A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

SENTENZA DELLA CORTE UE (CAUSA C-644/18): I GIUDICI DI LUSSEMBURGO CONDANNANO L’ITALIA PER AVER VIOLATO LA DIRETTIVA UE 2008/50 SULLA QUALITÀ DELL’ARIA 

Autore: Dott.ssa Antonella Galletti

 

Abstract: La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha condannato l’Italia per aver superato, dal 2008 fino al 2017, i valori massimi ammessi per le concentrazioni di PM10 nell’atmosfera. Nel 2014 la Commissione europea aveva dato il via al processo per inadempimento verso l’Italia, chiedendo, nel 2018, l’intervento dei giudici di Lussemburgo perché il nostro Paese non si era adoperato a sufficienza per arginare il problema del particolato atmosferico.

 

Nel 2014 la Commissione europea aveva avviato un procedimento per inadempimento nei confronti dell’Italia in ragione del superamento sistematico e continuato, in un certo numero di zone del territorio italiano[1], dei valori limite fissati per le particelle PM10 dalla direttiva 2008/50/CE “qualità dell’aria”[2].

Secondo la Commissione, da una parte, dal 2008, l’Italia aveva superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1[3], in combinato disposto con e l’allegato XI[4] della direttiva 2008/50. Dall’altra parte, l’Esecutivo europeo muoveva censure all’Italia per non aver adempiuto l’obbligo ad essa incombente, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1[5], in combinato disposto con l’allegato XV[6] della direttiva de quo, di adottare misure appropriate al fine di garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate.

Ritenendo insufficienti i chiarimenti forniti in proposito dall’Italia nel corso della fase precontenziosa del procedimento, la Commissione europea, il 13 ottobre 2018, ha proposto dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento. 

Nella sentenza pronunciata il 10 novembre 2020[7], la Corte, riunita in Grande Sezione su domanda dell’Italia, ha accolto il ricorso.

Per quanto riguarda la censura attinente alla violazione sistematica e continuata delle disposizioni di cui al combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1edell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE, la Corte UE giudica detta censura fondata, alla luce degli elementi dedotti dalla Commissione per i periodi e le zone oggetto del procedimento. A tal riguardo, i giudici europei ricordano, anzitutto, che il fatto di superare i valori limite fissati per le particelle PM10 è sufficiente, di per sé, per poter accertare un inadempimento alle summenzionate disposizioni della direttiva in questione.

In particolare, la Corte dichiara che, dal 2008 al 2017 incluso, i valori limite giornaliero e annuale fissati per le particelle PM10 sono stati regolarmente superati nelle zone interessate. Secondo la Corte UE, il fatto che i valori limite in questione non siano stati superati nel corso di taluni anni durante il periodo considerato non osta all’accertamento, in una situazione siffatta, di un inadempimento sistematico e continuato alle disposizioni in parola. Infatti, secondo la definizione stessa del “valore limite”[8] di cui alla direttiva “qualità dell’aria”, detto valore, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e/o sull’ambiente nel suo insieme, deve essere conseguito entro un dato termine e non essere superato una volta raggiunto.

Inoltre, dal momento in cui tale violazione è stata accertata, i giudici di Lussemburgo evidenziano che è irrilevante che l’inadempimento risulti dalla volontà dello Stato membro al quale è addebitabile dalla sua negligenza, oppure da difficoltà tecniche o strutturali cui quest’ultimo avrebbe dovuto far fronte, salvo stabilire l’esistenza di circostanze eccezionali le cui conseguenze non si sarebbero potute evitare nonostante l’uso della massima diligenza. Nella specie, dunque, non essendo riuscita a fornire tale prova, l’Italia si è fondata inutilmente sulla diversità delle fonti d’inquinamento dell’aria per sostenere che alcune di esse non potrebbero esserle addebitate[9].

Infine, la Corte non attribuisce alcun valore alla circostanza, invocata dall’Italia, dell’estensione limitata, rispetto all’insieme del territorio nazionale, delle zone sulle quali vertono le censure invocate dalla Commissione. Essa specifica, al riguardo, che il superamento dei valori limite fissati per le particelle PM10, anche nell’ambito di una sola zona, è di per sé sufficiente perché si possa dichiarare un inadempimento alle già citate disposizioni della direttiva 2008/50/CE.

Per quanto riguarda la censura relativa alla mancata adozione di misure adeguate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10, conformemente ai requisiti di cui all’articolo 23, paragrafo 1, da solo e in combinato disposto con la parte A dell’allegato XV della richiamata direttiva, i giudici europei la giudicano parimenti fondata. A tal proposito, la Corte UE ricorda che, ai sensi di tali disposizioni, in caso di superamento di detti valori limite dopo il termine previsto per la loro applicazione, lo Stato membro interessato è obbligato a redigere un piano relativo alla qualità dell’aria che risponda ai requisiti di detta direttiva e che contempli misure adeguate affinché il periodo di superamento di tali valori limite sia il più breve possibile. La Corte di Lussemburgo infatti evidenzia che, se è vero che un tale superamento non è sufficiente, di per sé, per dichiarare l’inadempimento agli obblighi incombenti agli Stati membri ai sensi di dette disposizioni della direttiva 2008/50/CE e che essi dispongono di un certo margine di discrezionalità per la determinazione delle misure da adottare, quest’ultime devono, in ogni caso, permettere che il periodo di superamento sia il più breve possibile.

Nella specie i giudici europei affermano che l’Italia non ha manifestamente adottato, in tempo utile, le misure in tal senso imposte[10].

Nondimeno, mentre l’Italia riteneva indispensabile, alla luce dei principi di proporzionalità, di sussidiarietà e di equilibrio tra gli interessi pubblici e gli interessi privati, disporre di termini lunghi affinché le misure previste nei diversi piani relativi alla qualità dell’aria potessero produrre i loro effetti, la Corte UE, al contrario, osserva che un siffatto approccio si pone in contrasto sia con i riferimenti temporali posti dalla direttiva in questione per adempiere gli obblighi che essa prevede, sia con l’importanza degli obiettivi di protezione della salute umana e dell’ambiente, perseguiti dalla direttiva medesima.

Infine, la Corte sottolinea che, pur riconoscendo che l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva “qualità dell’aria” non può imporre che le misure adottate da uno Stato membro garantiscano il rispetto immediato di tali valori limite per poter essere considerate adeguate, l’approccio dell’Italia si risolverebbe nell’ammettere una proroga generale, eventualmente sine die, del termine per rispettare tali valori, allorché essi sono stati fissati proprio nell’ottica di conseguire tali obiettivi.

 

Dott.ssa Antonella Galletti, Dottore di ricerca e Cultore di Diritto dell’Unione europea e di Diritto internazionale presso l’Università “Kore” di Enna.

 

[1] In particolare: Pianura Padana, gli agglomerati urbani di Milano, Roma, Torino, Padova e Verona.

[2] Direttiva 2008/50/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa. La Direttiva è entrata in vigore l'11/06/2008 e fa parte di un programma più esteso promosso dalla Commissione europea e volto a contrastare l'inquinamento atmosferico in Europa.

[3] Art. 13, par. 1, Dir. 2008/50/Ce: “Valori limite e soglie di allarme ai fini della protezione. della salute umana. 1. Gli Stati membri provvedono affinché i livelli di biossido di zolfo, PM10, piombo e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato XI. Per quanto riguarda il biossido di azoto e il benzene, i valori limite fissati nell’allegato XI non possono essere superati a decorrere dalle date indicate nel medesimo allegato. Il rispetto di tali requisiti è valutato a norma dell’allegato III.I margini di tolleranza fissati nell’allegato XI si applicano a norma dell’articolo 22, paragrafo 3 e dell’articolo 23, paragrafo 1”.

[4] Allegato XI della Dir. 2008/50: “Valori limite per la protezione della salute umana”.

[5] Art. 23,par. 1, Dir. 2008/50/Ce: “Piani per la qualità dell’aria1. Se in determinate zone o agglomerati i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo qualsiasi, più qualunque margine di tolleranza eventualmente applicabile, gli Stati membri provvedono a predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati in questione al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo specificato negli allegati XI e XIV. In caso di superamento di tali valori limite dopo il termine previsto per il loro raggiungimento, i piani per la qualità dell’aria stabiliscono misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile. I piani per la qualità dell’aria possono inoltre includere misure specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini.

Tali piani per la qualità dell’aria contengono almeno le informazioni di cui all’allegato XV, punto A, e possono includere misure a norma dell’articolo 24. Detti piani sono comunicati alla Commissione senza indugio e al più tardi entro due anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento. Qualora occorra predisporre o attuare piani per la qualità dell’aria relativi a diversi inquinanti, gli Stati membri, se del caso, predispongono e attuano piani integrati per la qualità dell’aria riguardanti tutti gli inquinanti interessati”.

[6] Allegato XV della Dir. 2008/50: “Informazioni da includere nei piani per la qualità dell’aria locali, regionali o nazionali di miglioramento della qualità dell’aria ambiente”.

[7] Corte di Giustizia UE, sentenza del 10 novembre 2020, causa C-644/18,Commissione v. Italia.

[8] Art. 2, par. 5, Dir. 2008/50/C: “«valore limite»: livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, che deve essere raggiunto entro un termine prestabilito e in seguito non deve essere superato”.

[9] Come, ad esempio, quelle che sarebbero influenzate dalle politiche europee di settore, o sulle particolarità topografiche e climatiche di talune zone interessate.

[10] A sostegno della sua affermazione, la Corte UE richiama gli elementi che risultano dal fascicolo da cui risulta: che il superamento dei valori limite giornaliero e annuale fissati per le PM10 è rimasto sistematico e continuato per almeno otto anni nelle zone interessate; che, nonostante il processo inteso a conseguire tali valori limite in corso in Italia, le misure previste dai piani per la qualità dell’aria sottoposti alla Corte per una grande maggioranza di esse sono state previste solo in tempi estremamente recenti; e che molti di questi piani dichiarano una durata di realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria che può essere di diversi anni, se non addirittura di due decenni dopo l’entrata in vigore di detti valori limite. Secondo la Corte, una siffatta situazione dimostra, di per sé, che l’Italia non ha dato esecuzione a misure appropriate ed efficaci affinché il periodo di superamento dei valori limite fissati per le particelle PM10 sia il più breve possibile.