticità rilevate dalla giurisprudenza delle Corti europee con alcune modifiche del Regolamento Dublino II. Il contenuto delle pronunce della Corte di Giustizia, dalla sentenza N.S. del 2011, è stato è stato ripreso nell’art. 3, par. 2, del Regolamento di Dublino III, mentre l’art. 17 riformulato comprende le clausole c.d. discrezionali, sia la clausola di sovranità che la clausola umanitaria. In effetti, dal punto di vista strutturale la normativa di Dublino III si pone in netta continuità con il regime previsto dal precedente Regolamento, anche se codifica gli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in sede di applicazione del Regolamento 343/2003 (Dublino II). Il principio base rimane quello della competenza singola che porta all’individuazione di un singolo Stato membro nell’esame delle domande dei richiedenti asilo, confermando i medesimi criteri per la determinazione dello Stato competente. L’ordine gerarchico delle norme sembra privilegiare in primis i legami familiari, seguiti poi dal rilascio già avvenuto di un visto o un titolo di soggiorno, come criterio finale; invece, è posto sostanzialmente quello, più facilmente applicabile, del Paese di primo ingresso (regolare o irregolare che sia) nel territorio dell’UE. In realtà, la prassi applicativa si caratterizza, infatti, per il prevalere delle domande gestite dallo Stato membro che costituisce le frontiere europee terrestri, marittime o aree, che sono varcate dal richiedente asilo, con la conseguenza di incentivare la pressione migratoria sul confine meridionale dell’UE[28].

La Corte UE nella pronuncia nel caso C.K., H.F., A.S. c. Republika Slovenija, del 16 febbraio 2017, sembra smentire un suo filone giurisprudenziale consolidato[29]. Secondo tale orientamento si stabiliva come principio generale dell’ordinamento europeo la fiducia reciproca tra gli Stati membri basata sul mutuo riconoscimento degli standard di tutela dei diritti fondamentali. In questo senso ogni deroga al sistema di Dublino era impossibile in assenza di un carenza sistemica avendo, come fondamento giuridico la stessa presunzione assoluta (ex artt. 2 e 7 del Trattato UE) della piena condivisione tra tutti gli Stati membri dei valori comuni su cui si fonda l’Europa, precondizione ai fini dell’adesione e dell’appartenenza all’Unione[30]. La Corte pur richiamandosi alla sua precedente giurisprudenza di fronte ad una richiesta di interpretazione di alcune disposizioni del Regolamento Dublino III, in materia di trasferimenti di persone gravemente malate, anche in assenza di “carenze sistemiche” nel sistema di asilo dello Stato di destinazione, ha statuito che il divieto di pene o di trattamenti inumani o degradanti, di cui all’articolo 4 della Carta, è, al riguardo, di importanza fondamentale, “poiché ha carattere assoluto in quanto è strettamente connesso al rispetto della dignità umana” (par. 59)[31].

La Corte di Lussemburgo si allinea alle posizioni di tutela dei diritti fondamentali della Corte europea dei diritti dell’uomo stabilendo nuovi confini alla deroga del sistema e dei criteri di Dublino. La tutela dei diritti, sancita dall’art. 4 della Carta UE, è considerata assoluta a fronte di qualsiasi circostanza che oggettivamente possa mettere a rischio la persona da trattamenti inumani e degradanti, anche in assenza di violazioni sistemiche. Il rischio obiettivo di violazioni comporta, di conseguenza, il divieto di trasferimenti.

La realizzazione dello spazio di libertà sicurezza e giustizia ha avuto bisogno della fiducia reciproca degli Stati membri in un vero e proprio “mercato comune dei diritti fondamentali” nel processo evolutivo dell’Unione[32]. Un principio fondamentale in virtù del quale ciascun Paese deve presumere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati rispettino il diritto dell’Unione e i diritti fondamentali della persona riconosciuti da quest’ultimo e che “i rispettivi ordinamenti giuridici nazionali [siano] in grado di fornire una tutela equivalente ed effettiva dei diritti fondamentali, riconosciuti a livello dell’Unione, in particolare nella Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea]”[33]. Cionondimeno, il “principio della fiducia reciproca funge allo stesso tempo da presupposto ai fini dell’applicazione del mutuo riconoscimento e da obiettivo da perseguire”[34]. Infatti tale principio può essere in contraddizione con la garanzia di standard minimi di tutela dei diritti fondamentali e di un sistema incentivante contro un ribasso degli stessi.

 

  1. Le proposte di riforma del sistema di Dublino – Commissione e Parlamento UE

La Commissione UE il 4 maggio 2016 ha presentato una proposta di riforma del Regolamento di Dublino III per un Dublino IV[35]. La proposta legislativa della Commissione si inserisce in un quadro di altre riforme normative che mirano a riformare radicalmente il sistema europeo comune di asilo, ponendolo nelle condizioni di fornire adeguate soluzioni più a medio che a lungo termine in risposta ai futuri flussi migratori. La modifica del sistema di Dublino è accompagnata dalla proposta di trasformare l'EASO in una vera e propria agenzia dell'Unione europea per l'asilo, e rafforzare il sistema Eurodac al fine di contrastare il fenomeno dell'asylum shopping con la riforma della direttiva procedure e quella relativa all’accoglienza[36].

L’iniziativa della Commissione, a differenza di quella del Parlamento europeo, pur consapevole della necessità di superare il sistema attuale del Regolamento di Dublino, intende mantenere quasi inalterati i criteri di determinazione dello Stato responsabile per l’esame della domanda di protezione internazionale, sostenendoli con un meccanismo correttivo di collocamento dei richiedenti asilo. I principi ed obiettivi a cui si ispira la proposta di riforma del sistema di Dublino della Commissione sono: la solidarietà e l’efficienza del sistema. La solidarietà con un meccanismo di assegnazione correttivo: “il meccanismo di equità”. Il nuovo sistema stabilirà automaticamente quando un Paese sta trattando un numero sproporzionato di richieste di asilo facendo riferimento alle dimensioni e alla ricchezza del Paese stesso. “Il meccanismo di equità” terrà conto anche degli sforzi compiuti da uno Stato membro per reinsediare persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un Paese terzo. L’efficienza del sistema sarà garantita da termini più brevi per l’invio delle richieste di trasferimento, per il ricevimento delle risposte e per l’esecuzione dei trasferimenti dei richiedenti asilo tra gli Stati membri.

Per il contrasto ai movimenti secondari e al c.d. asylum shopping sono previsti: misure che ostacolano gli abusi, con obblighi giuridici più chiari per i richiedenti asilo, compreso il dovere di rimanere nello Stato membro competente per la loro richiesta; limiti geografici alla fornitura di benefici materiali legati all’accoglienza, e, conseguenze sanzionatorie, considerate proporzionate, in caso di violazione delle norme. Infine, riguardo alla tutela degli interessi dei richiedenti asilo, sono proposte maggiori garanzie nei confronti di soggetti vulnerabili, quali i nuclei familiari ed i minori.

Per quanto riguarda i criteri di determinazione dello Stato membro competente ad esaminare la domanda di asilo, la proposta della Commissione europea lascia inalterata la gerarchia esistente, anzi rafforza il criterio del Paese di primo ingresso assegnandogli maggiori responsabilità. Infatti, la Commissione introduce una sostanziale limitazione nella valutazione dell’attribuzione di responsabilità, con la previsione dell’applicazione del principio “una sola volta” nell’applicazione dei criteri di determinazione dello Stato competente (art. 9 (1))[37]. Questa norma, insieme alle disposizioni relative al preliminare esame dell’ammissibilità delle domande con il criterio del Paese di origine sicuro (artt. 3-5)[38], costituisce, altresì, una regressione nella tutela dei diritti dei cittadini stranieri e nell’equa distribuzione di responsabilità tra Stati membri. Le norme proposte pongono un onere eccessivo delle domande di protezione internazionale in misura maggiore sugli Stati membri posti alle frontiere esterne, in quanto Paesi di primo ingresso, causando effetti perversi e controproducenti. In effetti, i Paesi di primo ingresso saranno ulteriormente incoraggiati a non rispettare gli obblighi di valutazione di ammissibilità delle domande al fine di evitare ogni responsabilità. L’applicazione del principio “una sola volta” nell’applicazione dei criteri per la determinazione dello Stato membro competente daranno, infatti, maggiori responsabilità di valutazione agli Stati membri di frontiera determinando rischi rilevanti connessi alla irreversibilità delle domande di asilo. Il fatto che i cittadini stranieri non potranno contestare l’applicazione dei criteri costituisce un vulnus nella tutela dei cittadini stranieri e limita il loro diritto di appellarsi contro una decisione presa, conformemente al sistema di Dublino[39]. Questo, infatti, costituisce un serio rischio per la l’accoglimento delle domande di asilo per chi ne ha diritto[40]. Inoltre, La proposta di riforma della Commissione persegue l’obiettivo di limitare scoraggiandoli i movimenti secondari e gli abusi del diritto d’asilo, attraverso la previsione a carico dei richiedenti asilo di un serie di obblighi e sanzioni obbligatorie in caso di violazione. Gli articoli 4 e 5 sono a ciò dedicati, rispettivamente agli obblighi del richiedente e alle sanzioni.

La proposta della Commissione è stata assegnata alla Commissione libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) del Parlamento europeo, con Cecilia Wikström come relatrice, che ha elaborato un primo progetto di relazione sulla riforma del Parlamento europeo nel febbraio 2017[41], e, successivamente emendato e votato in Commissione LIBE il 19 ottobre 2017. Quest’ultimo testo è stato confermato a maggioranza dal Parlamento europeo, in seduta plenaria a Strasburgo il 6 novembre 2017[42].

L’impostazione del Parlamento europeo, consacrata nella risoluzione del novembre 2017, parte dalla constatazione e dall’esigenza di contrastare lo svantaggio dei Paesi che rappresentano la frontiera dell’Unione in favore di un sistema di ripartizione degli oneri non eccessivamente coercitivo, che possa scoraggiare se non evitare i movimenti secondari, e, garantire al tempo stesso i diritti fondamentali dei cittadini stranieri richiedenti asilo. Tale proposta si inquadra e trova il suo fondamento giuridico nel “principio di solidarietà ed equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri”, sancito dall’art 80 del TFUE, nell’attuazione delle politiche dell’Unione relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione. Infine, come è stato sottolineato più volte dal Parlamento europeo, la scelta di distribuire le responsabilità tra i vari Stati membri andrebbe accompagnata da una redistribuzione e da un supporto delle risorse finanziarie e di gestione da parte dell’UE[43].

La risoluzione adottata dall’Assemblea parlamentare a Strasburgo il 6 novembre 2017 è indubbiamente più avanzata rispetto al progetto di relazione della Commissione LIBE del febbraio 2017, e, da quello votato il 19 ottobre 2017[44]. Il Parlamento europeo assume una posizione nuova rispetto al criterio del Paese di primo ingresso, indicato nel sistema di Dublino come “criterio di riserva”, che è quello più utilizzato finora di fronte all’afflusso di cittadini stranieri nei Paesi europei di frontiera. Si propone, infatti, un nuovo sistema di ricollocazione, permanente e automatico, da applicarsi con una distribuzione degli oneri della domanda tra tutti gli Stati membri, “un’equa ripartizione della responsabilità relativa all'accoglienza dei richiedenti asilo in Europa”[45]. Il Paese di primo ingresso non sarà più il solo responsabile automaticamente, in considerazione degli oneri irragionevoli a cui sono sottoposti i Paesi di primo ingresso, in un sistema che dovrà funzionare in periodi di normali flussi migratori, così come in tempi di crisi su una qualsiasi delle frontiere comuni dell'Unione[46].

Il testo approvato propone un sistema di determinazione dello Stato membro competente all’esame della domanda di asilo che pone in primo piano “i legami autentici con uno specifico Stato membro” del richiedente, al fine di evitare movimenti secondari e aumentare le prospettive di integrazione. Tale “legame” consisterebbe nella presenza per i richiedenti di “familiari in un determinato Stato membro o legami con lo stesso, poiché per esempio ci hanno abitato o studiato in precedenza, al fine di assegnarlo a tale Stato membro”[47]. Il Parlamento europeo propone che: “i richiedenti che hanno familiari in un determinato Stato membro o legami con lo stesso, poiché per esempio ci hanno abitato o studiato in precedenza, sono assegnati a tale Stato membro. I richiedenti che non hanno legami di questo tipo con uno specifico Stato membro sono ricollocati tramite il meccanismo correttivo di assegnazione”[48].

Il Parlamento europeo pone, nella sua proposta, la tutela dei diritti umani tra i principi base del sistema del nuovo Regolamento. In particolare, si rileva che, nella proposta di emendamento, all’art. 3 par. 2, si intende eliminare il riferimento a “carenze sistemiche”, sostituendolo con una applicazione uniforme del principio secondo il quale le persone non dovrebbero essere trasferite se sono esposte ad un rischio effettivo di grave violazione dei suoi diritti fondamentali[49]. Tale formulazione garantirebbe la protezione internazionale al richiedente qualora corra il rischio di subire trattamenti inumani e degradanti, ciò a prescindere che tale rischio sia una conseguenza di una crisi sistemica. Il cittadino straniero riceverebbe una protezione internazionale in ossequio al principio di non refoulement, e sarebbe garantito effettivamente dal diritto di asilo, consacrato dall’art. 18 della Carta UE. Infatti, la risoluzione del Parlamento europeo, con la modifica all’art. 3 par. 3, propone una significativa modifica a tutela dei richiedenti asilo, in caso di rischio effettivo di grave violazione dei suoi diritti fondamentali, in linea con la giurisprudenza delle Corti di Giustizia. Si prevede infatti una deroga ai trasferimenti “qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che il richiedente sarebbe esposto a un rischio effettivo di grave violazione dei suoi diritti fondamentali. Lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l'esame dei criteri di cui al capo III e al capo IV per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente”[50].

L’Assemblea UE si è espressa, altresì, in senso contrario alle disposizioni relative agli obblighi e alle sanzioni previste dalla proposta della Commissione, in riferimento al richiamo al rispetto dei diritti fondamentali[51]. Per quanto riguarda il termine previsto per il ricorso contro le decisioni di trasferimento, il Parlamento Europeo si è espresso, nella relazione finale del comitato LIBE, con la proposta di un “termine ragionevole di almeno quindici giorni”, considerando il termine di sette giorni come eccessivamente breve, al fine di assicurare l’esercizio del diritto di ricorso[52].

La posizione del Parlamento europeo è, altresì, in favore di un sistema di registrazione dei richiedenti direttamente all'arrivo, con un sistema di sicurezza con obblighi per gli Stati di primo arrivo e di incentivi a registrarsi per i richiedenti asilo. Gli Stati di primo ingresso sono obbligati a registrare e controllare le impronte digitali attraverso il sistema Eurodac e dovrebbero verificare che il richiedente abbia delle probabilità di ottenere una delle forme di protezione internazionale, prima di essere traferito in altri Paesi UE[53]. I costi connessi al compito di filtraggio delle domande - secondo la proposta - sarebbero a carico dell’UE. Inoltre, per evitare situazioni di sovraccarico di responsabilità verso uno Stato membro, qualora questi non riesca a soddisfare adeguatamente i suoi obblighi di gestione della propria frontiera esterna, si prevede di sospendere i trasferimenti previsti dal meccanismo correttivo di assegnazione[54].

Nella risoluzione del Parlamento europeo, con l’art. 24 bis, è inserita una procedura snella ad hoc per il “ricongiungimento familiare e altri legami autentici” che ha l’obiettivo di favorire il trasferimento dei richiedenti dagli Stati di primo ingresso[55], partendo dalla constatazione che l'attuale regolamento di Dublino impone un onere irragionevole allo Stato membro di primo ingresso. L’impostazione del Parlamento europeo è sostanzialmente in linea con altri Protocolli in vigore europei ed internazionali che stabiliscono norme standard chiare a tutela dell’interesse superiore del minore[56].

Di grande rilievo nel confronto inter-istituzionale dell’assetto del sistema di Dublino è il tema dell’equa ripartizione dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, con due opzioni, della Commissione da una parte e del Parlamento europeo dall’altra, su meccanismo di ricollocazione, che si applicherebbe in situazioni di notevole flusso di cittadini di Paesi terzi laddove si determini una significativa domanda di protezione internazionale in alcuni Stati membri[57]. La proposta della Commissione propone “un’equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, completando il sistema vigente con un meccanismo correttivo di assegnazione, che si attiverebbe automaticamente qualora alcuni Stati membri dovessero affrontare un numero sproporzionato di domande di asilo” e un meccanismo sanzionatorio di natura finanziaria per gli Stati che si sottraggono alla redistribuzione[58]. Si tratta della proposta dell’abrogazione dell’attuale art. 33, introducendo, all’art. 34, un meccanismo correttivo di assegnazione. Si prevede la creazione di un sistema automatizzato (Agenzia europea è Incaricata della gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia - EU-LISA) - che avrà il compito di indicare i casi in cui il numero di domande spettanti a un determinato Stato membro superi del 150% il numero di riferimento a esso assegnato, sulla base di una criterio di distribuzione - distributionkey - che terrà conto del peso demografico e del prodotto interno lordo dello stesso Stato membro in difficoltà[59].

Il Parlamento europeo ha modificato nei punti più rilevanti la proposta della Commissione, eliminando innanzitutto il riferimento al surplus del 150% per l’attivazione del meccanismo di assegnazione[60]. La Risoluzione prevede, infatti, una nuova procedura di redistribuzione dei richiedenti protezione internazionale che concede ai richiedenti la possibilità di esprimere una preferenza in relazione al Paese membro in cui si vuole essere trasferito (art. 36 bis del Regolamento). Secondo il sistema di ricollocazione proposto, i richiedenti sono messi in grado di scegliere tra quattro Paesi UE, i quali in quel dato momento hanno ricevuto pochi richiedenti asilo in base al sistema di distribuzione. Inoltre, se il richiedente asilo ha precedentemente risieduto o ottenuto un diploma in uno Stato membro, e, quindi dimostri di avere avuto un legame con quel particolare Paese, egli sarà trasferito in quel luogo[61]. Il Parlamento europeo nella motivazione al funzionamento di un nuovo sistema correttivo di assegnazione stabilisce che: “i richiedenti che non abbiano legami autentici con uno specifico Stato membro saranno soggetti alla ricollocazione. A condizione che si sia registrato nello Stato membro di primo ingresso nell’Unione, un richiedente avrà la possibilità di scegliere tra i quattro Stati membri che abbiano ricevuto il numero più basso di richiedenti, in rapporto alla loro quota equa, “calcolata sulla base del PIL e della popolazione”[62]. Poiché questi Stati membri “con il numero più basso” cambieranno costantemente, man mano che si procederà alla registrazione dei richiedenti nel sistema, non sarà possibile per un richiedente conoscere i quattro Stati membri disponibili per la scelta, nel momento in cui questi deciderà di chiedere protezione in Europa. Il sistema non dovrebbe, quindi, costituire un “fattore di attrazione”, ma la scelta pur limitata darà al richiedente, in qualche misura, la possibilità di partecipare attivamente alla procedura. In questo modo si dovrebbero così “ridurre i rischi di movimenti secondari”[63]. Si tratta del “sistema di ricollocazione” che “sostituisce pertanto il precedente “criterio di riserva” dello Stato membro di primo ingresso. Esso si applica in ogni momento, non solo in periodi di crisi, e non presenta le soglie suggerite dalla Commissione europea”[64]. La proposta di emendamento, infatti, suggerisce di tenere conto delle preferenze del Paese espresse dal richiedente, permettendogli di scegliere tra i quattro Paesi che in quel dato momento avranno ricevuto il numero più esiguo di richiedenti asilo, sulla base della ricollocazione di oneri effettuata secondo la prevista chiave di distribuzione[65]. Nella medesima impostazione, è considerata la “collocazione di gruppi” che consente ai richiedenti asilo di registrarsi, congiuntamente in un numero massimo di trenta per ottenere il trasferimento nello stesso Stato membro[66]. Questa possibilità, tuttavia, non consente la scelta dello Stato di destinazione, ma, solo il mantenimento di legami fra individui, basati su una conoscenza esistente già nel Paese d’origine, oppure realizzatasi durante il viaggio verso le coste europee; e, ciò “avverrebbe soltanto nella misura del possibile, a differenza delle persone che hanno legami familiari, le quali sono sempre trasferite nello stesso Stato membro”[67].

Al fine di garantire la partecipazione responsabile di tutti gli Stati membri, sia la Commissione che il Parlamento europeo, hanno impostato un sistema sanzionatorio nel caso gli Stati membri si rifiutino di accettare il trasferimento dei richiedenti asilo nel proprio territorio. La Commissione ha previsto che qualora uno Stato membro decida di non partecipare al meccanismo di redistribuzione sarà tenuto a pagare un contributo, per ciascun richiedente che avrebbe altrimenti accolto in un periodo prestabilito[68]. Il Parlamento ha emendato la proposta della Commissione, prevedendo con una impostazione più equa, in particolare nei confronti degli Stati membri che si trovano in prima linea, sanzioni, sia per gli Stati di frontiera che per gli Stati membri, laddove si rifiuteranno di accettare il trasferimento dei richiedenti asilo nel proprio territorio[69].

 

  1. La posizione del Governo italiano, il documento sull'immigrazione condiviso con Cipro, Grecia, Malta e Spagna

Nel Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2018 si sono confrontate le differenti posizioni dei Paesi membri riguardo alla riforma tesa a creare un nuovo sistema europeo comune di asilo. Nelle conclusioni si è affermato l’impegno a proseguire negli sforzi necessari per “trovare un consenso sul regolamento di Dublino per riformarlo sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà”[70].

Secondo il Governo italiano, come affermato dal presidente del Consiglio Conte nel 2018, il sistema disegnato dal c.d. Regolamento di Dublino III, “si è rivelato totalmente inidoneo per gestire il modo equo e unitario i flussi migratori e la complessa questione dei richiedenti asilo.”[71]

Il ministro dell’Interno del governo Conte -  insediatosi nel settembre 2019 - Luciana Lamorgese,nel corso del Consiglio Affari interni UE del 5 giugno scorso, ha evidenziato le peculiarità del documento condiviso da Cipro, Grecia, Italia, Malta e Spagna in vista dei prossimi negoziati per la definizione di una strategia migratoria dell’Unione Europea evidenziando la necessità del “riconoscimento della specificità delle frontiere marittime esterne dell’Unione e dell’obbligotarietà delle procedure di ricollocamento dei migranti trai i partner della UE”[72].

In particolare in esso si richiama il principio cardine delle politiche migratorie e d’asilo europee nella loro dimensione interna: “la solidarietà e l’equa ripartizione della responsabilità”, così come previsto dall’art. 80 TFUE e così dovrebbe essere per il nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo. Alla luce di tale principio, Cipro, Grecia, Italia, Malta e Spagna promuovono una“riforma del sistema che dia avvio ad una politica migratoria comune europea nuova e reale”. Relativamente al nuovo Regolamento di Dublino i Paesi firmatari ritengono che “vada superato il criterio della responsabilità del Paese di primo ingresso”[73].

La crisi migratoria, che l’Europa sta affrontando dal 2015, rileva carenze strutturali e applicative dell’Unione Europa nella governance della politica di asilo a partire delle norme del c.d. sistema di Dublino, che riguardano l’identificazione dello Stato competente ad esaminare la domanda di asilo. In particolare, emergono: le deficienze insite nell’impostazione delle norme di Dublino, i limiti fattuali della capacità degli Stati di controllare i movimenti dei migranti, la propensione delle istituzioni dell’UE all’abolizione delle frontiere anziché proteggerle, le continue disparità dei sistemi di asilo dei diversi Paesi europei in termini di livello di protezione, che mettono a rischio i diritti fondamentali dei rifugiati e ne favoriscono i cosiddetti movimenti secondari.

Il sistema di Dublino, nelle sue tre versioni fino al Regolamento di Dublino III, si inquadra in un processo di europeizzazione delle politiche migratorie per l’instaurazione progressiva di “un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne” (art. 77 del TFUE) mentre, da Schengen in poi, si realizza nell’Unione “uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne nel rispetto dei diritti fondamentali” (art. 67 del TFUE).

L’evoluzione della politica migratoria e dell’asilo, a cui si è assistito, nell’ordinamento giuridico dell’UE, pone, come abbiamo visto, interrogativi sul rispetto uniforme dei diritti fondamentali dei cittadini dei Paesi terzi in Europa. L’assunto su cui si basa tale sistema è l’equivalenza delle norme nazionali per l’esame ed il riconoscimento delle domande di asilo nonché sistemi uniformi di accoglienza dei richiedenti asilo. Tuttavia, permane una sostanziale e rilevante differenza nelle procedure, nelle condizioni di accoglienza, nei processi di integrazione e nelle opportunità di lavoro. Inoltre, in diversi casi da parte di alcuni Stati membri sono a rischio il rispetto dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo[74]...

Nonostante le modifiche introdotte nel Regolamento di Dublino III, quest’ultimo ha mantenuto le stessa impostazione, confermata dalla prassi applicativa, che ha messo in rilievo diverse inefficienze ed effetti collaterali indesiderati nell’ambito del sistema europeo comune di asilo. Il criterio del Paese di primo ingresso è prevalso senza alcuna considerazione delle capacità organizzative strutturali, sia riguardo alle procedure di attribuzione della protezione internazionale, che su adeguate condizioni di accoglienza dei singoli Paesi dell’UE.

La proposta della Commissione non muta sostanzialmente l’impostazione del sistema di Dublino, lascia inalterati i criteri di determinazione dello Stato responsabile, anzi, li sostiene con un meccanismo correttivo automatico ed obbligatorio di collocamento dei richiedenti asilo.Il Parlamento europeo avanza una proposta che tenta di abbandonare un sistema automatico di distribuzione dei rifugiati, in favore di una più equa distribuzione dei compiti e delle risorse tra gli Stati membri. Esso si basa sulla cooperazione dei richiedenti, anche se lascia i costi ed i rischi nei Paesi di primo arrivo e di destinazione preferita che registrano le domande di asilo.

L’idea di una semplice riforma del sistema di Dublino senza mutare i suoi criteri fondamentali appare irrealistica. Abbiamo assistito, infatti, alla pressione aggiuntiva a cui sono sottoposti alcuni Paesi del Mediterraneo, con la conseguente saturazione della propria capacità di accoglienza. I richiedenti asilo, d’altra parte, in questo sistema hanno abbandonato un approccio collaborativo preferendo la scelta dell’irregolarità. La realizzazione di uno spazio comune di libera circolazione e di civiltà, che garantisca al tempo stesso i cittadini europei e i diritti fondamentali dei cittadini dei Paesi terzi, ha bisogno di soluzioni realistiche e coraggiose che trovino il consenso degli Stati membri. Lo stesso progetto di integrazione europea è messo a dura prova dalla crisi dei rifugiati, che rimanda ad una crisi più profonda del processo decisionale sovranazionale[75]. Le istituzioni europee non possono non ripartire dal consenso dei cittadini europei sulle politiche di asilo nel garantire la loro sicurezza nello spazio europeo di libertà e giustizia, così come i diritti fondamentali dei cittadini dei Paesi terzi nel loro status di richiedenti asilo.Il problema, come ha bene indicato il Parlamento europeo, è “Il divario tra i diritti fondamentali e la loro attuazione” in quanto “compromette la credibilità dell’Unione europea e dei suoi Stati membri nonché il rispetto e la promozione effettivi dei diritti umani, tanto nel suo territorio quanto a livello mondiale”[76].

 

* Il presente contributo è l'abstract aggiornato della tesi del Corso di Diploma di Perfezionamento Scientifico in organizzazione della cooperazione e dell'integrazione europea conseguito presso l'Istituto di Studi Europei "A. De Gasperi"-Relatore Prof. R. Cadin.

[1] Nel diritto internazionale classico il diritto di asilo non è né un diritto soggettivo della persona né un obbligo dello Stato, ma resta una prerogativa statale da esercitare nel rispetto degli obblighi di non refoulement, previsti, inter alia, dall'art. 33 della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951, nonché dall'art. 3 della Convenzione europea   dei diritti dell’uomo e dall'art. 4 del suo protocollo n. 4. Nell’ordinamento giuridico italiano il diritto d'asilo è tra i diritti soggettivi inviolabili tutelati dalla Carta costituzionale (art. 10, comma 3, Cost).

[2] IOM, Mixed Migration Flows in the Mediterranean and Beyond: Compilation of available data and information (2016 -2018) http://missingmigrants.iom.int/region/mediterranean; UNHCR, http://www.unhcr.org/figures-at-a-glance.html.

[3] IOM, Migration flows to Europe 2017 Overview.

[4] Ibidem.

[5] La proposta della Commissione è stata assegnata alla Commissione libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) del Parlamento europeo, con Cecilia Wikström come relatrice, che ha elaborato un primo progetto di relazione sulla riforma del Parlamento europeo nel febbraio 2017, e, successivamente emendato e votato in Commissione LIBE il 19 ottobre 2017. Quest’ultimo testo è stato confermato a maggioranza dal Parlamento europeo, in seduta plenaria a Strasburgo il 16 novembre 2017.

Parlamento europeo, Commissione LIBE, Progetto di relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide (rifusione) (COM(2016)0270 – C8-0173/2016 – 2016/0133(COD)), Relatore: Cecilia Wikström, 24 febbraio 2017, 2016/0133(COD).

European Parliament, Eu asylum policy: reforming the Dublin rules to create a fairer system, 19/10/2017 http://www.europarl.europa.eu/pdfs/news/expert/background/20171019 BKG86403/20171019BKG86403_en.pdf.

[6] P. Dollat, Libre circulationdespersonnes et citoyennetéeuropéenne: enjeux et perspectives, Bruxelles, 1998, pp. 155-401; ID., La citoyennetéeuropéenne: théorie et statuts, Bruxelles, 2008, pp. 122-156; A. Adinolfi, La libertà di circolazione delle persone e la politica dell’immigrazione, in G. Strozzi, Diritto dell'Unione Europea. Parte speciale, Torino, 2010, pp. 63-158 e G. Tesauro, Diritto dell'Unione europea, 2012 Padova, pp. 444-465.

[7] L. Schuster, Dublino II ed Eurodac: esame delle conseguenze (in)attese, in Mondi Migranti, f. 3, 2009, pp. 37-56.

[8] Convenzione di Dublino 97/C 254/01 15 giugno 1990 sulla determinazione dello stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità Europee.

Nella Convenzione di Dublino la responsabilità per l’esame della domanda di asilo è attribuita secondo una gerarchia di criteri inclusa la protezione dei minori non accompagnati, il ricongiungimento dei membri della famiglia in un particolare Paese, possesso del visto o del premesso di residenza in un particolare Paese, accesso illegale in un particolare Paese, e Paese di prima richiesta.. in aggiunta la clausola umanitaria nel caso di volontaria scelta di presa di responsabilità. La Convenzione di Dublino si basava sull’esistenza di standard compatibili e ed era basata sulla reciproca fiducia nell’applicazione di questi standard, sebbene non ci fosse ancora una codificazione di questi standard nell’acquis communitaire. Non conteneva nessuna norme sul mutuo riconoscimento delle decisioni sul riconoscimento di status.

[9] Il Trattato di Lisbona (2007) ha stabilito che tale Area è di competenza condivisa tra l’Unione egli Stati membri (artt. 67-80 del TFUE), ma allo stesso tempo la comunitarizzazione – con la procedura legislativa ordinaria – è estesa a varie questioni. Gli Stati rimangono competenti sui controlli alle frontiere e sul rilascio dei documenti di ingresso e permanenza, ma, si prevede al tempo stesso una politica comune sui visti e il rilascio dei permessi di soggiorno di breve durata. Si afferma il principio della solidarietà tra gli Stati membri e di uguale trattamento nei confronti dei cittadini dei Paesi terzi e apolidi nello sviluppo di una politica comune in materia di asilo e protezione internazionale, nonché dell’immigrazione, in un sistema progressivo di gestione delle frontiere esterne, con la previsione di misure di partenariato e cooperazione con i Paesi terzi per gestire con efficienza i flussi dei migranti e dei richiedenti asilo, protezione sussidiaria o temporanea e la lotta contro l’immigrazione illegale e la tratta degli esseri umani (artt. 78-80 del TFUE).

[10] Art. 6, par. 2, del Trattato sull’Unione Europea: “L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati”. Il nuovo Trattato sull’Unione europea fa, altresì, esplicito riferimento ai principi generali di diritto là dove afferma che ”i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali” (art. 6, par. 3 del TUE).

[11] G. Morgese, Solidarietà e ripartizione degli oneri in materia di asilo nell’Unione europea, in G. Caggiano, (a cura di), I Percorsi Giuridici per l’integrazione Migranti e titolari di protezione internazionale tra diritto dell’Unione e ordinamento italiano, Torino 2014, p. 365 ss. 

[12] European Parliament, F. Maiani, The Reform of the Dublin III Regulation, EP Policy Department C, PE 571.360 (2016).

[13] J. Lenart, Fortress Europe: Compliance of the Dublin II Regulation with the European Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms, in Merkourios, Utrech Journal of International and European Law, Volume 28/Issue 75, 2012 pp. 04-19.

[14] S. Fratzke, Not Adding Up: The Fading Promise of Europe's Dublin System, in Migration Policy Institute, Report, EU Asylum, towards 2020 project, March 2015.

[15] European Parliament, EP Policy Department C, E. Guild, C. Costello, M. Garlick, V. Moreno-Lax, M. Mouzourakis, New Approaches, Alternative Avenues and Means of Access to Asylum Procedures for Persons Seeking International Protection, PE 509.989 (2014).

[16] European Parliament, EP Policy Department C, Guild E., E. Guild, C. Costello, M. Garlick, V. Moreno-Lax, M. Mouzourakis, New Approaches, Alternative Avenues and Means of Access to Asylum Procedures for Persons Seeking International Protection, PE 509.989 (2014).

[17] Council of Europe, Parliamentary Assembly, Resolution 2072 (2015) After Dublin – the urgent need for a real European asylum system. Origin - Assembly debate on 29 September 2015 (31st Sitting) (see Doc. 13866, report of the Committee on Migration, Refugees and Displaced Persons, rapporteur: Mr Michele Nicoletti; and Doc.13884, opinion of the Committee on Legal Affairs and Human Rights, rapporteur: Mr BorissCilevičs). Text adopted by the Assembly on 29 September 2015 (31st Sitting).

[18] “Family links are subsequently checked but the first request is still submitted on the basis of other criteria further down the hierarchy. As a consequence, reportedly applicants have to at times resort to appeals to ensure that the correct criterion is applied” UNHCR, Left in Limbo: UNHCR Study on the Implementation of the Dublin III Regulation, August 2017.

[19] J. Lenart, ‘Fortress Europe, op. cit., pp. 04-19.

[20] L'art. 52, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea dispone come segue: “[l]addove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa”.

[21] Sentenza della Corte Europea dei diritti Umani, sent. 21 gennaio 2011, M.S.S. v. Belgium and Greece, app. n. 30696/09. V. Commenti di: L. Magi, Protezione dei richiedenti asilo “par ricochet” o protezione par moitié ?: La Grande Camera ripartisce tra gli Stati contraenti le responsabilità per violazione della Convenzione europea conseguenti al trasferimento di un richiedente asilo in attuazione del regolamento “Dublino II”, in Rivista di diritto internazionale, 2011, p. 824 ss.; M. Marchegiani, Regolamento “Dublino II” e Convenzione europea dei diritti umani: il caso “M.S.S.” c. “Belgio” e “Grecia”, in Studi sull’integrazione europea, 2011, p. 357 ss.; P. Mallia, Case of M.S.S. v. Belgium and Greece: A Catalyst in the Re-thinking of the Dublin II Regulation, in Refugee Survey Quarterly, 2011, p. 107 ss.

Sentenza della Corte di Giustizia UE (grande sezione) del 21 dicembre 2011.N. S. e altri, cause riunite C-411/10 e C-493/10, con commenti di G. Morgese, Regolamento Dublino II e applicazione del principio di mutua fiducia tra Stati membri: la pronunzia della Corte di Giustizia nel caso N.S. e altri, in Studi sull'integrazione europea, 2012, p.147-162.; A. Mattera, Droits fondamentaux, principes et valeurs de l'Union européenne, in Revuedudroit de l'Union européenne, 2012, p.121 ss.; L. Grasso, Rispetto dei diritti fondamentali di richiedenti asilo ed operatività della sovereigntyclause del regolamento Dublino II, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2012, p.733 ss.; G. Mellon, The Charter of Fundamental Rights and the Dublin Convention: An Analysis of N.S. v. Secretary of State for the Home Department (C-411/10), in European Public Law, 2012, p.655 ss.

D. Russo, L’Italia viola i diritti fondamentali dei migranti: nuove conferme da Strasburgo circa le lacune del “sistema di Dublino”, Osservatorio delle fonti.it, fasc 1/2015.

[22] Sentenza della Corte di Giustizia UE (grande sezione) del 21 dicembre 2011. N. S., C-411/10, (75): Il sistema europeo comune di asilo è fondato sull’applicazione in ogni sua componente della Convenzione di Ginevra e sulla garanzia che nessuno sarà rispedito in luogo in cui rischia di essere nuovamente perseguitato. Il rispetto della Convenzione di Ginevra e del Protocollo del 1967 è previsto all’art. 18 della Carta e all’art. 78 TFUE (v. sentenze 2 marzo 2010, cause riunite C‑175/08, causa C‑176/08, causa C‑178/08 e C‑179/08, Salahadin Abdulla e a., Racc. pag. I‑1493, punto 53, nonché 17 giugno 2010, causa C‑31/09, Bolbol, Racc. pag. I‑5539, punto 38).

[23] La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (o Carta di Nizza) proclamata nel corso del Consiglio Europeo di Nizza del 20 dicembre 2000 (e riformata a Strasburgo nel 2007), sancisce il carattere fondamentale e la portata dei diritti umani per i cittadini dell'Unione.

[24] L’art. 4 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea recita: “Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti.”

[25] Sentenza della Corte di Giustizia UE (grande sezione) del 21 dicembre 2011. N. S., C-411/10, ( 86): “Nell’ipotesi in cui si abbia motivo di temere seriamente che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo nello Stato membro competente, che implichino un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’art.4 della Carta, dei richiedenti asilo trasferiti nel territorio di questo Stato membro, tale trasferimento sarebbe incompatibile con detta disposizione.

La Commissione europea, nella sua proposta di rifusione del Regolamento Dublino II, ha opportunamente suggerito un meccanismo a livello europeo di sospensione dei trasferimenti verso uno Stato membro, qualora questo si trovi in una situazione di particolare pressione sul suo sistema di asilo, ovvero qualora il livello di tutela nel Paese in questione non sia conforme alla legislazione UE (con riferimento soprattutto agli standard delle Direttive. Accoglienza e Procedure).

[26] Ibidem.

[27] La sussistenza di una carenza sistemica come condizione di deroga all’applicazione dei “criteri di Dublino” è stata confermata in una serie di pronunce della Corte di Lussemburgo. Nella sentenza Halaf (C-528/11), del 30 maggio 2013, e, nella sentenza Puid (C-4/11), del 14 novembre 2013, la Corte di Giustizia UE stabilisce che l’utilizzo della clausola di sovranità (prevista anche nel Regolamento Dublino III all’art. 17 par. 1) è una facoltà non un obbligo. Si tratta di una decisione completamente lasciata alla discrezione degli Stati, che non è soggetta ad alcuna condizione, né dipende dall’atteggiamento dello Stato che sarebbe competente in base ai criteri del regolamento. La pronuncia della Corte di Giustizia UE nella causa Abdullahi (C-394/12), del 10 dicembre 2013, è anch’essa di rilievo nell’evoluzione della giurisprudenza delle Corti europee.

[28] Cfr. sul tema: G. Caggiano, L’insostenibile onere della gestione delle frontiere esterne e della competenza di “paese di primo ingresso” per gli Stati frontalieri nel Mediterraneo, in Gli Stranieri, 2011, p. 45 ss.; Il Nuovo Regolamento “Dublino III” e la tutela dei diritti Fondamentali dei richiedenti asilo di Ornella Feraci, Osservatoriosullefonti.it, fasc. 2/2013.

[29] Sentenza della Corte di Giustizia UE (Quinta Sezione) 16 febbraio 2017, C.K.,H.F.,A.S. contro Republika Slovenija,causa C‑578/16 PPU.

[30] Corte di Giustizia UE, parere del 18 dicembre 2014 emesso nel procedimento n. 2/13, in Raccolta digitale (Raccolta generale), dicembre 2014.

D’altra parte alcune interpretazioni in dottrina hanno rilevato che la stessa sentenza N.S. lasciava impregiudicate altre interpretazioni, come preannunciato dalla sentenza del 7 giugno del 2016 George Karim c. Migrationsverket  C-155/15.

[31] Sentenza della Corte di giustizia UE (Quinta Sezione) del 16 febbraio 2017, C.K.,H.F.,A.S. contro Republika Slovenija, causa C‑578/16 PPU.

[32] Conclusioni Dell'avvocato Generale, Dámaso Ruiz-Jarabo Colomer, presentate il 19 settembre 2002, cause riunite C-187/01 e C-385/01, Gözütok e Brügge, paragrafo 124.

In argomento v. E. Franco, La confiance mutuelle appliquée aux mécanismes de détermination de l’Etat membre responsable de l’analyse d’une demande d’asile, tesi di master, Université catholique de Louvain, a.a. 2015-2016: «Risulta dall’esame dei testi che istituiscono il sistema europeo comune di asilo che quest’ultimo è stato concepito in un contesto che permette di supporre che l’insieme degli Stati partecipanti, siano essi Stati membri o paesi terzi, rispetti i diritti fondamentali, compresi i diritti che trovano fondamento nella Convenzione di Ginevra e nel Protocollo del 1967, nonché nella CEDU, e che gli Stati membri possono fidarsi reciprocamente a tale riguardo» (N.S. e altri, cit., paragrafo 78).

[33] Corte di Giustizia UE del 25 maggio 2016, causa C‑559/14, Rudolfs Meroni contro Recoletos Limited. Si vedano anche, tra le altre, le pronunce della Corte di Giustizia del 30 maggio 2013, causa C-168/13 PPU, Jeremy F., in Raccolta digitale (Raccolta generale), maggio 2013, paragrafo 50; del 29 gennaio 2013, causa C-396/11, Radu, in Raccolta digitale (Raccolta generale), gennaio 2013, paragrafo 34; del 28 giugno 2012, causa C-192/12 PPU, Melvin West, in Raccolta digitale (Raccolta generale), giugno 2012, paragrafo 62; del 14 novembre 2013, causa C-60/12, Marián Baláž, in Raccolta digitale (Raccolta generale), novembre 2013, paragrafo 30; Melloni, cit., paragrafo 37; del 21 giugno 2012, causa C-514/10, Wolf Natur produkte GmbH, in Raccolta digitale (Raccolta generale), giugno 2012, paragrafo 25; del 22 dicembre 2010, causa C-491/10 PPU, Joseba Andoni Aguirre Zarraga, in Raccolta, 2010, p. I-14247, paragrafo 70; N.S. e altri, cit., paragrafo 83; del 15 luglio 2010, causa C-256/09, Bianca Purrucker, in Raccolta, 2010, p. I-7353, paragrafo 72. Corte di Giustizia Jeremy F., 30 maggio 2013 causa C‑168/13 PPU, paragrafo 50. Nello stesso senso Corte di Giustizia Joseba Andoni Aguirre Zarraga, 22 dicembre 2010 procedimento C‑491/10 PPU, paragrafo 70.

[34] C. Favilli, Reciproca fiducia, mutuo riconoscimento e libertà di circolazione di rifugiati e richiedenti protezione internazionale nell’Unione Europea, Rivista di diritto internazionale, pp. 701-747, 2015.

[35] Commissione europea, Comunicato stampa – Verso un sistema europeo comune di asilo equo e sostenibile, Bruxelles, 4 maggio 2016.

Commissione europea, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide (rifusione), Bruxelles 4 maggio 2016, COM(2016) 270 final, reperibile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52016PC0270(01)&from=IT.

[36] European Commission, Communication from the Commission to The European Parliament and the Council Towards A Reform Of The Common European Asylum System and enhancing legal avenues To Europe, Brussels, 6.4.2016 Com(2016) 197 Final.

[37] ECRE, Comments on the Commission Proposal for a Dublin IV Regulation  COM(2016) 270, October 2016.

“The responsibility criteria and allocation procedure may only be applied in respect of asylum seekers whose claims are not inadmissible on “first country of asylum” or “safe third country” grounds, or channelled into an accelerated procedure on the basis of the “safe country of origin” ground or a danger to public order or public security”.

[38] Commissione europea, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide (rifusione), Bruxelles 4 maggio 2016, COM(2016) 270 final. Relazione “Prima dell’avvio del processo di determinazione dello Stato membro competente, il regolamento introduce l’obbligo, a carico dello Stato membro in cui è presentata la domanda, di verificare se la domanda sia inammissibile in ragione del fatto che il richiedente proviene da un primo paese di asilo o da un paese terzo sicuro, nel qual caso il richiedente sarà rinviato nel primo paese di asilo o nel paese terzo sicuro e lo Stato membro che ha provveduto alla verifica dell’inammissibilità sarà considerato competente per la domanda. Lo Stato membro in cui è presentata la domanda deve inoltre verificare se il richiedente provenga da un paese di origine sicuro o se corra rischi relativi alla sicurezza, nel qual caso tale Stato membro sarà competente e dovrà esaminare la domanda con procedura accelerata”.

[39] ECRE, Comments, cit.

Corte di Giustizia UE, Case C-63/15 Ghezelbash and Case C-155/15 Karim, Judgments of 7 June 2016.

[40] La Corte di giustizia UE ha ritenuto che l’art. 27, par. 1, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che “un richiedente asilo può invocare, nell’ambito di un ricorso proposto avverso una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’errata applicazione di un criterio di competenza” (7 giugno 2016, C-63/15, Ghezelbash)

[41] Parlamento europeo, Commissione LIBE, Progetto di relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide (rifusione) (COM(2016)0270 – C8-0173/2016 – 2016/0133(COD)), Relatore: Cecilia Wikström, 24 febbraio 2017, 2016/0133(COD).

[42] European Parliament, Eu asylum policy: reforming the Dublin rules to create a fairer system, 19/10/2017 http://www.europarl.europa.eu/pdfs/news/expert/background/20171019 

BKG86403/20171019BKG86403_en.pdf.

[43] European Parliament, EP Policy Department C, E. Guild, C. Costello, M. Garlick, V. Moreno-Lax, M. Mouzourakis, New Approaches, Alternative Avenues and Means of Access to Asylum Procedures for Persons Seeking International Protection, PE 509.989 (2014).

[44] Parlamento europeo, Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, Relatore: Cecilia Wikström, 6 novembre 2017 (Rifusione – articolo 104 del regolamento), Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide (rifusione), (COM(2016)0270 – C8-0173/2016 – 2016/0133(COD), reperibile all’indirizzo http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=//EP//TEXT+REPORT+A8-2017-0345+0+DOC+XML+V0//IT.

[45] Ibidem.

[46] Ibidem, Emendamento all’art. 3, par. 2 comma 1 del regolamento: «quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri stabiliti al capo III e al capo IV, lo Stato membro competente per l'esame della domanda di protezione internazionale è definito in base al meccanismo correttivo di assegnazione di cui al capo VII».

[47] Ibidem, Motivazione della Relazione cit.

[48] Parlamento europeo, Progetto di Relazione Cecilia Wikström, 24 febbraio 2017, 2016/0133(COD), cit.

[49] Parlamento europeo, Progetto di Relazione Cecilia Wikström 24 febbraio 2017, cit., emendamento 24 Proposta di regolamento Articolo 3 – paragrafo 2 – comma 2: Motivazione: “La definizione di carenze sistematiche ha portato a decisioni divergenti da parte di diversi tribunali nazionali, malgrado gli orientamenti forniti della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Tarakhel c. Svizzera. Le modifiche proposte in questo emendamento sono finalizzate ad assicurare la chiarezza giuridica e l'applicazione uniforme del principio secondo il quale le persone non dovrebbero essere trasferite se sono esposte a un rischio effettivo di gravi maltrattamenti ai sensi dell'articolo 3 della CEDU (articolo 4 della Carta). La modifica è in linea con le modifiche proposte all'articolo 28, paragrafo 4, sui mezzi di impugnazione”.

Anche l’emendamento 6 è finalizzato a rendere più chiara la procedura del colloquio e dell’ascolto del richiedente, il cui scopo dovrebbe essere quello di rintracciare nel più breve tempo possibile la presenza di parenti e familiari nell’Unione – al fine di incentivare l’uso della clausola discrezionale per consentire al richiedente “di chiedere l’applicazione della clausola discrezionale”.

[50] Ibidem, emendamento n. 50

[51] Parlamento europeo, Progetto di Relazione Cecilia Wikström 24 febbraio 2017, cit.: “Your rapporteur agrees on the need to remove the incentives for secondary movements but proposes to tackle the underlying reasons that applicants move. The commission has clarified in recital 22 that the withholding of reception conditions must be in conformity with the requirements of the charter of fundamental rights, which in practice implies that hardly any reception conditions currently offered could legally be with held. Several Member States as well as NGOs have also pointed out that imposing far reaching limits to the access to basic needs would be unconstitutional in a number of Member States. Your rapporteur is of the view that applicants that abscond from the Member State that is responsible for their application should be promptly returned to the responsible Member State. The process to return the applicants should however be dignified and respect the fundamental rights of applicants”.

[52] Progetto di Relazione Cecilia Wikström, 24 febbraio 2017, cit.: “Al fine di garantire l'efficacia del ricorso, è fondamentale che la persona disponga di un termine sufficiente per avvalersi del diritto di ricorso. Un termine di sette giorni è veramente troppo breve. È opportuno garantire che il richiedente disponga di almeno 15 giorni per esercitare il diritto di ricorso per assicurare che il sistema offra le opportune salvaguardie, ma gli Stati membri dovrebbero essere liberi di fissare un termine più lungo se lo desiderano”.

Parlamento europeo, Relazione sulla proposta di regolamento, 6 novembre 2017, cit.. Emendamento 156 Proposta di regolamento Articolo 28 – paragrafo 2:  “Gli Stati membri stabiliscono un termine ragionevole di almeno quindici giorni a decorrere dalla notifica di una decisione di trasferimento entro il quale l'interessato può esercitare il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo”.

[53] Parlamento europeo, Relazione sulla proposta di regolamento, 6 novembre 2017, cit. Emendamento 47: Gli Stati membri, attraverso misure proattive, garantiscono che ai cittadini di paesi terzi o apolidi nel loro territorio, comprese le frontiere esterne, le acque territoriali e le zone di transito o i valichi di frontiera, di cui si può ragionevolmente presumere l'intenzione di chiedere protezione internazionale in uno Stato membro, venga data la possibilità effettiva di essere registrati in conformità con le disposizioni del regolamento (UE) XXXX/XX [regolamento sulle procedure di asilo]. Una persona che è entrata nel territorio di uno Stato membro in modo irregolare viene registrata nel sistema Eurodac a norma dell'articolo [14] del regolamento (UE) XXXX/XX [regolamento Eurodac]”.

[54] Ibidem, Emendamento 202, Capo VII bis  Solidarietà reciproca  Articolo 43 bis  Sospensione del meccanismo correttivo di assegnazione.

[55] Parlamento europeo, Relazione sulla proposta di regolamento, Cecilia Wikström 6 novembre 2017, cit.

Proposta di regolamento Articolo 24 bis (nuovo) Emendamento n. 150: «Lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione è competente per l’esecuzione di una procedura speciale di ricongiungimento familiare intesa a garantire un rapido ricongiungimento familiare e l’accesso alle procedure di asilo per i richiedenti qualora vi siano, prima facie, sufficienti indicazioni della probabilità che essi abbiano diritto al ricongiungimento familiare a norma degli articoli 10, 11, 12 o 13...»

[56] ECRE, Comments, cit.

[57] T. M. Moschetta, I criteri di attribuzione delle competenze a esaminare le domande d’asilo nei recenti sviluppi dell’iter di riforma del regime di Dublino, in federalismi.it, 2018. Rizza, La riforma del sistema di Dublino, Diritto, Immigrazione e Cittadinanza fasc. n. 1/2018.

[58] Commissione europea, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide (rifusione), Bruxelles 4 maggio 2016, COM(2016) 270 final.

[59] Ibidem, CAPO VII Meccanismo correttivo di assegnazione articoli 34 e 35 della proposta di riforma.

La Commissione al paragrafo 2 dell’art. 34 stabilisce che il meccanismo si applicherebbe: «quando il sistema automatizzato di cui all’articolo 44, paragrafo 1, indica che il numero di domande di protezione internazionale per le quali uno Stato membro è competente secondo i criteri di cui al capo III, articolo 3, paragrafo 2 o 3, e articoli 18 e 19, aggiunto al numero di persone effettivamente reinsediate, supera il 150% del numero di riferimento per tale Stato membro, determinato dalla chiave di cui all’articolo 35».

Art. 35. La quota di riferimento o capacità massima di uno Stato in conformità a una chiave di riferimento è basata su criteri relativi a ciascuno Stato membro e secondo dati forniti da Eurostat: popolazione complessiva (50%) e PIL totale (50%).

[60] Risoluzione del Parlamento del 6 novembre 2017 cit. Emendamento 167, Proposta di regolamento art. 34 – paragrafo 2.

[61] Ibidem, emendamento nn. da 171 a 174: «1 bis. Quando lo Stato membro competente non può essere determinato in base ai criteri di cui ai capi III e IV, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione comunica al richiedente che la sua domanda di protezione internazionale sarà esaminata da uno Stato membro di assegnazione. 1 ter. Sulla base della chiave di riferimento di cui all’articolo 35, un elenco ristretto di quattro Stati membri che presentano il minor numero di richiedenti rispetto alla loro quota conformemente a detta chiave di riferimento è elaborato attraverso il sistema automatizzato di cui all’articolo 44, paragrafo 1. 1 quater. Lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione comunica al richiedente l’elenco ristretto di cui al paragrafo 1 ter nonché informazioni relative agli Stati membri figuranti in tale elenco…».

[62] Motivazione, Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione). Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, Relatore: Cecilia Wikström, 6 novembre 2017.

[63] Ibidem, Motivazione della relazione.

[64] Ibidem.

[65] Risoluzione del Parlamento del 6 novembre 2017, cit., Emendamento 173 che introduce l’art. 36, par. 1 quater alla proposta di riforma della Commissione: “chiave di riferimento di cui all'articolo 35”.

[66] Ibidem, motivazione della relazione, ove si legge: «i richiedenti potranno inoltre registrarsi come gruppi di 30 persone al massimo. La registrazione in gruppo non darà diritto ai richiedenti di chiedere protezione in un paese specifico, come per esempio nel caso dei legami familiari, ma consentirà ai richiedenti che abbiano formato legami stretti prima di lasciare il Paese d’origine o durante il viaggio di restare insieme e di essere trasferiti nello stesso Stato membro. Anche in questo modo si dovrebbero ridurre i rischi di movimenti secondari. La possibilità di scegliere tra i quattro Stati membri con il numero più basso di richiedenti in rapporto alla quota equa e quella di essere ricollocato in gruppo si applicano soltanto qualora il richiedente si registri nello Stato membro di primo ingresso».

[67] Risoluzione del Parlamento alla proposta di riforma della Commissione del 6 novembre 2017 cit., Emendamento 199 della. che introduce l’art. 41, par. 2.

[68] Art. 37 della proposta di riforma Commissione europea, 4 maggio cit., ai sensi del quale uno Stato membro può entro tre mesi dall’entrata in vigore del regolamento e alla fine di un periodo di ventidue mesi comunicare al sistema automatizzato rimanere fuori dal meccanismo e pagare una somma di 250,000 euro per ciascun richiedente che avrebbe altrimenti accolto sul suo territorio a titolo di solidarietà finanziaria.

[69] Risoluzione del Parlamento del 6 novembre 2017, cit., motivazione della relazione: «il Parlamento europeo presuppone che tutti gli Stati membri rispettino il processo decisionale democratico anche nei casi in cui non siano favorevoli al suo esito. Per garantire che gli Stati membri siano incentivati a rispettare le regole, sono state introdotte misure coercitive rivolte agli Stati membri che non le rispettino. Qualora gli Stati membri in prima linea si rifiutino di registrare i richiedenti, la ricollocazione dei richiedenti dal loro territorio sarà interrotta. Agli Stati membri che non accettino la ricollocazione dei richiedenti nel loro territorio saranno imposti limiti all’accesso ai fondi dell’UE e verrà impedito l’uso di fondi UE per il rimpatrio dei richiedenti le cui domande di asilo siano state rifiutate».

[70] Consiglio europeo, Riunione del Consiglio europeo Conclusioni, Bruxelles, 28 giugno 2018.

[71] Camera dei Deputati, Atti parlamentari XVIII Legislatura, seduta del 27 giugno 2018, Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in vista del Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno 2018. Atti parlamentari XVIII Legislatura.

[72] Il documento dell'Italia all'Ue sull'immigrazione condiviso da Cipro, Grecia, Malta e Spagna. Ministero dell’Interno Gabinetto del Ministro Ufficio Affari Internazionali. https://www.interno.gov.it/it/notizie/documento-dellitalia-allue-sullimmigrazione-condiviso-cipro-grecia-

[73] Ibidem: “Tale criterio è stato applicato in maniera sproporzionata nell’ambito della gerarchia dei criteri Dublino, sistema che è stato concepito in un diverso contesto di migrazione e asilo. Negli anni la sua applicazione non è riuscita ad assicurare una equa condivisione degli oneri tra gli Stati membri, concentrandoli soltanto in capo ad alcuni di essi. Questa è la ragione per cui, dal nostro punto di vista, esso dovrebbe essere sostituito da quello dell’equa condivisione delle responsabilità – e, quindi, degli oneri – tra gli Stati membri”. Malta-e-Spagna.

[74] M. Di Filippo, From Dublin to Athens: A Plea for a Radical Rethinking of the Allocation of Jurisdiction in Asylum Procedures, Policy Brief – International Institute of Humanitarian Law, January 2016. 

[75] D. Thym, La crisi dei rifugiati come sfida per il sistema giuridico e la legittimità istituzionale, Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, Fascicolo n. 1/2017.

[76] Considerando H della Risoluzione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2012 sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea, 2010 – 2011, doc. 2011/2069(INI).